Regionali 2023: basta parlare di “vittoria”

Comunicato stampa 23 febbraio 2023

La tornata elettorale regionale appena conclusa riguardava due delle Regioni più popolose d’Italia e quasi 13 milioni di aventi diritto. L’esito e l’analisi del voto ci consegna un dato drammatico: l’astensione supera il 60%, dimezzando quasi il numero degli elettori e delle elettrici che si erano recati alle urne nel 2018.

In tutto ha votato circa il 40% degli aventi diritto: l’affluenza, rispetto alla tornata elettorale del 2018, è crollata di 30 punti. Nello specifico, in Lombardia hanno votato 3 milioni (41,7%) di persone su quasi 8 milioni di aventi diritto, contro il 73,1% nel 2018. Nel Lazio invece hanno deciso di esprimere la propria preferenza 1,5 milioni (37,2%) su quasi 5 milioni aventi diritto. Nel 2018 la percentuale era stata del 66,6%. L’astensione questa volta è stata trasversale e non ha riguardato una fascia specifica della popolazione. L’8% di chi si è astenuto risulta essere un lavoratore autonomo, con la stessa identica percentuale tra chi ha votato. I disoccupati sono all’8% tra gli astenuti e al 7% tra gli elettori e le elettrici, le casalinghe al 14% nel primo caso e all’11% nel secondo, gli studenti e le studentesse al 3 e al 4%, i dipendenti pubblici al 14 e al 12%, quelli privati al 31 e al 33%. Lo stesso si può dire analizzando i titoli di studio. Dalle elezioni politiche del 2022 però sappiamo che delle 16,5 milioni di persone che si sono astenute dal voto, il 47% fanno parte delle fasce più povere – o per meglio dire impoverite – della popolazione.

Il Paese, di fronte alla perdita di diritti su sanità, istruzione, lavoro, salario, partecipazione e molto altro, ha scelto di rinunciare a un diritto in più, quello ad esprimere, con il proprio voto, la preferenza verso chi vuole lo rappresenti nelle istituzioni. Un dato che non è solo un numero. Che racconta lo scollamento sempre più ampio tra la politica istituzionale e il Paese reale e che restituisce l’idea condivisa da milioni di persone per cui la politica non sia più lo strumento attraverso il quale cambiare la propria condizione materiale ed esistenziale. La distanza tra la politica e il Paese è tutta in quel 60%, che dovrebbe terrorizzare chi si candida ad amministrare la nazione con “la Costituzione più bella del Mondo” ma invece non sembra interessare molti.

Abbiamo visto forze politiche di centrodestra esultare per una “vittoria nettissima”, nonostante abbiano ricevuto poco più di un milione di voti su 8 milioni di aventi diritto; altre di centrosinistra che – invece di sentire il dolore della sconfitta, interrogarsi e fare autocritica – hanno festeggiato con fuochi d’artificio e striscioni la vittoria di un singolo candidato e del suo potere personale all’interno del “clan” politico di appartenenza. Lo diciamo con fermezza: con un astensionismo a questi livelli non c’è “vittoria” per nessuna forza politica che abbia a cuore la democrazia. Si tratta di una atroce sconfitta per la Repubblica.

Siamo tutte e tutti preoccupati dalle dichiarazioni rilasciate dalle varie forze politiche a commento del risultato elettorale. Mancano risposte concrete ed efficaci, mentre si continuano a spendere sempre più soldi per armi e per un modello industriale e produttivo che non garantisce lavoro, salute, diritti e pace, contribuendo a mettere a rischio l’intera umanità. In assenza di proposte concrete alternative e di investimenti su una diversa politica economica, le prospettive del Paese sono catastrofiche.

Non crediamo che la scelta sia tra accettare una politica senza visione, sempre più legata a logica da clan, oppure limitarsi a praticare mutualismo nei territori costruendo comunità solidali e accoglienti basate sui valori della partecipazione, della cura e della reciprocità. Abbiamo bisogno di molto di più. Vogliamo molto di più!

Per questo nel luglio scorso abbiamo messo al centro del confronto con le forze politiche la nostra Agenda Sociale: 7 punti che esprimono i bisogni della maggioranza del Paese reale, pensata e promossa da chi subisce ogni giorno sulla propria pelle gli effetti della crisi sociale, culturale, economica ed ecologica. Tutte le realtà sociali e sindacali che hanno sottoscritto l’Agenda Sociale ritengono questa l’unica strada possibile per mobilitare su obiettivi concreti quella parte della popolazione che ha disertato le urne.

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