L’emergenza politica che avvelena la terra

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Sebbene l’indignazione sia massima e le ragioni che spingono all’aggiramento della Valutazione Ambientale Strategica inconfessabili quanto chiare, l’appello di Patrizia Gentilini, oncologa dell’Associazione Medici per l’ambiente, è davvero accorato: “Mi rivolgo a coloro che saranno chiamati a votare con il cuore in mano. Con che coraggio andate a manifestare insieme a Greta e poi firmate questi atti? Promuovere un’agricoltura basata sui pesticidi e le monoculture è sbagliato. Abbiamo già oltre 130 mila tonnellate di pesticidi sui suoli agricoli ed è ampiamente dimostrato che si tratta di sostanze persistenti che ritroviamo ormai ovunque. Sostanze che creano alterazioni del genoma e sono correlate a diverse patologie, autismo e danni cognitivi”. L’appello è rivolto ai deputati che martedì decideranno se dare il via libera al Decreto emergenze che, con l’articolo 8, consentirà in caso di “emergenze” di prendere anche “misure fito-sanitarie in deroga a ogni disposizione vigente”. Il caso degli ulivi del Salento mostra chiaramente come poi l’emergenza diventi la norma, la routine di avvelenamento dei suoli e delle persone e l’apertura a un modello di colture intensive e di bassa qualità. Il solito enorme business per qualcuno. “Ma lo sapete cosa state facendo?”, domanda disperata l’oncologa a chi si appresta a favorire la rovina dell’olivocoltura pugliese in barba alla salute dei cittadini, alla Costituzione e alle altre leggi esistenti. Pensavamo di aver toccato il fondo con il decreto Martina e invece no

 “Esprimo la più profonda preoccupazione e indignazione per quello che sta capitando. L’articolo 8 di questo decreto inficia le basi stesse del nostro diritto alla salute, all’informazione e le fondamenta della nostra Costituzione” la denuncia arriva da Patrizia Gentilini, medico oncologo, dell’Associazione Medici per l’ambiente (Isde), intervenuta venerdì 12 aprile, a Montecitorio, alla conferenza “Art. 8 Decreto Emergenze: un’emergenza da fermare”.

Il riferimento è all’articolo che prevede che in caso di emergenza “le misure fitosanitarie siano attuate in deroga a ogni disposizione vigente”. Cosa significa questo? Che in caso di fitopatie, per esempio per contrastare la diffusione di organismi nocivi per le piante come, nel caso citato, Xylella fastidiosa, si possa agire in deroga alle leggi nazionali e regionali, ignorando le norme a tutela della salute, dell’ambiente e del paesaggio, della proprietà privata e delle libertà personali.

Deroga alla VAS

Con il decreto Emergenze si introduce anche una pericolosa modifica al Testo Unico Ambientale, il 152 del 2006, sulla disciplina della VAS, la Valutazione Ambientale Strategica, che è obbligatoria per tutti i piani e programmi al fine di prevedere l’esame dei loro effetti sull’ambiente e sulla salute, secondo principi Comunitari di sostenibilità.

“Inserire le misure fitosanitarie di emergenza tra i piani esenti da tale obbligo è gravissimo – afferma Massimo Blonda, biologo e ricercatore, ex Direttore Arpa Puglia – Si tratta infatti di una deroga che non viene ammessa per proteggere la sicurezza dei cittadini o la salute delle persone bensì per tutelare le piante o, per meglio dire, un comparto economico.Questo significa che con il pretesto di una fitopatia, si possa fare qualsiasi cosa, senza tener conto dell’impatto ambientale delle misure fitosanitarie adottate, impedendo di fatto alle varie competenze scientifiche di confrontarsi e ai cittadini di partecipare alle decisioni che riguardano il proprio territorio. Si crea quindi un vulnus – prosegue Blonda – un malessere sociale tra chi queste misure le promuove e le intima e chi le subisce senza poterle osservare nelle sedi di partecipazione preposte”. E soprattutto si impedisce un percorso di valutazione attenta delle possibili alternative, come per esempio nel caso della Puglia, dove si impongono misure anche molto drastiche e impattanti in assenza di certezze di efficacia delle stesse. Ma non solo. “In questo modo ci si priva di una valutazione oggettiva dei possibili scenari così detti “post Xylella” che consideri i cambiamenti climatici in atto e le risorse naturali disponibili, come l’acqua e la qualità del suolo. Ricondurre i piani fitosanitari, la gestione delle biomasse morte e le strategie di riconversione agronomica nel legittimo ambito VAS, eviterebbe molti possibili errori, conflitti e, alla fine, danni irreparabili”.

Il caso Xylella

Pensavamo di aver toccato il fondo con il decreto Martina che autorizzava neonicotinoidi e piretroidi senza alcuna motivazione scientifica, ma al peggio non c’è mai fine” continua Gentilini, riferendosi al piano di contenimento del batterio. “Io non sono pugliese ma questa vicenda mi tocca particolarmente – continua Gentilini –  Credo fermamente che davanti a questi alberi ci si dovrebbe inginocchiare. Se hanno resistito millenni e se adesso sono malati ci dovremmo fare qualche domanda. L’albero è malato quando tutto l’ambiente attorno a lui è malato”. E invece s’impone l’abbattimento. “Le criticità trasformate in emergenza permettono a derogare a tutto e portare avanti dei piani, per esempio in questo caso la monocultura, che sono contrari a qualsiasi logica e scientificità”.

Trasferimento di funzioni e responsabilità

La gestione della questione Xylella non ha nulla di scientifico. Il progetto di riconversione olivicola in Puglia è una decisione politica che non ha niente a che fare con la scienza – spiega Antonio Onorati, Via Campesina e Ari (Associazione Rurale Italiana) – Alcuni politici usano la scienza per giustificare atti politici e una parte degli scienziati si presta a questo, trasformandosi in decisori politici. Con una sorta di trasferimento delle funzioni e delle responsabilità”. E ancora: “Quello che si sta ingiungendo in Puglia con il pretesto dell’emergenza Xylella è un’olivicoltura intensiva, una produzione di bassa qualità che sul mercato vale la metà di quella attuale. Ma imponendo questo modello non si tiene conto delle peculiarità della nostra agricoltura e di quel territorio – continua Onorati – L’olivicoltura italiana è fatta di piccole e medie imprese, è un’olivicoltura di pendenza a bassa o nulla irrigazione. In Puglia non c’è acqua e non ci sono grandi distese pianeggianti. Come si può pensare di imporre lì il modello spagnolo?”.

Una domanda che, a quanto pare, nell’attuale dibattito politico cade nel vuoto. Del resto la prima volta che si è parlato di portare l’olivicoltura pugliese all’intensivo era il 1999. Un progetto che ha radici lontane: “Per fortuna gli olivicoltori pugliesi fino ad oggi sono stati intelligenti e si sono opposti a questo che è a tutti gli effetti un piano industriale e capitalistico. Capitalizzare o morire. O hai soldi o te ne vai. Meccanizzazione, irrigazione e input chimici costano. Quindi di fatto per i piccoli produttori e per quella terra è una condanna a morte”.

L’appello dei Medici per l’Ambiente

“Mi rivolgo a coloro che saranno chiamati a votare con il cuore in mano. Con che coraggio andate a manifestare insieme a Greta e poi firmate questi atti? – conclude Gentilini – Promuovere un’agricoltura basata sui pesticidi e sulle monoculture è quanto di più sbagliato si possa fare. Ci sono tantissimi studi scientifici a testimoniarlo, ci sono i dati della Fao, le soluzioni sono altre e sono documentate. Abbiamo già oltre 130 mila tonnellate di pesticidi sui suoli agricoli ed è già ampiamente dimostrato che si tratta di sostanze persistenti che ritroviamo ormai ovunque. Sostanze che creano alterazioni del genoma e che sono correlate a diverse patologie, autismo e danni cognitivi. Sapete cosa state facendo continuando a avvelenare la terra? Uccidendo la vita del suolo uccidiamo anche la nostra. Per favore pensateci un momento”.

L’emergenza politica che avvelena la terra

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