Diritto allo studio, manca il piano nazionale

Dal settimanale Left n°41 – 11 ottobre 2019 > 17 ottobre 2019 

 

In Europa il calo della dispersione scolastica dal 14,7% nel 2008 al 10,6% nel 2018 rappresenta un notevole progresso verso la quota del 10% fissata come obiettivo da Europa2020. In Italia invece, nel 2018, il tasso è risalito al 14,5% tornando ai livelli del 2015 con differenze territoriali molto forti – 18,5% nel Mezzogiorno, 11,3% al Nord e 10,7% al Centro, – e che non accennano a ridursi. 

I dati pubblicati dal MIUR a luglio 2019 ci dicono che sono 11.830 i casi di abbandono prematuro delle scuole medie, colpendo lo 0,77% dei ragazzi e lo 0,59% delle ragazze. Il Mezzogiorno riporta una percentuale di abbandono complessivo dello 0,84 mentre tra le regioni spiccano la Sicilia con l’1,2 seguita da Calabria, Campania e Lazio con lo 0,8 contro lo 0,5 di Veneto ed Emilia-Romagna. Nella scuola superiore la dispersione scolastica colpisce il 4,6% dei ragazzi e il 3% delle ragazze con 99.272 casi (il 3,81% della popolazione studentesca). Anche in questo caso il Mezzogiorno riporta la percentuale di abbandono più elevata e tra le regioni spiccano Sardegna, Sicilia e Campania con punte rispettivamente del 5,3, del 4,5 e del 4,4 mentre le più basse si evidenziano in Molise, Basilicata e Veneto con valori al di sotto del 3%. Si stima che negli ultimi 15 anni 3 milioni di giovani – il 31,9% degli iscritti alla scuola superiore statale – non abbiano poi conseguito il diploma. 

Guardando alla fascia di giovani tra i 30-34 anni, il 27,9% possiede una laurea (il 34% delle donne e il 21,7% degli uomini) ed è stato ampiamente raggiunto l’obiettivo nazionale previsto da Europa2020. Tuttavia, nonostante un aumento dal 2008 al 2017 di 7,7 punti il tasso è molto distante dalla media europea del 39,9 ed è superiore soltanto a quello della Romania. 

Ma come si è arrivati a questa situazione? Sono stati messi in campo gli strumenti necessari ad affrontare questi temi? I numeri ci dicono che durante la crisi la spesa per l’istruzione è passata da 71,2 milioni del 2008 a 67,4 del 2018, cioè il 4,1% del Pil (contro una media europea del 4,7%) e l’8,1% della spesa pubblica. A prestare meno attenzione su questo tema rispetto all’Italia sono la Grecia e alcuni dei paesi dell’Est Europa, mentre la media OCSE quella dell’UE a 22 sono sempre salite, sia pure di poco. Secondo le stime OCSE negli ultimi dieci anni le tasse universitarie sono aumentate in Italia del 60% facendo posizionare il Paese al terzo posto della classifica dei più cari d’Europa dopo Olanda e Regno Unito. Inoltre, in Italia solo il 9-10% degli universitari percepisce una borsa di studio a fronte del 25% in Germania, il 30% in Spagna e il 40% in Francia. 

Negli anni sono stati svolti degli studi che hanno quantificato in 8,3 miliardi di euro ogni anno la perdita generazionale prodotta dalla dispersione scolastica (2,7 miliardi) e quella di capitale umano generato dai laureati che emigrano all’estero (5,6miliardi). 

Questi dati oltre a spiegarci dei numeri ci raccontano di come lo svantaggio di studenti e studentesse sia ancora fortemente influenzato dalla situazione socio-economica familiare, dalla regione di residenza da disuguaglianze di opportunità che si perpetuano di generazione in generazione, alimentando un circolo vizioso dove la povertà educativa va a sommarsi a situazioni già di forte disagio economico, abitativo, alla precarietà lavorativa, al difficile accesso alle cure e al ricatto delle mafie sui territori. 

Negli anni sono molte le esperienze nate dal basso per far fronte a questo problema, tra cui il Coordinamento docenti contro mafie, povertà e razzismo della Rete dei Numeri Pari. Oltre ad attivare proposte metodologiche, pratiche e di interazione tra le diverse realtà territoriali, il coordinamento svolge laboratori di mutualismo sociale dentro e fuori la scuola per rafforzare il coinvolgimento delle future generazioni attraverso laboratori di giornalismo, teatro, musica, giustizia ambientale e antimafia sociale per formare futuri cittadini e cittadine attivi e consapevoli. Ma ovviamente la solidarietà da sola non può bastare, soprattutto per risolvere problemi strutturali. Anche la Corte dei Conti nel suo rapporto sulle risorse e le azioni per contrastare la dispersione scolastica, ha fatto notare che, nonostante i numeri, è tuttora assente un piano strategico nazionale organico, coordinato e condiviso tra tutti i soggetti istituzionali coinvolti a vario titolo. Staremo a vedere se la discontinuità richiamata dal nuovo governo sarà valida anche su questi temi oppure no.

Elisa Sermarini – Rete dei Numeri Pari

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