RETE DEI NUMERI PARI sull’ ultimo rapporto Istat

Il rapporto Istat 2017 appena presentato dal presidente Alleva, denuncia per il nono anno consecutivo un peggioramento delle condizioni sociali, economiche e culturali del nostro paese. Le disuguaglianze sono il principale problema ed il costante aumento la peggior minaccia alla democrazia, e la conferma che milioni di persone vedono oggi i loro diritti umani e sociali violati a causa di scelte politiche che continuano ad accettare le ricette dell’austerità e di un modello economico fallimentare che privilegia gli interessi di una piccolissima minoranza che continua invece ad arricchirsi a scapito della stragrande maggioranza dei cittadini. Il rapporto mette in evidenza senza dubbi la progressiva frammentazione del tessuto sociale prodotta dalla crisi e dalle politiche economiche di austerità. La conseguenza dei pesanti tagli imposti al welfare è quella di aver fatto crescere ulteriormente disuguaglianze e povertà, rendendo più fragile e insicura la nostra società. L’ascensore sociale è bloccato da anni e la precarizzazione delle forme del lavoro introdotta da misure come il job act ha ulteriormente indebolito ceti medi e ceti popolari, privati di garanzie e diritti sociali che fino a qualche anno fa erano fondamento della nostra democrazia. Quattro famiglie su dieci sono a rischio povertà, mentre quasi cinque milioni di cittadini sono già vittime di povertà assoluta, ma nonostante questo non sono state ancora messe in campo misure adeguate, atte a rispettare l’obbligo della Repubblica a “rimuovere gli ostacoli” per garantire la dignità umana come previsto dai principali articoli della nostra Costituzione. Avremmo bisogno di circa 15 miliardi per il sostegno al reddito e di 3 miliardi per i fondi per le politiche sociali, solo per garantire la dignità così come previsto dalla Carta di Nizza all’art34 e nella nostra Costituzione. Invece il governo ha stanziato solo 1,2 miliardi per l’introduzione di una misura che non solo è insufficiente ma non arriva a coprire nemmeno un quarto degli aventi diritto. La voce dei diritti non è mai stata così debole. La politica si ostina a non ascoltare le proposte che le reti sociali e l’associazionismo continuano a fare. Insieme a centinaia di altre realtà del paese ed a decine di migliaia di attivisti, noi continuiamo a proporre misure concrete in grado di uscire da subito dalla crisi: introdurre il Reddito di Dignità, come misura di sostegno al reddito per quanti ne sono privi e non hanno altre entrate come già avviene in tutti gli altri paesi europei con la sola esclusione della Grecia; modificare l’articolo 81 della Costituzione che ha introdotto il pareggio di bilancio attraverso il quale l’austerità taglia risorse per svariati miliardi ai Comuni, impedendogli di garantire le politiche sociali; ricapitalizzare il Fondo Nazionale per le Politiche sociali che in pochi anni è stato tagliato di un miliardo. Queste proposte possono da subito rispondere ai bisogni di 5 milioni di persone e non solo, liberare energie e risorse positive, contrastare il ricatto imposto dalle mafie verso quanti sono lasciati senza risposte e si trovano in condizione di bisogno, rilanciare la domanda aggregata e la crescita dei consumi basici, contrastare efficacemente populismo e xenofobia che soffiano forti quando aumentano povertà e disuguaglianze e mancano le giuste risposte della politica. Rappresenterebbero il più grande investimento sulla sicurezza complessiva di tutta la cittadinanza. Le risorse ci sono, ma sono state impiegate male, per misure come gli 80 euro, costate 9 miliardi, che non hanno raggiunto ne chi ne ha bisogno, ne hanno contribuito al rilancio della domanda aggregata. Come sostiene il rapporto Istat e le valutazione della quasi totalità degli esperti, c’è bisogno di interventi pubblici strutturali sia sui meccanismi redistributivi, sia per rimuovere gli impedimenti che generano le disuguaglianze. Se non saranno accolte le proposte che movimenti, associazioni, economisti, docenti ed esperti unanimemente sostengono ormai da anni, il paese continuerà a essere stritolato da una stagnazione secolare e da un continuo aumento delle disuguaglianze e della povertà. una morsa che rischia di stritolare le nostre vite, i diritti e la democrazia. Per questo dobbiamo alzare la voce, non arrenderci, rilanciare la costruzione di risposte a partire dai territori e dalle esperienze di mutualismo delle realtà sociali, continuare allo stesso tempo a lavorare per costruire un movimento popolare, plurale ed amplio che sia capace di rimettere al centro dell’agenda politica nazionale ed europea l’impegno contro le disuguaglianze e le politiche di austerità e per la giustizia sociale ed ambientale.

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