#perilbeneditutti! Da beni confiscati a beni comuni

La legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie compie ventiquattro anni. Dal 7 marzo del 1996 la restituzione alla collettività delle ricchezze e dei patrimoni sottratti alle organizzazioni criminali è diventata un’opportunità di impegno responsabile per il bene comune. La dimensione etica dei percorsi scaturiti dalle esperienze di riutilizzo per finalità sociali si trova, infatti, nella corresponsabilità che ha trasformato quei beni da esclusivi a beni comuni e condivisi. Una ricerca di Libera ha censito finora 865 soggetti diversi impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ottenuti in concessione dagli enti locali, in ben 17 regioni su 20.

Dai dati raccolti attraverso l’azione territoriale della rete di Libera emerge che più della metà delle realtà sociali è costituito da associazioni di diversa tipologia (461) mentre le cooperative sociali sono 238 (dato comprensivo delle cooperative dei lavoratori delle aziende confiscate e dei consorzi di cooperative).Tra gli altri soggetti gestori del terzo settore, ci sono 11 associazioni sportive dilettantistiche, 28 enti pubblici (tra cui aziende sanitarie, enti parco e consorzi di Comuni che offrono dei servizi di welfare sussidiario), 33 associazioni temporanee di scopo, 57 realtà del mondo religioso (diocesi, parrocchie e Caritas), 21 fondazioni, 16 gruppi dello scoutismo ed infine 10 istituti scolastici di diversi ordini e gradi. Nel censimento realizzato da Libera non sono compresi i beni immobili riutilizzati per finalità istituzionali dalle Amministrazioni statali e locali.

La regione con il maggior numero di realtà sociali che gestiscono beni confiscati alle mafie è la  Sicilia con 204 soggetti gestori, segue la Calabria con 162, la Lombardia con 158, Campania 143.

Complessivamente secondo i dati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (al 05 marzo 2020) sono 16.446 i beni immobili (particelle catastali) destinati ai sensi del Codice antimafia e sono invece in totale 17.376 gli immobili ancora in gestione ed in attesa di essere destinati. Numeri che dimostrano come questo strumento così importante nel contrasto culturale e sociale alle mafie ed alla corruzione, abbia generato un moltiplicatore di iniziative per la promozione educativa, la creazione di forme di economia solidale e di lavoro degno e per l’accoglienza delle persone più fragili ed emarginate.Con questo obiettivo, Libera chiede che la Strategia nazionale per la valorizzazione pubblica e sociale dei beni confiscati attraverso le politiche di coesione sia resa operativa a tutti gli effetti.

“Le ricchezze e i patrimoni accumulati illecitamente- commenta Davide Pati dell’ufficio di presidenza di Libera– sono stati trasformati in beni comuni, opportunità di lavoro, luoghi di accoglienza e cultura: un percorso inimmaginabile anni fa , prima della petizione popolare che portò alla raccolta di più di 1 milione di firme a sostegno dell’approvazione della legge 109/96. Una legge diventata un riferimento in Europa e a livello internazionale nella lotta alle mafe. Ma accanto ai positivi risultati raggiunti, tante sono le criticità esistenti ed i nodi da superare. Per questo, oggi più che mai, è necessario articolare nuove proposte partendo dalle buone pratiche amministrative e sociali, mettendole in rete sui territori e confrontandosi sulle azioni e soluzioni da costruire insieme.”

Oggi, a ventiquattro anni di distanza dall’approvazione della legge per il riutilizzo sociale, Libera e tutta la sue rete associativa, chiede alle Istituzioni di fare dei passi in avanti sul tema del riutilizzo pubblico e sociale individuando in dieci punti per riflettere e intervenire:

– Confisca e riutilizzo sociale dei beni tolti ai corrotti

– Un’Agenzia nazionale con personale, risorse e strumenti adeguati

– Procedure più veloci dal sequestro alla confisca, favorendo le assegnazioni anticipate dei beni

– Vendita dei beni immobili solo in casi residuali, dando priorità alla destinazione per finalità pubbliche e sociali

– Informazioni accessibili per tutti e trasparenza nelle assegnazioni dei beni

– Coordinamento tra Tribunali, Agenzia nazionale, Prefetture e le amministrazioni statali e regionali

– Accompagnamento ai Comuni e supporto alla progettazione delle organizzazioni sociali, con attivazione di percorsi di monitoraggio civico e partecipazione dei cittadini

– Destinazione sociale delle aziende confiscate e tutela dei loro lavoratori

– Pieno utilizzo delle risorse e delle liquidità sequestrate e confiscate

– Maggiori risorse per le politiche sociali, la promozione cooperativa e l’economia sostenibile

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