Cnel, Italia divisa in due: un ricco del Nord vive 10 anni di più di un povero del Sud

di Fabrizio Massaro

Il divario nel Paese

È quella di un Paese diviso in due la fotografia dell’Italia che il Cnel traccia nella relazione 2019 al Parlamento e al Governo che sarà presentata mercoledì 15 gennaio. In particolare il Cnel evidenzia nei servizi si registrano prestazioni maggiori e più efficienti al Nord rispetto alle Regioni del Sud. In generale comunque «i servizi delle pubbliche amministrazioni centrali e locali a cittadini e imprese hanno un elevato peso economico rispetto alla qualità delle prestazioni erogate».

Mercoledì prossimo apriranno i lavori a Roma Tiziano Treu, presidente del Cnel, e Fabiana Dadone, ministra per la Pubblica amministrazione, insieme con vicepresidenti Gianna Fracassi ed Elio Catania.

Le aspettative di vita

Nella sanità l’Italia si colloca «tra i paesi più virtuosi» anche se i risultati ottenuti in termini di salute e di efficienza sanitaria» mostrano «disparità». Si registra un calo della mortalità tra i 30 e i 69 anni per tumori maligni, diabete e malattie cardiovascolari ma restano grandi differenze nelle cure e nella speranza di vita, sia a livello territoriale sia tra ricchi e poveri con una differenza tra le fasce più ricche del Nord e quelle più povere del Sud di circa 10 anni nella speranza di vita. Tra Milano e Napoli c’è una differenza sulla speranza di vita di quasi tre anni.

Tra le criticità più importanti relative alla salute, rileva il Cnel, emergono le disparità legate al genere ed alle condizioni socio-economiche. Il sovrappeso e l’obesità dei minori compaiono tra i fattori di rischio (40% tra i bambini nelle regioni meridionali), ed è elevato il peso delle spese a carico dei pazienti, pari al 23% del totale rispetto ad una media Ocse del 15%, nonché le differenze nell’accesso ai servizi tra regioni e per condizione economica. Per la salute gli italiani spendono mediamente 655 euro all’anno.

I servizi amministrativi? 205 euro a persona. Mancano asili nido

I servizi amministrativi locali pesano su ogni cittadino e impresa per circa 205 euro l’anno, con una crescita dello 0,6%. Il dato più critico è quello riferito agli asili nido con 6.467 euro di costo medio per bambino. E non ci sono posti per tutti: la disponibilità di posti è per meno di un quarto (24%) dei bambini tra zero e tre anni. «I servizi delle pubbliche amministrazioni centrali e locali a cittadini e imprese — evidenzia il Cnel — hanno un elevato peso economico rispetto alla qualità delle prestazioni erogate». In Campania la percentuale precipita al 7,6% dei bambini tra i zero e i tre anni mentre in Val D’Aosta è al 44,7%. I comuni coperti dal servizio nel complesso sono poco più del 55% a fronte di un obiettivo fissato dalla riforma del 2017 del 75%. «Il sottodimensionamento degli asili nido— sottolinea il Cnel — rappresenta anche uno dei maggiori ostacoli alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro delle donne».

Nei 205 euro pro capite sono compresi solo i servizi amministrativi, quelli dei Comuni in sostanza. A questi devono essere aggiunti la polizia locale (in media altri 37,5 euro pro capite), i servizi sociali (77 euro), il territorio e l’ambiente (32 euro), l’istruzione, la viabilità e la sanità. Per il Cnel l’accorpamento dei comuni più piccoli consentirebbe una riduzione significativa della spesa. i servizi legati all’istruzione impegnano mediamente 681 euro per ciascun residente sui bilanci degli enti comunali.

Quasi 13 mila enti pubblici con 3,5 milioni di lavoratori

In Italia operano quasi 13.000 istituzioni pubbliche (per la precisione 12.874) nelle quali prestano servizio circa 3,5 milioni di persone, comprese quelle delle forze armate e coloro che lavorano nelle ambasciate e negli istituti di cultura all’estero. La maggior parte del personale — precisa la relazione del Cnel che sarà presentata mercoledì 15 al Parlamento e al Governo — è nelle amministrazioni centrali (54%) e lavora soprattutto nella scuola, mentre un altro 20% è impiegato nel servizio sanitario nazionale.

Tra il 1991 e il 2015 – si legge – si è registrato un calo di oltre 300.000 unità di personale. I Comuni che rappresentano il 62,2% degli enti nazionali ma impiegano solo l’11,8% dei dipendenti pubblici. Il personale non dipendente è impegnato soprattutto nell’Università e nelle aziende e enti del servizio statistico nazionale.

A Trento e Bolzano il record di dipendenti pubblici

La media italiana è di 4,6 dipendenti pubblici ogni 100 abitanti. Ma ci sono variazioni significative tra le regioni: in Valle d’Aosta e nelle province autonome di Trento e Bolzano si superano i 7 dipendenti per ogni 100 abitanti mentre in Lombardia sono appena 3,7 e in Puglia 4,1 (4,3 in Campania e Veneto).

https://www.corriere.it/economia/consumi/cards/cnel-italia-divisa-due-ricco-nord-vive-10-anni-piu-un-povero-sud/divario-paese.shtml

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