Roma, stiamo meglio o peggio di 5 anni fa?

Sbilanciamoci!, in collaborazione con la CGIL Roma e Lazio,  analizza l’operato della giunta capitolina a partire dall’analisi di alcuni dati di bilancio. Ne proponiamo una sintesi.

Il 3 e 4 ottobre si voterà a Roma. Quali sono le sfide e le priorità che dovrebbe affrontare chi uscirà vincente dal voto? Sbilanciamoci! e la CGIL Roma e Lazio hanno cercato di rispondere a questa domanda realizzando il rapporto “Gli effetti delle politiche di bilancio del Comune di Roma negli anni 2016-2021”.

Lo studio, svolto da un gruppo di attivisti e di ricercatori della campagna Sbilanciamoci!, ha avuto l’obiettivo di analizzare l’operato della giunta capitolina negli ultimi 5 anni, partendo dai numeri: i dati ufficiali dei bilanci preventivi e consuntivi del Comune di Roma e gli indicatori BES (Benessere Equo e Sostenibile) che, ormai da alcuni anni, misurano la qualità della vita nelle nostre città, accompagnati da alcuni dati statistici ufficiali o prodotti dalla letteratura recente.

L’analisi di un bilancio come quello del Comune di Roma è particolarmente complessa, non solo perché, come noto, l’amministrazione ha accumulato nel corso degli anni un debito consistente, ma anche perché, come gran parte delle amministrazioni pubbliche italiane, il deficit di trasparenza caratterizza anche il Comune di Roma. Trasparenza non significa infatti solo pubblicare i dati di bilancio in conformità con la legge (ciò che il Comune fa), ma renderli facilmente accessibili e comprensibili ai cittadini, in forma sufficientemente disaggregata.

Il rapporto propone dunque un quadro dell’andamento delle principali voci di entrata del bilancio e poi approfondisce l’analisi della spesa e delle politiche adottate nell’ultimo quinquennio in cinque aree di intervento: le politiche sociali, abitative, del territorio e ambientali, per gli investimenti e le infrastrutture e sul trasporto pubblico. Un capitolo conclusivo presenta una fotografia delle condizioni di benessere della città a partire dalle principali indagini disponibili, mettendole a confronto con quelle di altre grandi città.

Il quadro che ne deriva non pretende di essere esaustivo, ma offre utili elementi di conoscenza e di riflessione che mettono in evidenza molte ombre e poche luci. 

Dal rapporto emerge una sorta di immobilità, di staticità dell’azione amministrativa di questi cinque anni che risulta sostanzialmente in continuità con quella delle giunte precedenti. I conti pubblici sono poco trasparenti, si è scelto di non interloquire con i soggetti sociali escludendoli dalla progettazione delle politiche e dalla definizione delle scelte di spesa. E, nel merito delle scelte fatte, il bilancio risulta negativo. Scarsissimi investimenti, scarsa attenzione al lavoro, politiche ambientali minimali, gestione dei rifiuti fallimentare, insufficienza delle politiche locali, inazione nelle politiche per la casa.

Complessivamente non si è riusciti ad intaccare le contraddizioni, le diseguaglianze e gli squilibri della città: tra centro e periferia, sicurezza e precarietà, inclusione e esclusione, residenti e nuovi cittadini, privilegi e assenza di diritti, servizi efficienti e abbandono delle aree marginali.

Proponiamo di seguito una sintesi rinviando al rapporto per un’analisi più completa.

Imposte, tasse e entrate extra-tributarie: uno squilibrio tra accertamenti e riscossioni

Tra le diverse voci di entrata, il rapporto analizza due tipologie di entrate correnti che sono molto importanti per le amministrazioni pubbliche perché garantiscono le risorse proprie dell’ente, quelle relative a imposte e tasse e quelle relative alle entrate extra-tributarie. Come evidenziano bene i due grafici sottostanti, i dati a consuntivo per gli anni 2017-2020 mostrano uno scarto significativo tra gli accertamenti (i crediti maturati), le riscossioni e i residui di competenza (crediti non riscossi). 

Nel complesso, l’analisi sulle entrate di bilancio dell’amministrazione capitolina mette in evidenza rilevanti criticità dell’ente nella capacità di riscossione, che ha evidenti effetti su tutta la programmazione degli interventi. In sostanza, negli ultimi cinque anni il Comune di Roma sembra aver operato in continuità con gli anni precedenti, senza riuscire a mettere in campo una strategia efficace di contrasto all’evasione e di consolidamento del gettito fiscale comunale.

Le politiche sociali

La pandemia a Roma, come nel resto del paese, è andata ad aggravare una situazione sociale già critica, che aveva visto peggiorare negli ultimi anni molti dei principali indicatori che consentono di misurare il benessere sociale di una comunità. Se le politiche di austerità seguite a livello nazionale e comunitario hanno sicuramente avuto un impatto anche sulle politiche locali, le politiche sociali della Capitale sono state contraddistinte da elementi di criticità peculiari, prima fra tutte la forte disomogeneità della distribuzione dei servizi a livello municipale. Un esempio tra tutti: a livello cittadino il sistema per l’infanzia garantisce 34 posti per 100 abitanti, ma scendendo al livello municipale, i posti disponibili variano da 46 per 100 abitanti nel Municipio X a 20 nel XV°. E, d’altra parte, la copertura dei servizi di assistenza domiciliare rivolti agli anziani è pari all’1,9%, rispetto a una media nazionale del 2,7%.

Il rapporto analizza le risorse stanziate nei bilanci preventivi (anni 2016-2021) e consuntivi (anni 2016-2020) nella Missione 12 del Bilancio. I dati finali a consuntivo 2016-2020, mostrano una spesa sociale corrente in aumento costante, sebbene contenuto, nel corso del tempo. La spesa annuale non raggiunge a consuntivo in ogni caso mai i 700 milioni di euro e la spesa media sociale pro-capite, considerando gli anni 2016-2020, risulta pari a 236,4 euro. Il confronto con Milano, considerando la spesa sociale pro-capite per il solo anno 2018, evidenzia una netta differenza in negativo, mostrando un valore pari a 239 euro contro i 296 di Milano. 

La distribuzione delle risorse per aree di intervento evidenzia che gli interventi per l’infanzia, i minori e gli asili nido, contro l’esclusione sociale e per la disabilità assorbono la maggior parte delle risorse disponibili.

Alcuni problemi sociali strutturali restano a Roma a tutt’oggi non affrontati. La garanzia del diritto all’abitare, la crescita delle diseguaglianze e della povertà, l’inadeguatezza e la distribuzione ineguale dei servizi per la prima infanzia e per l’assistenza agli anziani sul territorio cittadino, la permanenza di un modello di segregazione delle comunità Rom nei campi, un sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati distribuito in modo disomogeneo nei diversi municipi, ancora troppo fondato su strutture di grandi dimensioni e poco capace di costruire effettivi percorsi di autonomia e di inserimento sociale delle persone ospitate, sono solo alcune delle grandi questioni che nella capitale restano ancora oggi irrisolte. 

Secondo Sbilanciamoci!, sarebbe prioritario aumentare gli investimenti nelle infrastrutture sociali, assumere personale, de-istituzionalizzare i servizi per gli anziani e per i minori, creare nuovi servizi per le persone senza fissa dimora, riformare il sistema di affidamento dei servizi premiando la qualità, anziché il contenimento dei costi, e creare un sistema di accreditamento dei gestori dei servizi che richiedono un’alta intensità di lavoro. Un passo fondamentale sarebbe inoltre quello di imboccare la strada di un percorso partecipativo reale, capace di coinvolgere i soggetti sociali nella fase di progettazione degli interventi, nelle scelte di spesa, nel monitoraggio e nella valutazione dei servizi.

Le politiche abitative

Il diritto all’abitare è uno di quelli maggiormente negati nella capitale. Le 13.544 famiglie collocate in graduatoria del Bando Erp 2012, i 10mila nuclei familiari presenti nelle occupazioni, le 1.300 famiglie che vivono ancora nei residence, le migliaia di persone senza fissa dimora che vivono in città, i 4.500 sfratti non eseguiti per sospensione Covid-19 annunciati di recente dal Prefetto di Roma, raccontano una città che non ha saputo, ormai da anni, garantire una casa alle fasce di popolazione più fragili. 

Il 71% delle domande per contributo affitto Covid rigettate, insieme alle molte famiglie che vivono ancora nei (costosi) CAAT (Centri di Assistenza Alloggiativa Temporanea), la scelta di investire nel social housing privato, che arricchisce i grandi costruttori romani, il blocco dei progetti auto-recupero urbano presentati dalle cooperative di residenti, sono scelte che certo non vanno nella giusta direzione. Un piano di recupero dei molti immobili pubblici vuoti e in disuso potrebbe invece assicurare una casa popolare ai molti che non ce l’hanno, senza consumare nuovo suolo.

Le politiche del territorio e ambiente

I principali indicatori che misurano lo sviluppo sostenibile della città registrano, tranne poche eccezioni, un peggioramento.

Nel 2019 ogni cittadino romano ha prodotto 615,5 Kg di rifiuti: tra il 2016 e il 2019 la produzione di rifiuti è aumentata del 3,4%. La raccolta differenziata, di non grande qualità, è pari al 47,2%, molto lontana dall’obiettivo di inizio mandato (65%). I costi per la gestione dei rifiuti sono aumentati, ma poco è stato investito nelle attività di riciclo della differenziata e la percezione della qualità del servizio da parte dei cittadini è peggiorata.

Circa il 35,3% delle vetture circolanti risulta inquinante, rispetto alla media del 34% negli altri grandi comuni. Solo il 4,6% del sistema verde romano è destinato a verde urbano.

L’indicatore di segno meno negativo, in termini comparativi, è la percentuale di suolo consumato, con una copertura artificiale del suolo, pari al 23,23% del totale, di cui circa il 92% consumato in modo irreversibile: crescente, ma tra le più basse dei grandi comuni italiani. 

Fra le città più colpite, Roma presenta un dato clamoroso, visto che, dal 2010 al 2020, si sono verificati 48 eventi estremi, 28 dei quali riguardanti allagamenti per piogge intense.

È quindi evidente che le risorse che dovrebbero essere destinate a questi interventi dovrebbero tenere conto di una città in transizione climatica, che dovrà prevedere interventi significativi.

Il rapporto analizza i dati di bilancio riferiti alla Missione 9 “Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente” cui afferiscono le risorse destinate alla programmazione, al coordinamento, all’amministrazione, al funzionamento e al monitoraggio delle attività e dei servizi connessi alla tutela dell’ambiente, del territorio, delle risorse naturali e delle biodiversità, di difesa del suolo e dall’inquinamento del suolo, dell’acqua e dell’aria, dei servizi relativi all’igiene ambientale, lo smaltimento dei rifiuti e la gestione del servizio idrico. La Missione si articola in tre programmi di intervento: Tutela, Valorizzazione e recupero ambientale, Rifiuti e servizio idrico integrato.

I dati di bilancio a consuntivo 2016-2020 per questa missione mostrano un andamento oscillante della spesa che varia tra gli 876,7 milioni del 2016, gli 864,9 del 2018 e i 907,2 del 2020. La spesa corrente media annuale nel quinquennio è pari a 680.107 euro per chilometro quadro e a 307,3 euro per abitante. Il centro di costo relativo ai rifiuti assorbe, nel periodo in questione, tra il 93,47% e il 90,44% delle spese correnti della missione.

Investimenti e infrastrutture

Nelle indagini che misurano la qualità della vita e le performances delle metropoli europee (European Commission, Report on the quality of life in European cities, 2020, 83 città), Roma è tra quelle che registrano i risultati più deludenti. Alcuni dati esemplari: solo il 5% dei romani usa la bicicletta ogni giorno, solo il 26% è soddisfatto del trasporto pubblico. La soddisfazione per la qualità dell’aria si ferma al 32% e crolla all’8% se si parla della pulizia della città. Si dichiara soddisfatto della capacità di risposta a una richiesta da parte dell’amministrazione pubblica solo il 16% dei cittadini romani intervistati.

Quanto alle performances economiche, è significativo che Roma al luglio 2021 ospiti poco più della metà (1.411) delle start up innovative rispetto a Milano (2.545). 

Anche l’andamento dell’occupazione post crisi 2008 sembra confermare una situazione di sostanziale stallo. Nel 2019 i dati sul tasso di occupazione mostrano un lieve aumento rispetto al 2008 (non tengono naturalmente conto del grande impatto che la crisi pandemica ha avuto sull’economia della città, soprattutto nel settore del commercio e del turismo). Il tasso di occupazione 15-64 anni a Roma capitale nel 2019 è pari al 66,2% (era pari al 64,4% del 2008); nella città metropolitana è pari al 64,1% (nel 2008 era il 62,6%). 

Il supporto pubblico economico allo sviluppo della capitale, soprattutto a partire dalla crisi economico-finanziaria iniziata nel 2008, ha conosciuto una parabola discendente. La percezione di declino della città, diffusa tra i cittadini, trova un suo riscontro nell’incapacità delle amministrazioni pubbliche degli ultimi anni di varare investimenti pubblici capaci di 

rafforzare le infrastrutture cittadine (la rete dei trasporti locali, gli spazi pubblici, i servizi sociali), garantire le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria della città, indirizzare il rilancio dell’economia cittadina.

Aumentare gli investimenti pubblici per le infrastrutture, garantire un risanamento e una gestione delle aziende municipalizzate che consentano di ripianare i debiti accumulati nel corso degli anni e colmare le due maggiori fragilità della capitale: l’inefficienza dei trasporti pubblici e quella della gestione dei rifiuti, sono dunque le priorità. Affinché ciò diventi possibile, come ha suggerito la Corte dei Conti, sarà indispensabile adottare un sistema di governo capace di garantire flussi informativi costanti tra l’ente e le aziende partecipate e un effettivo controllo dei rapporti di natura finanziaria, economica e patrimoniale.

I trasporti pubblici

I passeggeri del trasporto pubblico romano sono diminuiti del 30% in cinque anni. Basterebbe questo dato per evidenziare il fallimento del governo del sistema dei trasporti cittadino. E’ sicuramente complesso gestire i trasporti in un territorio così esteso come quello di Roma, ma tale complessità è accresciuta da un sistema di governo in cui operano molti attori diversi Atac, Roma TPL, Roma Servizi per la Mobilità, Consorzio Metrebus (in liquidazione), Acos (Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma capitale), Trenitalia, solo per citarne alcuni, non coordinati tra loro.

La qualità dei servizi è peggiorata negli ultimi cinque anni sia dal punto di vista dell’offerta, sia sotto il profilo di soddisfazione degli utenti e mostra una distribuzione diseguale nelle diverse aree della città. 

L’età media delle vetture Atac è di 12,9 anni, le fermate di superficie sono diminuite, nel 2019 1,63 milioni di corse di bus sono state soppresse e i guasti sono più che raddoppiati tra il 2015 e il 2019. Uno dei principali nodi critici è la disponibilità di finanziamenti pubblici certi, come dimostra il grande ritardo dei lavori per la metro C, l’unica grande opera realizzata negli ultimi dieci anni, cui si aggiunge l’assenza di pianificazione strategica sia degli investimenti infrastrutturali che della gestione dei servizi.

Tra gli elementi percepiti come più critici da parte dei cittadini: la puntualità, la sicurezza e la frequenza delle corse, mentre l’economicità riceve un giudizio migliore (Report on the Quality of Life in European Cities, 2020).

Nel bilancio comunale le risorse destinate ai servizi pubblici ammontano a 1,2-1,5 miliardi l’anno. Nel 2020 sono stati stanziati 1,36 miliardi; nel 2021 1,45 miliardi; il 60%-65% destinato alle spese correnti; il 30-40% agli investimenti. Nel 2020 il Comune ha speso oltre 870 milioni per contratti di servizio pubblico, nel 2019 erano stati 958.

In prospettiva, la creazione di un soggetto unico interamente pubblico incaricato di programmare, coordinare e gestire l’intera rete di trasporto pubblico della capitale (ed eventualmente regionale) potrebbe aumentare l’efficienza del servizio. Lo sblocco del completamento dell’anello ferroviario potrebbe offrire l’opportunità di aumentare la velocità delle linee ferroviarie urbane. Un maggiore impiego delle nuove tecnologie potrebbe favorire il buon funzionamento e l’affidabilità della rete di trasporti cittadina, contribuendo a diminuire il parco di automobili private circolanti e l’inquinamento che ne deriva.

La qualità del benessere a Roma

Il Rapporto BES 2020 sulla città metropolitana, evidenzia che, rispetto al dato nazionale, la metropoli è indietro sulla produzione delle energie rinnovabili e sulla disponibilità di metri quadri di verde per abitante (la metà rispetto al dato nazionale); ha un indice di sovraffollamento delle carceri superiore alla media nazionale, un dato sull’inquinamento peggiore, un ritardo maggiore rispetto al resto del paese sul rilascio dei permessi di soggiorno ai cittadini stranieri e una raccolta differenziata dei rifiuti inferiore di sedici punti rispetto a quella nazionale.

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