Mosaico Roma: diritto all’abitare e al reddito come risposta concreta ai bisogni di migliaia di persone

Articolo di Giuseppe De Marzo scritto per la stampa in occasione del seminario su “Diritto all’abitare e al reddito” organizzato all’interno del percorso di “Mosaico Roma”

A Roma sono almeno 120.000 le case vuote a fronte di un fabbisogno abitativo di 60.000 nuclei familiari in difficoltà. L’offerta di alloggi in locazione è molto debole. A questo si aggiunge il processo di dismissione del patrimonio pubblico disponibile che ha ridotto a 77.300 le case popolari esistenti. In una situazione del genere è impossibile rispondere al disagio abitativo di almeno 200.000 persone in cerca di soluzioni nella Capitale. I nuclei in lista d’attesa per l’assegnazione di un alloggio sono 12.800, quelli da regolarizzare all’interno di case popolari occupate sono 3.850, quelli esclusi dalla graduatoria per vizi formali sono 6.000. Gli stabili occupati sono 90, con almeno 12.000 persone residenti. I nuclei monofamiliari sono 17.000, parliamo di giovani, anziani, single, studenti, tutti per lo più con redditi precari. Infine, 7.500 persone sono senza fissa dimora e 2.000 i richiedenti asilo. 

Nel Lazio i dati del Ministero dell’Interno del 2018 denunciano 7.259 esecuzioni di sfratto. Solo a Roma ne sono stati eseguiti 6.113: 9 su 10 per morosità. Significa 20 sfratti al giorno, 3 ogni ora. A questi dati si sommano quelli del CRESME: 2.446 nuclei senza abitazione o con sistemazioni precarie, 31.514 quelli in difficoltà con l’affitto, 8.070 indietro con la rata del mutuo, 13.150 famiglie di nuova formazione in coabitazione con genitori o parenti, 4.800 studenti con affitti in nero, 1.031 lavoratori fuorisede. 

La fotografia dell’emergenza nella Capitale d’Italia è drammatica. Un quadro destinato ad aggravarsi per l’impatto del Covid19, che ha reso la città ancora più diseguale, impoverita e fragile, dimostrando ancora una volta l’inadeguatezza e l’incapacità della giunta Raggi. Crescono i provvedimenti di sfratto per morosità, così come gli alloggi di fortuna insieme ad un numero senza eguali di stabili occupati per necessità. Aumenta la domanda abitativa pubblica insieme al numero di aventi diritto in graduatoria per un alloggio popolare.

Una situazione insostenibile che richiede una strutturale inversione di tendenza e risposte politiche all’altezza della sfida posta dalla complessità della crisi in cui siamo immersi. Risposte che tardano ad arrivare a causa di una politica cittadina ostaggio di tattiche e politicismi nazionali che sta facendo pagare agli abitanti dell’Urbe un prezzo altissimo. Ma se la politica è in silenzio nell’attesa di calcoli di bottega, a costruire speranza e opportunità di partecipazione e confronto contribuiscono i movimenti per il diritto all’abitare, le reti sociali, i presidi antimafia, parrocchie e comitati, cooperative, case delle donne, insegnanti, lavoratori, per certi versi obbligati a farsi carico dell’interesse generale per difendere le proprie condizioni materiali. 

Questo l’obiettivo dell’appuntamento del 25 e 26 settembre a Metropoliz, la fabbrica su via Prenestina dismessa diventata esempio di riuso e integrazione, lanciato dal percorso di MosaicoRoma che mette insieme circa 100 realtà sociali della Rete dei Numeri Pari che da settembre a febbraio promuove mobilitazioni, momenti di approfondimento, proposte e percorsi condivisi su cinque dei principali problemi da affrontare per chiunque voglia governare la Capitale: diritto all’abitare, accoglienza, lavoro, lotta alle mafie e politiche sociali. (vedi Espresso del 30 agosto). 

La due giorni è stata articolata in tre tavoli ed in due momenti plenari che hanno messo insieme più voci e interessi diversi, intrecciando il diritto all’abitare con argomenti e questioni spesso ritenuti estranei alla discussione sulla casa. Ne è emerso un quadro ricchissimo di analisi e proposte. Il primo tavolo ha messo insieme il Diritto all’abitare con il patrimonio, chiedendo e indicando una modalità di gestione diversa di quello sfitto, inutilizzato, invenduto, confiscato alle mafie. Il secondo tavolo ha affrontato la relazione tra il diritto all’abitare ed il diritto al reddito in questa nuova fase storica segnata dall’aumento delle disuguaglianze e dall’assenza di risposte politiche in grado di garantire la piena occupazione. Diritto al reddito dunque come diritto all’esistenza, strumento di emancipazione dal ricatto della rendita privatistica e dalle mafie, da garantire in forma indiretta anche attraverso la casa, da intendersi nelle forme meno condizionate possibili perché più efficace, come dimostrano gli studi scientifici e le analisi delle esperienze portate avanti nel mondo. Nel terzo tavolo il diritto all’abitare ha intrecciato i percorsi ed i destini degli spazi sociali, artistici e culturali, considerati sempre più come beni privati o da privatizzare con l’unico obiettivo di utilizzarli nei percorsi di “gentrificazione” ed espulsione dei residenti nei quartieri interessati da questi fenomeni. Da qui il riscatto e la risposta di spazi e reti apparentemente distanti che fungono invece come motori di rigenerazione urbana, capaci di ricostruire relazioni dal basso e di trasformarsi in “comunità educante” da contrapporre alla deriva individualista che favorisce gli interessi che mettono insieme rendita, finanza, speculazione e mafie. 

Dalla due giorni arriva un messaggio chiaro a tutti quelli interessati ad affrontare il tema della casa: per garantire il diritto all’abitare dobbiamo mettere in campo risposte strutturali, non emergenziali come fatto sino ad ora, e la gestione non può essere regolata dal mercato, né da un’urbanistica contrattata condizionata dagli interessi dei costruttori e della rendita. Solo in questo modo il termine rigenerazione può assumere un valore positivo e non essere collegato a premialità di sorta da concedere a chi abbatte e ricostruisce.

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