L’epidemia in Brasile, l’esitazione di Bolsonaro

Il Brasile è il Paese dell’America Latina più colpito dal Coronavirus, ma Jair Bolsonaro è il presidente che più si oppone a prendere drastiche misure di contenimento. Bolsonaro ha prima paragonato il Covid-19 ad una leggera influenza, poi ha accusato i mass media di ingigantire il problema e seminare il panico e, infine, ha minimizzato la gravità dell’emergenza contestando la necessità di contenere la diffusione del virus. Questo suo approccio negazionista ha portato ad una doppia crisi nel governo federale, ad un conflitto istituzionale e ad una protesta nel Paese.

La prima crisi del governo, quella più visibile, riguarda la contrapposizione tra il presidente Bolsonaro e il ministro della Salute, il medico Luiz Henrique Mandetta. L’emblema dello scontro è rappresentato dallo slogan governativoO Brasil não pode parar ricalcato su “Milano non si ferma”. Questa campagna è stata prima criticata dal ministro Mandetta, che è un sostenitore delle misure di contenimento, ed è stata poi sospesa dalla magistratura che l’ha ritenuta in contrasto con le indicazioni scientifiche provenienti dalle istituzioni brasiliane e internazionali.

La seconda crisi, quella meno evidente, interessa l’ala militare dell’esecutivo composta dallo stesso Bolsonaro, capitano riformato dell’esercito, dal vicepresidente Hamilton Mourão, generale di riserva dell’esercito, e da altri otto ministri provenienti da tutte le forze armate. Da metà febbraio si è aggiunto anche Walter Souza Braga Netto, generale dell’esercito, che è stato nominato ministro della Casa Civil – una sorta di primo ministro che coordina il lavoro del governo federale e cura i rapporti con il Congresso. Le attività di Braga Netto per ora si sono limitate a isolare il presidente per dar più forza alle proposte del ministro della Salute.

Questa doppia crisi si è propagata velocemente da Brasilia al resto del Paese portando ad un conflitto istituzionale che vede opporsi, da un lato, un presidente Bolsonaro sempre più solo nel suo labirinto da cui nega l’emergenza e, dall’altro, quasi tutti i governatori degli Stati brasiliani che, invece, hanno predisposto misure di isolamento, distanziamento e quarantena.

Infine, è scoppiata la rabbia popolare contro la gestione dell’emergenza da parte di Bolsonaro che è sfociata nel panelaço (termine portoghese di cacerolazo), una serie di manifestazioni tenute dai balconi e dalle finestre a suon di pentole e coperchi. Nel frattempo, sulle reti sociali è partito l’appello “Quem tem fome, tem pressa” («Chi ha fame, ha fretta») per chiedere l’istituzione immediata di un reddito di emergenza per consentire alle persone più vulnerabili di affrontare la crisi.

Per valutare l’impatto del Coronavirus in Brasile a livello economico e sociale non possiamo perdere di vista, oltre all’estensione territoriale (8,5 milioni di km2) e alla dimensione demografica (211 milioni di abitanti), le diseguaglianze strutturali del Paese, in particolare nel mercato del lavoro, nell’accesso ai servizi essenziali e nella distribuzione del reddito. I dati dell’Istituto brasiliano di statistica (IBGE, Instituto Brasileiro de Geografia e Estatística), che si riferiscono al trimestre dicembre 2019 – febbraio 2020, registrano un mercato del lavoro con 12,3 milioni di disoccupati e un tasso di disoccupazione pari all’11,6%. Il tasso di informalità è al 40,6%, pari a 38 milioni di lavoratori sui 93,7 milioni complessivamente occupati. Nel settore privato gli occupati senza un regolare contratto di lavoro sono 11,6 milioni [1]. L’assenza di ammortizzatori sociali in grado di sostenere la popolazione più esposta a questa crisi e la forte pressione popolare hanno indotto il Congresso ad approvare rapidamente un reddito emergenziale di 600 reais mensili per tre mesi e a discutere l’ampliamento della platea dei beneficiari di questa misura.

Bolsonaro, sollecitato dalle organizzazioni datoriali, ha inizialmente risposto con un decreto che prevedeva la sospensione del contratto di lavoro fino a quattro mesi senza alcuna garanzia salariale. Successivamente, a seguito delle proteste sindacali, ha varato un altro decreto che autorizza i datori a ridurre orario di lavoro e salario fino al 70%, previo accordo individuale o collettivo, che potrà essere recuperato in parte tramite il sussidio di disoccupazione [2].

Il Brasile ha ufficialmente circa 14.000 casi confermati e quasi 700 morti per il Coronavirus, ma questi numeri sono considerati sottostimati, anche dalle stesse autorità sanitarie, a causa del ritardo nei test. Il timore è che il servizio sanitario pubblico e nazionale (SUS, Sistema Único de Saúde) ‒ che è passato dai 353.000 posti letto del 2005 ai 294.000 del 2020, mentre, al contrario, la popolazione aumentava ‒ non riesca a far fronte a questa emergenza epidemica [3].

Per evitare che la situazione diventi esplosiva dal punto di vista sociale, in un Paese già duramente provato da storiche e profonde disuguaglianze, è fondamentale che il governo federale elabori misure all’altezza di una crisi inusuale [4]. In particolare, è necessario rimuovere il limite costituzionale imposto alla spesa pubblica ed eliminare il pareggio di bilancio con l’obiettivo di implementare politiche pubbliche che proteggano il lavoro, sostengano il reddito e garantiscano la salute [5]. Infine, è indispensabile un investimento pubblico che rafforzi subito il personale e le strutture del SUS affinché quest’ultimo possa rispondere ai bisogni di tutta la popolazione, specialmente di quel 70% dei brasiliani che non può ricorrere alla sanità privata [6].

 

Riferimenti

[1] IBGE (2020), PNAD Contínua: taxa de desocupação é de 11,6% e taxa de subutilização é 23,5% no trimestre encerrado em fevereiro de 2020

[2] DIEESE (2020), O Programa Emergencial de Manutenção do Emprego e da Renda diante dos impactos da Covid-19, Número 232, 3 de abril de 2020

[3] Ministério da Saúde (2020), DATASUS: Leitos de internação (Outubro 2005 – Fevereiro 2020)

[4] W. Quadros (2020), Entrevista para o Instituto Humanitas Unisinos, 20 de março de 2020

[5] CESIT (2020), Emprego, trabalho e renda para garantir o direito à vida, GT – Mundos do Trabalho: Reformas

[6] SPC e CNDL (2018), 70% dos brasileiros não possuem plano de saúde particular, mostram SPC Brasil e CNDL

http://www.treccani.it/magazine/atlante/geopolitica/L_epidemia_in_Brasile__l_esitazione_di_Bolsonaro.html

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