Coronavirus e cambiamenti climatici: i punti di contatto tra virus e ambiente

L’Oms ha affermato che l’alterazione dei processi di trasmissione di patologie quali il Coronavirus è una delle dirette conseguenze dei cambiamenti climatici.

Coronavirus e cambiamenti climatici sono legati a doppio filo. Tra i fattori che possono influenzare la diffusione dell’epidemia ci sono anche il consumo del suolo e l’inquinamento. Ad affermarlo è un recente approfondimento di Business Insider (edizione italiana), a cura di Mariella Bussolati. La tesi si poggia su quanto affermato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2017, quando l’OMS mise in guardia la popolazione dalle infezioni virali o batteriche, sottolineando come esse rappresentino la minaccia più seria per un pianeta che deve convivere con le conseguenze del cambiamento climatico.

Riscaldamento globale minaccia ben più seria

Oggi tutti parlano del Coronavirus, ma la minaccia più seria è rappresentata dal riscaldamento globale, a causa del quale nel prossimo futuro l’umanità potrebbe essere colpita da malattie più gravi rispetto al virus cinese. Giuseppe Miserotti, membro dell’Associazione medici per l’ambiente (Isde), ha sottolineato come gli equilibri del Pianeta rischiano di essere alterati qualora l’uomo non faccia nulla per combattere il cambiamento di temperature, pioggia, aria e suolo, aggiungendo che in circolazione esistono miliardi di virus (la maggior parte dei quali ospitata dagli animali).

L’allarme dell’OMS

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato che l’alterazione dei processi di trasmissione di patologie quali il Coronavirus e, più in generale, delle malattie infettive, è una delle dirette conseguenze dei cambiamenti climatici. La reazione a catena è stata identificata in questi passaggi: 1) migrazione animali,   2) adattamento a un nuovo clima; 3) adattamento dei patogeni; 4) maggiore diffusione territoriale.

Quello delle ricadute dei cambiamenti climatici su virologia e batteriologia è un campo di studio enorme

Ci stiamo quindi spaventando per qualcosa che in parte abbiamo contribuito a provocare? Assolutamente sì. Parlando di alcuni virus, come appunto i coronavirus e altri, si potranno sicuramente allestire dei vaccini specifici, ma il punto è un altro: l’uomo ha approfittato della natura e negli ultimi anni l’azione degli esseri umani è stata così violenta, che si parla di una nuova era geologica: l’Antropocene. Esiste un rapporto direttamente proporzionale tra il livello di inquinamento prodotto dall’uomo e l’aumento dei cambiamenti climatici. In particolare, a partire dalla fine dell’Ottocento, quando abbiamo iniziato a usare le fonti fossili e le emissioni di CO2 sono cresciute in modo esponenziale.

Abbiamo alterato equilibri naturali molto delicati, che la natura era stata in grado di mantenere per migliaia di anni, e tutto questo sta avendo e avrà delle ripercussioni inevitabili sulla salute psicofisica degli uomini. Ormai si parla di sindrome, cioè di una malattia che è codificata da un insieme di sintomi e di cause, tra le quali possono esserci anche inquinamento dell’aria, dell’acqua e del terreno, che poi si traduce in contaminazione del cibo. L’agricoltura intensiva, ad esempio, è un modello di sostenibilità improponibile perché cambia gli ecosistemi e la batteriologia: attraverso pesticidi come il glifosato si altera la nostra flora batterica intestinale, la principale protagonista della nostra immunità.

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