Venerdì 14 dicembre ore 14 presentazione del 16° rapporto sui diritti globali “Un mondo alla rovescia”

La presentazione del volume si terrà venerdì 14 dicembre alle ore 14:00 presso la CGIL nazionale, Sala Santi, Corso d’Italia 25, Roma

Comunicato stampa

In tempo di Global Compact, con 258 milioni di migranti nel mondo (di cui 150 milioni per motivi di lavoro, 36 milioni bambini, 25 milioni rifugiati), meno arrivi sulle coste italiane ma più morti in mare, un’attenta analisi sul fenomeno, alla luce del populismo imperante, arriva dalla nuova edizione del Rapporto sui Diritti globali dal titolo Un mondo alla rovescia, realizzato dall’associazione Società INformazione, promosso dalla CGIL e pubblicato da Ediesse, con l’adesione di numerose altre organizzazioni.

 

Il Rapporto, che prende in esame i processi connessi con la globalizzazione e le sue ricadute sotto il profilo sociale, economico, geopolitico e ambientale, giunto alla sua sedicesima edizione, è articolato in capitoli tematici con una panoramica generale e con un focus di approfondimento sugli argomenti più rilevanti e attuali dell’anno. Il tutto corredato da cronologie dei fatti, dati statistici, riferimenti bibliografici e web.

 

Parlando di immigrazione, si parte dalla constatazione che il Mediterraneo è divenuto una fossa comune scavata nella e dalla democratica Europa, dove a fronte della diminuzione degli sbarchi rivendicata dal governo Conte-Salvini (ma prima da quello Gentiloni-Minniti), cresce la frequenza delle morti. Dal 1993 al 5 maggio 2018 sono 34.361 le morti documentate di persone che cercavano di arrivare in Europa, dunque il numero reale stimato è sensibilmente maggiore). Se dal 1° gennaio al 2 dicembre 2017 gli arrivi di migranti via mare erano stati 164.908 (di cui 117.120 in Italia), con 3.113 vittime nel Mediterraneo (di cui 2.844 nella rotta centrale verso l’Italia), nello stesso periodo del 2018 sono stati, rispettivamente, 107.583 (di cui 23.011 in Italia) con 2.133 morti o scomparsi (di cui 1.285 nella rotta verso l’Italia). È stato calcolato che negli ultimi mesi un migrante ogni cinque partiti dalla Libia risulta annegato o disperso, una percentuale da ultimo ancor più tragicamente lievitata. E a chi non muore e viene ricacciato indietro tocca l’inferno del lager libici.

 

Il prezzo del calo degli arrivi (in Italia, giacché il flusso si è semplicemente spostato verso Spagna, che ha visto raddoppiare gli arrivi nel 2018, e Grecia) è dunque assai salato, pur se nascosto e trascurato dalla disumana enfasi populista e da una politica ridotta a propaganda via twitter.

 

Il 16° Rapporto racconta poi la politica europea e la divisione tra gli Stati in materia di migranti per arrivare alla guerra alle ONG dichiarata in Italia dal nuovo governo Lega-5 stelle.

 

È un mondo alla rovescia quello in cui chi, come le Organizzazioni Non Governative, si organizza e si adopera per salvare vite umane, supplendo all’azione di governi cinici e di istituzioni incapaci, viene ostacolato, calunniato, inquisito.

 

Chiusi i porti italiani, criminalizzate le ONG, delegata dietro compenso la detenzione dei migranti ai lager libici e il blocco delle partenze ai clan della Guardia costiera di Tripoli, consegnati al cimitero marino quelli che riescono comunque a filtrare nelle maglie e a partire, predisposte le condizioni, con l’invio di una missione militare, di una barriera anti migranti ancora più arretrata nel Sahel, ora si cerca di colpire e punire i testimoni, i “complici” italiani, i “buonisti”, i sindaci, gli opinionisti (sempre meno), le associazioni, gli attivisti e i volontari che rifiutano l’arruolamento nell’esercito chiamato a difendere la patria dai barbari.

Il 2018 è stato, poi e assieme, l’anno del nazionalismo risorgente, delle crescenti spinte sovraniste, delle guerre commerciali e delle guerre tecnologiche, della fibrillazione geopolitica, bellica e neocolonialista, tutte manifestazioni di una società globale finanziarizzata. Tutto ciò inserito in un contesto politico che vede l’Europa in preoccupante crisi d’identità, mentre si avvicinano le elezioni, sottoposta alle opposte ma convergenti mire disgregatrici di Russia e Stati Uniti, i quali, dopo il Midterm, continuano a essere ostaggio del protezionismo aggressivo di Donald Trump.

 

Questo è stato anche l’anno in cui in cui appare approfondita e priva di controspinte la crescita di diseguaglianze e povertà, che dura ormai dall’inizio della crisi economica del 2008. Povertà e declassamento sociale che hanno colpito anche i ceti medi e che contribuiscono ad alimentare i populismi, nella colpevole latitanza di politiche pubbliche di sostegno dei più deboli e nella dolosa continuità di flussi enormi di risorse indirizzate verso banche e finanza, grandi imprese e gruppi multinazionali e di politiche fiscali e di deregolamentazione a favore del capitalismo delle piattaforme, con sempre maggiore compressione di diritti e salari dei lavoratori, in misura crescente costretti a un precariato a vita.

 

In Italia, poi, la povertà ha assunto un carattere strutturale, con i poveri assoluti che hanno superato i 5 milioni di unità (il valore più alto da quando l’ISTAT fornisce questo indicatore) e un corrispondente aumento non già di politiche di welfare e di sostegno bensì di criminalizzazione e di controllo autoritario sui poveri, come da ultimo nel decreto sicurezza ratificato dalle Camere, e le conseguenti spinte razziste.

Analizzando il quadro globale, il Rapporto affronta la situazione della (non) pace nel mondo, con i conflitti armati cresciuti per numero, complessità e letalità, in gran parte del Medio Oriente, dell’Africa e dell’Asia meridionale, dove si registrano violenze prolungate, con il riflesso di violazione di diritti umani, mentre continua imperterrito il business di morte connesso alle industrie e all’export bellico, nonché alla geopolitica del petrolio e del gas. Anche quello italiano, che vede decine di migliaia di bombe prodotte in Sardegna dalla RWM Italia e consegnate all’Arabia Saudita che le utilizza per bombardare lo Yemen, nonostante la legge n. 185 del 1990 vieti la vendita di armi ai Paesi in stato di conflitto armato.

 

In parallelo cresce la minaccia e il riarmo atomico e l’inedito, preoccupante e semisconosciuto fenomeno delle nuove tecnologie belliche, i Lethal Autonomous Weapons Systems, ovvero armi in grado di individuare e colpire bersagli, umani e non, in modo indipendente e senza l’autorizzazione da parte di una persona, di cui il Rapporto denuncia attualità e rischi.

 

Tanto che il Doomsday Clock, l’Orologio dell’Apocalisse, nato nel 1947 per opera degli scienziati della rivista “Bulletin of the Atomic Scientists”, un orologio simbolico che indica la distanza temporale stimata dalla fine del mondo, dal gennaio 2018 ha spostato le lancette a due minuti dalla mezzanotte, il punto di pericolo sinora più alto raggiunto, cui concorre anche il cambiamento climatico in corso.

 

Mentre comincia la COP24 di Katowice e il neo presidente brasiliano Jair Bolsonaro si allinea alle scelte suicide di Trump riguardo gli accordi internazionali sul clima, prefigurando nuove devastazioni della foresta amazzonica e mano ancor più libera ai distruttori dell’ambiente e al capitalismo estrattivo, il 16° Rapporto sui Diritti Globali esamina lo stato del pianeta, ferito e stressato dal riscaldamento climatico, dall’aumento di eventi meteorologici estremi, con il drammatico risvolto dei milioni di profughi ambientali, con la corsa all’accaparramento delle terre, l’aumento della scarsità di acqua, l’approvvigionamento energetico, la difficile e contrastata transizione alle energie alternative.

Il Rapporto contiene poi la prefazione di Susanna CAMUSSO, l’introduzione di Sergio SEGIO, interventi di Vittorio AGNOLETTO, Santiago ALBA RICO, Mauro BIANI, Marta BORDIGNON, Ascanio CELESTINI, Francesco CARCHEDI, Marco DE PONTE, Giuseppe DE MARZO, Paolo DI VETTA, Fausto DURANTE, Amador FERNÁNDEZ-SAVATER, Alessandro GENOVESI, Marirosa IANNELLI, Malalai JOYA, Maurizio LANDINI, Antonio LISBOA, Luca MANES, Ryu MIKYUNG, Salvatore PALIDDA, Ivan PEDRETTI, Livio PEPINO, Alberto PRIETO ROZOS, Cinzia SCAFFIDI, Benedetto VECCHI

  • A illustrare e commentare il Rapporto venerdì 14 dicembre alla CGIL di Roma vi saranno, tra gli altri: Fausto Durante (Coordinatore Area Politiche Internazionali CGIL), Luca De Fraia, Segretario Generale Aggiunto ActionAid Italia, Giuseppe De Marzo (Coordinatore Rete dei numeri pari), Patrizio Gonnella (Presidente nazionale Antigone), Alessandro Metz (Armatore nave Mediterranea), Sergio Segio (curatore del Rapporto, direttore di Associazione Società Informazione)

Oltre che in libreria il Rapporto può essere prenotato e acquistato presso l’editore Ediesse (telefono: 06 44870283, fax: 06 44870335).

Ulteriori info su: https://www.dirittiglobali.it, https://www.facebook.com/rapportodirittiglobali/

https://www.ediesseonline.it, https://www.facebook.com/ediesseonline/

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Venerdì 14 dicembre ore 14 presentazione del 16° rapporto sui diritti globali “Un mondo alla rovescia”

La presentazione del volume si terrà venerdì 14 dicembre alle ore 14:00 presso la CGIL nazionale, Sala Santi, Corso d’Italia 25, Roma

Comunicato stampa

In tempo di Global Compact, con 258 milioni di migranti nel mondo (di cui 150 milioni per motivi di lavoro, 36 milioni bambini, 25 milioni rifugiati), meno arrivi sulle coste italiane ma più morti in mare, un’attenta analisi sul fenomeno, alla luce del populismo imperante, arriva dalla nuova edizione del Rapporto sui Diritti globali dal titolo Un mondo alla rovescia, realizzato dall’associazione Società INformazione, promosso dalla CGIL e pubblicato da Ediesse, con l’adesione di numerose altre organizzazioni.

 

Il Rapporto, che prende in esame i processi connessi con la globalizzazione e le sue ricadute sotto il profilo sociale, economico, geopolitico e ambientale, giunto alla sua sedicesima edizione, è articolato in capitoli tematici con una panoramica generale e con un focus di approfondimento sugli argomenti più rilevanti e attuali dell’anno. Il tutto corredato da cronologie dei fatti, dati statistici, riferimenti bibliografici e web.

 

Parlando di immigrazione, si parte dalla constatazione che il Mediterraneo è divenuto una fossa comune scavata nella e dalla democratica Europa, dove a fronte della diminuzione degli sbarchi rivendicata dal governo Conte-Salvini (ma prima da quello Gentiloni-Minniti), cresce la frequenza delle morti. Dal 1993 al 5 maggio 2018 sono 34.361 le morti documentate di persone che cercavano di arrivare in Europa, dunque il numero reale stimato è sensibilmente maggiore). Se dal 1° gennaio al 2 dicembre 2017 gli arrivi di migranti via mare erano stati 164.908 (di cui 117.120 in Italia), con 3.113 vittime nel Mediterraneo (di cui 2.844 nella rotta centrale verso l’Italia), nello stesso periodo del 2018 sono stati, rispettivamente, 107.583 (di cui 23.011 in Italia) con 2.133 morti o scomparsi (di cui 1.285 nella rotta verso l’Italia). È stato calcolato che negli ultimi mesi un migrante ogni cinque partiti dalla Libia risulta annegato o disperso, una percentuale da ultimo ancor più tragicamente lievitata. E a chi non muore e viene ricacciato indietro tocca l’inferno del lager libici.

 

Il prezzo del calo degli arrivi (in Italia, giacché il flusso si è semplicemente spostato verso Spagna, che ha visto raddoppiare gli arrivi nel 2018, e Grecia) è dunque assai salato, pur se nascosto e trascurato dalla disumana enfasi populista e da una politica ridotta a propaganda via twitter.

 

Il 16° Rapporto racconta poi la politica europea e la divisione tra gli Stati in materia di migranti per arrivare alla guerra alle ONG dichiarata in Italia dal nuovo governo Lega-5 stelle.

 

È un mondo alla rovescia quello in cui chi, come le Organizzazioni Non Governative, si organizza e si adopera per salvare vite umane, supplendo all’azione di governi cinici e di istituzioni incapaci, viene ostacolato, calunniato, inquisito.

 

Chiusi i porti italiani, criminalizzate le ONG, delegata dietro compenso la detenzione dei migranti ai lager libici e il blocco delle partenze ai clan della Guardia costiera di Tripoli, consegnati al cimitero marino quelli che riescono comunque a filtrare nelle maglie e a partire, predisposte le condizioni, con l’invio di una missione militare, di una barriera anti migranti ancora più arretrata nel Sahel, ora si cerca di colpire e punire i testimoni, i “complici” italiani, i “buonisti”, i sindaci, gli opinionisti (sempre meno), le associazioni, gli attivisti e i volontari che rifiutano l’arruolamento nell’esercito chiamato a difendere la patria dai barbari.

Il 2018 è stato, poi e assieme, l’anno del nazionalismo risorgente, delle crescenti spinte sovraniste, delle guerre commerciali e delle guerre tecnologiche, della fibrillazione geopolitica, bellica e neocolonialista, tutte manifestazioni di una società globale finanziarizzata. Tutto ciò inserito in un contesto politico che vede l’Europa in preoccupante crisi d’identità, mentre si avvicinano le elezioni, sottoposta alle opposte ma convergenti mire disgregatrici di Russia e Stati Uniti, i quali, dopo il Midterm, continuano a essere ostaggio del protezionismo aggressivo di Donald Trump.

 

Questo è stato anche l’anno in cui in cui appare approfondita e priva di controspinte la crescita di diseguaglianze e povertà, che dura ormai dall’inizio della crisi economica del 2008. Povertà e declassamento sociale che hanno colpito anche i ceti medi e che contribuiscono ad alimentare i populismi, nella colpevole latitanza di politiche pubbliche di sostegno dei più deboli e nella dolosa continuità di flussi enormi di risorse indirizzate verso banche e finanza, grandi imprese e gruppi multinazionali e di politiche fiscali e di deregolamentazione a favore del capitalismo delle piattaforme, con sempre maggiore compressione di diritti e salari dei lavoratori, in misura crescente costretti a un precariato a vita.

 

In Italia, poi, la povertà ha assunto un carattere strutturale, con i poveri assoluti che hanno superato i 5 milioni di unità (il valore più alto da quando l’ISTAT fornisce questo indicatore) e un corrispondente aumento non già di politiche di welfare e di sostegno bensì di criminalizzazione e di controllo autoritario sui poveri, come da ultimo nel decreto sicurezza ratificato dalle Camere, e le conseguenti spinte razziste.

Analizzando il quadro globale, il Rapporto affronta la situazione della (non) pace nel mondo, con i conflitti armati cresciuti per numero, complessità e letalità, in gran parte del Medio Oriente, dell’Africa e dell’Asia meridionale, dove si registrano violenze prolungate, con il riflesso di violazione di diritti umani, mentre continua imperterrito il business di morte connesso alle industrie e all’export bellico, nonché alla geopolitica del petrolio e del gas. Anche quello italiano, che vede decine di migliaia di bombe prodotte in Sardegna dalla RWM Italia e consegnate all’Arabia Saudita che le utilizza per bombardare lo Yemen, nonostante la legge n. 185 del 1990 vieti la vendita di armi ai Paesi in stato di conflitto armato.

 

In parallelo cresce la minaccia e il riarmo atomico e l’inedito, preoccupante e semisconosciuto fenomeno delle nuove tecnologie belliche, i Lethal Autonomous Weapons Systems, ovvero armi in grado di individuare e colpire bersagli, umani e non, in modo indipendente e senza l’autorizzazione da parte di una persona, di cui il Rapporto denuncia attualità e rischi.

 

Tanto che il Doomsday Clock, l’Orologio dell’Apocalisse, nato nel 1947 per opera degli scienziati della rivista “Bulletin of the Atomic Scientists”, un orologio simbolico che indica la distanza temporale stimata dalla fine del mondo, dal gennaio 2018 ha spostato le lancette a due minuti dalla mezzanotte, il punto di pericolo sinora più alto raggiunto, cui concorre anche il cambiamento climatico in corso.

 

Mentre comincia la COP24 di Katowice e il neo presidente brasiliano Jair Bolsonaro si allinea alle scelte suicide di Trump riguardo gli accordi internazionali sul clima, prefigurando nuove devastazioni della foresta amazzonica e mano ancor più libera ai distruttori dell’ambiente e al capitalismo estrattivo, il 16° Rapporto sui Diritti Globali esamina lo stato del pianeta, ferito e stressato dal riscaldamento climatico, dall’aumento di eventi meteorologici estremi, con il drammatico risvolto dei milioni di profughi ambientali, con la corsa all’accaparramento delle terre, l’aumento della scarsità di acqua, l’approvvigionamento energetico, la difficile e contrastata transizione alle energie alternative.

Il Rapporto contiene poi la prefazione di Susanna CAMUSSO, l’introduzione di Sergio SEGIO, interventi di Vittorio AGNOLETTO, Santiago ALBA RICO, Mauro BIANI, Marta BORDIGNON, Ascanio CELESTINI, Francesco CARCHEDI, Marco DE PONTE, Giuseppe DE MARZO, Paolo DI VETTA, Fausto DURANTE, Amador FERNÁNDEZ-SAVATER, Alessandro GENOVESI, Marirosa IANNELLI, Malalai JOYA, Maurizio LANDINI, Antonio LISBOA, Luca MANES, Ryu MIKYUNG, Salvatore PALIDDA, Ivan PEDRETTI, Livio PEPINO, Alberto PRIETO ROZOS, Cinzia SCAFFIDI, Benedetto VECCHI

  • A illustrare e commentare il Rapporto venerdì 14 dicembre alla CGIL di Roma vi saranno, tra gli altri: Fausto Durante (Coordinatore Area Politiche Internazionali CGIL), Luca De Fraia, Segretario Generale Aggiunto ActionAid Italia, Giuseppe De Marzo (Coordinatore Rete dei numeri pari), Patrizio Gonnella (Presidente nazionale Antigone), Alessandro Metz (Armatore nave Mediterranea), Sergio Segio (curatore del Rapporto, direttore di Associazione Società Informazione)

Oltre che in libreria il Rapporto può essere prenotato e acquistato presso l’editore Ediesse (telefono: 06 44870283, fax: 06 44870335).

Ulteriori info su: https://www.dirittiglobali.it, https://www.facebook.com/rapportodirittiglobali/

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