Il virus, la disciplina di bilancio e lo scudo europeo

di Paola Boffo

Ci voleva l’epidemia COVID-19 per sostanziare plasticamente quegli “eventi eccezionali” solo a seguito dei quali è consentito il ricorso all’indebitamento, secondo l’articolo 81[1] della Costituzione, modificato con legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, per recepire il principio di base di accordi internazionali fra Paesi europei come il cosiddetto Fiscal compact, cioè l’equilibrio strutturale delle entrate e delle spese del bilancio dello Stato.

Vale la pena di ricordare che con apposita modifica all’articolo 97 della Costituzione, l’obbligo di assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico, in coerenza l’ordinamento dell’Unione Europea, viene esteso a tutte le pubbliche amministrazioni, fra le quali le Regioni sono competenti per la spesa sanitaria.

Venerdì prossimo il ministro e neo deputato Gualtieri potrà richiamare la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, con la quale è stato dichiarato, per sei mesi, lo “stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili” per preparare la Relazione da sottoporre alla Commissione europea al fine di proporre l’innalzamento del deficit in corso d’anno dal 2,2 al 2,4%. Il secondo decreto di misure urgenti per sostenere l’economia e scongiurare una recessione conterrà «finanza aggiuntiva», ovvero più deficit pubblico, per fare fronte all’emergenza e finanziare tre aree di intervento: ammortizzatori sociali, sanità e protezione civile, settori produttivi. C’è bisogno dell’autorizzazione del Parlamento, che Conte chiederà in aula nelle prossime ore. Con un successivo provvedimento il Governo intende promuovere misure per incentivare gli investimenti e garantire spese urgenti nel comparto della sanità, in grave difficoltà, e al turismo.

Lo sforamento del deficit, di fronte al quale la Commissione è apparsa più morbida con il secondo governo Conte, laddove aveva opposto al governo gialloverde con più determinazione le regole europee (sulle regole della governance europea avevamo scritto qualche tempo fa, e qui anche sulla necessità di investimenti per il rilancio dell’economia, e qui su una manovra che non è di sinistra), sarà con tutta probabilità concesso anche questa volta, ma innalzare di qualche punto percentuale il deficit comporta, per rientrare nei parametri imposti dalla disciplina di bilancio, differire interventi finalizzati alla correzione dei disavanzi eccessivi e il conseguente avvicinamento agli obiettivi di bilancio a medio termine.

Sarebbe necessario invece sospendere l’applicazione di quei parametri e rivedere tutta l’architettura dell’Unione economica e monetaria.

La Commissione europea ha avviato un riesame della governance economica, sottoponendo una serie di quesiti a Parlamento europeo, Consiglio, Banca centrale europea, Comitato economico e sociale europeo, Comitato delle regioni, governi e parlamenti nazionali, banche centrali nazionali, istituzioni di bilancio indipendenti, comitati nazionali per la produttività, parti sociali, organizzazioni della società civile e istituzioni accademiche, al fine di raccogliere le osservazioni da loro espresse entro il primo semestre del 2020. Il riesame intende valutare principalmente fino a che punto i diversi elementi relativi alla sorveglianza siano stati efficaci nel conseguire i loro obiettivi fondamentali, vale a dire: i) garantire finanze pubbliche sostenibili e una crescita sostenibile, ed evitare gli squilibri macroeconomici, ii) creare un quadro di sorveglianza integrato che consenta un più stretto coordinamento delle politiche economiche, in particolare nella zona euro, e iii) promuovere la convergenza dei risultati economici tra gli Stati membri.

Nel riesame la Commissione rileva che le politiche di bilancio degli Stati membri sono ancora prevalentemente procicliche. “Questa tendenza era già osservabile a metà degli anni 2000, durante una congiuntura economica particolarmente positiva, ed è perdurata durante la crisi, quando il risanamento ha dovuto fare i conti con l’aumento della pressione di mercato in un periodo di crescita molto contenuta o addirittura di contrazione dell’attività economica. Per quanto il quadro di bilancio riformato abbia consentito il funzionamento degli stabilizzatori automatici, il loro effetto è stato controbilanciato da misure di risanamento discrezionali necessarie per correggere le situazioni non sostenibili in un contesto di maggiore pressione di mercato. Malgrado l’intento di riportare le finanze pubbliche sulla via della sostenibilità e riguadagnare la fiducia del mercato, ciò ha contribuito ai risultati economici e occupazionali deludenti di quel periodo. Il risanamento di bilancio ha subito una battuta d’arresto a partire dal 2014, quando il divario tra prodotto effettivo e potenziale nella zona euro era ancora negativo. Sebbene tale divario sia positivo dal 2017, l’orientamento aggregato della politica di bilancio della zona euro è rimasto sostanzialmente neutro. Per di più, la sua distribuzione tra gli Stati membri non è stata adeguata alla luce delle esigenze specifiche di sostenibilità e stabilizzazione. Nonostante il rafforzamento del braccio preventivo molti Stati membri non hanno quindi approfittato della congiuntura economica più favorevole per predisporre riserve anticicliche.”

“Sono quindi state introdotte nel quadro di bilancio disposizioni tese a proteggere il livello degli investimenti pubblici nei periodi di recessione e a incentivare l’attuazione di riforme strutturali che concorrano alla sostenibilità delle finanze pubbliche, anche aumentando la crescita potenziale. Nel complesso, però, l’attuale quadro di bilancio non ha potuto impedire la diminuzione del livello degli investimenti pubblici nei periodi di risanamento di bilancio né ha reso le finanze pubbliche più favorevoli alla crescita, principalmente a causa di precise scelte politiche negli Stati membri. Non vi sono infatti elementi concreti che facciano supporre che le regole di bilancio siano state di ostacolo agli investimenti.”

Per tornare al virus, e per restare al tema delle riforme strutturali, pare che l’epidemia abbia determinato in Cina una riduzione delle emissioni di Co2 del 25%. Sono in atto anche in Italia misure che prevedono chiusure temporanee di aziende, uffici, scuole, università. Poi ci sono le misure di quarantena che comportano limitazioni della libertà di movimento, se involontarie. Anche in questo caso c’è una riduzione della circolazione automobilistica, del traffico, dell’inquinamento, dello stress.

Sarebbe bene se si cogliesse l’occasione per modificare i nostri famigerati “stili di vita”, ridurre la velocità, rallentare, fermarsi a pensare, avere più cura di sé e degli altri. Introdurre una settimana lavorativa di quattro giorni, di cui uno in smart working, o anche di più se il lavoro lo consente. Si dovrebbe introdurre un reddito di base, sempre più necessario quando c’è l’evidenza che tanti “lavoretti” o lavori precari o anche dipendenti, diminuiscono o finiscono all’improvviso per una crisi di questo genere.

Ovvio che c’è un rallentamento nell’economia, che sono necessari interventi di spesa pubblica importanti, per sostenere il lavoro e le imprese. Ci sono stati tagli sconsiderati nella sanità, mancano decine di migliaia di medici e di posti letto e sarebbero necessari ingenti investimenti. È sotto gli occhi di tutti la follia di un sistema sanitario non nazionale, e l’irrazionalità dell’autonomia differenziata. Bisognerebbe riprendere a parlare di sviluppo piuttosto che di crescita, di riduzione delle disuguaglianze, la solidarietà, piuttosto che la disciplina di bilancio.

Bisognerebbe trovare il coraggio di introdurre una imposta patrimoniale straordinaria, e poi renderla ordinaria, naturalmente. D’altronde la Commissione stessa, nella Relazione per Paese relativa all’Italia, pubblicata il 26 febbraio, sulla base di una simulazione descritta nel documento afferma che la reintroduzione delle imposte sui beni immobili ad uso del proprietario potrebbe generare notevoli entrate in Italia, anche esentando gli immobili di valore basso e i pensionati a basso reddito, e l’utilizzo delle entrate supplementari per ridurre le imposte sul lavoro migliorerebbe gli effetti distributivi e aumenterebbe gli incentivi al lavoro, sostenendo la crescita economica.

Mentre scriviamo la Federal Reserve negli Stati Uniti ha emesso un comunicato stampa che informa della decisione di ridurre l’intervallo obiettivo per il tasso sui fondi federali di mezzo punto percentuale, il più importante taglio effettuato dalla crisi del 2008, portandolo tra l’1 e l’1,25 per cento, visto che il coronavirus presenta rischi in evoluzione per l’attività economica, ed è necessario intervenire a sostegno del raggiungimento degli obiettivi massimi di occupazione e stabilità dei prezzi.

Le banche statunitensi potranno concedere prestiti a imprese e famiglie a condizioni più favorevoli; chissà se gli americani potranno usare i prestiti anche per pagare gli esami clinici e le terapie da effettuare in quarantena, oppure per sostenersi durante le giornate di sospensione dal lavoro, considerato che solo un quarto dei lavoratori ha la malattia pagata e che le ingenti spese per farmaci, analisi e persino per il tampone del coronavirus sono fatturate direttamente ai sospetti contagiati, in mancanza di una copertura sanitaria pubblica e di una previdenza sociale che copra le assenze per malattia.

In un report aggiornato e molto documentato sull’andamento dell’epidemia Valigia Blu ci informa che secondo un sondaggio del 2018, gli americani hanno più paura di pagare per l’assistenza sanitaria se si ammalano gravemente (il 40%), che di prendere una malattia grave in sé (33%).

Nel contempo i vertici europei, il presidente dell’europarlamento Sassoli, la presidente della Commissione Von der Leyen e il presidente del Consiglio Michel, si sono recati a Kastianes, in Grecia, al confine con Turchia e Bulgaria, per affrontare la situazione che si è creata con l’afflusso dei 130.000 profughi siriani che cercano di entrare in Grecia, dopo la decisione di Erdogan di aprire le frontiere turche. Il governo greco qualificando la pressione al confine come una “invasione” e una “minaccia asimmetrica”, ha rafforzato il valico di frontiera di Kastanies con numerosi effettivi militari e di polizia, e afferma che “Fra sabato scorso e lunedì sera sono stati sventati oltre ventiquattromila tentativi di ingresso illegale” e “183 persone sono state arrestate”.

Nella dichiarazione alla stampa in conclusione della visita, Von del Leyen ha ringraziato il primo ministro greco Mitsotakis, “le guardie di frontiera greche [ndr: quelle che – stando a quanto riportato dal corrispondente di Radio Radicale – avrebbero sparato a un ragazzo siriano mentre tentava di oltrepassare il confine tra Turchia e Grecia, causandone la morte]. Le forze di sicurezza greche, e le guardie costiere [ndr.: quella stessa guardia costiera che, al largo delle spiagge di Lesbo, ha cercato di far affondare un gommone di profughi, come mostra un video di Sky News, che mostra una motovedetta ellenica passare a grande velocità al largo di Kos di fianco a un gommone di migranti, che rischiano di venire sbalzati fuori.], voglio ringraziare i civili [ndr: a terra a Lesbo alcuni abitanti hanno aggredito e colpito giornalisti e esponenti di organizzazioni non governative, arrivati per documentare la tragedia.], la polizia [ndr: quella polizia che sta sparando gas lacrimogeni e granate fumogene su centinaia di persone, tra cui donne e bambini in fuga al confine tra Turchia e Grecia], gli uomini e le donne in servizio militare, e voglio ringraziare Frontex per il loro instancabile sforzo.”. Ha espresso compassione per i migranti “che sono stati attirati da false promesse in questa situazione disperata”. Ha affermato che “La nostra prima priorità è garantire che l’ordine venga mantenuto alla frontiera esterna greca, che è anche una frontiera europea”.

A seguito della richiesta della Grecia, Frontex si sta preparando a schierare una squadra di intervento rapido alle frontiere e a spiegare una nave di pattuglia offshore e sei navi di pattugliamento costiere, due elicotteri, un velivolo e tre veicoli a visione termica. 100 guardie di frontiera oltre alle attuali 530 guardie di frontiera saranno schierate da Frontex alle frontiere terrestri e marittime. La Commissione, inoltre, potrà fornire assistenza finanziaria di 700 milioni di euro alla Grecia, di cui 350 milioni immediatamente disponibili, per la gestione della migrazione, la creazione e la gestione dell’infrastruttura necessaria. Sarà anche fornita assistenza in termini di attrezzature mediche, equipe mediche, rifugi, tende, coperte.

Ursula ha aggiunto che la situazione alla frontiera non è un problema che la Grecia deve gestire da sola. È responsabilità dell’Europa nel suo insieme “E lo gestiremo in modo ordinato, con unità, solidarietà e determinazione. Coloro che cercano di testare l’unità dell’Europa saranno delusi. Manterremo la linea e prevarrà la nostra unità. … La Turchia non è un nemico e le persone non sono solo mezzi per raggiungere un obiettivo. … Ringrazio la Grecia per essere stata il nostro scudo in questi tempi.”

In effetti si sta esplicitando il programma della nuova Commissione, la difesa di quello “stile di vita europeo” sul quale ci fu ampia discussione; almeno il primo step, per il sistema europeo comune di asilo c’è tempo: frontiere forti e nuovo approccio in materia di migrazione, dove si propone prima di tutto il rafforzamento dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, con un corpo permanente di 10.000 guardie costiere Frontex entro il 2024. “L’auspicio [ndr: l’auspicio] è di tornare a uno spazio Schengen di libera circolazione pienamente funzionante, e promuovere una cooperazione allo sviluppo che punti in maniera decisa a migliorare le prospettive dei giovani nei loro paesi di origine, investendo nella salute, nell’istruzione e nelle competenze, nelle infrastrutture, nella crescita sostenibile e nella sicurezza. Si appoggia la creazione di corridori umanitari, e la collaborazione con i paesi di origine e di transito, anche per bloccare i trafficanti, impegnarsi per il reinsediamento e creare percorsi di migrazione legale per far venire le persone con le competenze e i talenti di cui abbiamo bisogno”. … “l’Europa onorerà sempre i suoi valori e aiuterà i rifugiati a fuggire dalle persecuzioni o dai conflitti, come è nostro dovere morale”. Lo stesso vale per il salvataggio di vite umane in mare. A tal fine “abbiamo bisogno di un approccio più sostenibile in materia di ricerca e salvataggio, passando da soluzioni caso per caso a una risposta più permanente”.

Da parte sua Sassoli ha dichiarato: “È importante che tutti e tre i presidenti delle istituzioni europee abbiano viaggiato insieme oggi per vedere la situazione al confine greco-turco. Vorrei ringraziare i cittadini greci per il loro sostegno e dedizione in questo momento. Chiediamo urgentemente alle autorità turche di rispettare l’accordo con l’Unione europea e restiamo aperti al dialogo.

“Ritornare a Bruxelles senza insistere per un vero cambiamento, significherebbe non aver capito ciò che abbiamo visto oggi. Dobbiamo impegnarci per le migliaia di minori non accompagnati che sono arrivati sulle coste dell’Europa [ndr: ma moltissimi bambini sono accompagnati dalle loro famiglie]. Abbiamo urgentemente bisogno di una strategia per proteggere loro e il loro futuro. I governi europei devono mostrare molta più generosità e solidarietà con i bambini in condizioni disperate di bisogno”.

“Ciò a cui stiamo assistendo al confine tra Grecia e Turchia mostra più che mai la necessità di una politica migratoria europea comune. Sono molto colpito dal fatto che molti governi europei continuino a ignorarlo. Per il Parlamento europeo, chi arriva in Grecia, in Italia, a Malta o in Spagna, arriva in Europa. Invito i leader europei a lavorare in modo costruttivo con noi affinché si trovi una soluzione per un’equa ridistribuzione delle persone bisognose. Questo è l’unico modo per essere all’altezza dei nostri valori e rendere l’Europa un leader globale nella difesa dei diritti umani”.

Da tante parti oggi si lamenta che Umanità è morta ai confini Greci, a Lesbo, ma forse era già morta in Libia, in Siria, e ancora, e ancora. Comprensibile che le persone siano costernate da quello che sta avvenendo. Non è accettabile che le Istituzioni europee si limitino ad auspici, ad “onorare i valori europei”, c’è bisogno di stato di diritto, di pratiche per il rispetto dei diritti umani, di una politica europea che non sia ostaggio dei Governi degli stati membri, dove quelli che sono nella prima linea dell’emergenza umanitaria sono lodati per fare da scudo (detto anche in greco, nel discorso di Ursula: I thank Greece for being our European ασπίδα [English: shield] in these times), e sono finanziati per rafforzare la fortezza.


[1] Articolo 81

Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.

Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.

Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.

Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.

Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale.

Il virus, la disciplina di bilancio e lo scudo europeo

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