Italia, terra di feroci diseguaglianze

Estratto dal settimanale Left – numero 34, 23 agosto 2019 > 29 agosto 2019

Dal 2008 a oggi, le statistiche prodotte sulla povertà e le disuguaglianze in Italia ci hanno restituito un quadro sempre peggiore. In 11 anni la povertà assoluta è passata dal 3,6% all’8,4% colpendo 5,58 milioni di persone, mentre 9 milioni sono in povertà relativa (11,8%). Dai dati emerge che, in termini relativi, le fasce più colpite sono i minori e i giovani tra 18 e 34 anni, con un aumento dell’8,9% e del 6,4%. In termini assoluti invece, le più colpite sono le donne, con 2 milioni 277mila su un totale di 31.056.366 (il 7,3% contro il 5,1% del 2008). Dal punto di vista territoriale, la povertà assoluta tocca il massimo al sud, passando dal 5,2% all’11,4%. Se poi parliamo di deprivazione, ci sono 5.035.000 persone che presentano almeno 4 dei segnali indicativi di tale situazione: impossibilità di sostenere spese impreviste; avere arretrati di affitto, mutuo o bollette; non potersi permettere un pasto adeguato e un apporto proteico di carne-pesce o equivalente vegetale ogni 2 giorni, di scaldare casa, il telefono, la tv, la lavatrice, l’auto e una settimana l’anno lontano da casa.

È una situazione complessa nata dalla crisi finanziaria internazionale e scaturita dall’impossibilità del modello di sviluppo capitalista di garantire sostenibilità sociale e ambientale, amplificata dalla lenta e costate applicazione di politiche inadeguate. Anche il Governo Lega/5Stelle – dopo aver annunciato “la fine della povertà” – ha messo in campo misure non adeguate a rispondere alla crisi e ha istituzionalizzato le povertà. Nonostante le forze di governo abbiano svolto una campagna elettorale promettendo guerra all’austerità, gli atti governativi ci dicono che il regime imposto dalla governance europea e dal liberismo economico è pienamente accettato e condiviso.

In 14 mesi è stata approvata una legge di bilancio che ha aumentato il debito pubblico e ne ha reso una parte illegittima; un Reddito di cittadinanza che nulla ha a che vedere con quanto richiesto dall’Europa dal 1992; lo sblocca cantieri che ha deregolamentato e peggiorato la qualità e la sicurezza del lavoro, danneggiando il principio di concorrenza e la lotta contro precarietà, mafie e corruzione; il Decreto Sicurezza Bis che, con voto di fiducia, ha di fatto istituito uno stato di polizia e rafforzato il governo autoritario e violento del territorio, facendo leva sul bisogno di sicurezza delle persone. Il tutto di fronte a un’opposizione assente e spesso complice di aver aperto la strada su questi temi.

Le realtà sociali della Rete dei Numeri Pari denunciano da tempo l’importanza di parlare di sicurezza, ma declinandola in modo diverso da quanto fatto finora. Come può essere “sicuro” un paese con 18,6 mln di persone a rischio esclusione sociale, la dispersione scolastica al 13,8%, 4 mln di persone non possono più curarsi e il 40% di quelle che lo fanno si indebita; la disoccupazione oscilla intorno al 10% (con picchi oltre il 30% tra i giovani) e 4 mln di working poor? Sono triplicate anche le persone miliardarie – da 40 a più di 100 – dimostrando che il problema non è l’assenza di ricchezza o di crescita, bensì la redistribuzione, il modello industriale, il regime fiscale e le politiche sociali messe in atto.

Dinanzi alla tragedia sociale descritta dai numeri, il Governo con la complicità del PD continua a spostare l’attenzione su altri temi pur di non ammettere i propri fallimenti e i reali interessi. Parlano di difesa degli interessi nazionali ma promuovono e votano leggi accomunate dall’obiettivo di difendere politiche di austerità, proprietà privata e rendite finanziarie e fondiarie.

In assenza di una vera opposizione all’austerità e al modello di sviluppo capitalista, la destra di governo vuole giocare tutte le parti in commedia, sfibrando l’assetto democratico e puntando a un’uscita dalla crisi con forme sempre più autoritarie: i pieni poteri di cui parlava Salvini. Oggi, se si vuole costruire un’opposizione forte e credibile, si deve ripartire dalle realtà sociali che – anche se lasciate sole – hanno costruito percorsi che hanno come priorità la lotta all’esclusione sociale, alle mafie, alle disuguaglianze e alle ingiustizie. Non abbiamo più tempo da perdere.

Elisa Sermarini  www.numeripari.org

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