Il 2 agosto sarà l’Earth overshoot day: l’estratto conto del Pianeta è in rosso

Si avvicina il giorno in cui l’umanità consuma tutti i beni prodotti dalla Terra per l’anno in corso. L’Italia è tra i Paesi peggiori. Mentre nel mondo 5,8 miliardi di persone soffrono gli effetti dell’emergenza ambientale, la politica è inerte

Si muore di caldo. E se non ti uccide l’afa, a farlo può essere un pezzo di ghiaccio che cade dal cielo o una tromba d’aria, una mareggiata, un’alluvione o una montagna che si stacca. Siamo continuamente esposti a rischi mai visti. Gli eventi estremi sono triplicati nel corso del decennio, mentre la nostra salute peggiora a causa del più grande killer al mondo, così lo chiama l’Oms: l’inquinamento atmosferico. Unito al surriscaldamento della Terra, minaccia quotidianamente le nostre vite. Ma tutto ciò non fa cambiare scelte a chi governa, anzi. L’estratto conto del Pianeta è sempre più in rosso.

Quest’anno l’Earth overshoot day, il giorno del sovrasfruttamento della Terra, è il 2 agosto. Il calcolo è effettuato dal Global footprint network. L’organizzazione di ricerca internazionale, partendo dalla domanda della popolazione (impronta ecologica) e dall’offerta di risorse e servizi ecosistemici che la Terra rigenera e organizza in un intero anno (biocapacità), è in grado di calcolare il giorno nel quale l’umanità consuma tutte le risorse prodotte dal Pianeta. Con analogo meccanismo è possibile individuare il Country overshoot day per ciascun Paese.

L’Italia è tra quelli messi peggio. Il 15 maggio è il giorno in cui consumiamo tutta le risorse a disposizione per l’anno. Vuol dire che dal 16 maggio iniziamo a erodere le riserve future. Se tutti avessero la nostra impronta ecologica ci vorrebbero 2,7 Pianeti in più per soddisfare i bisogni della popolazione mondiale. Peggio fanno solo Danimarca, Belgio e Finlandia in Europa.

Questo dimostra che le scelte fatte per affrontare la crisi ecologica sono concepite per non cambiare nulla del sistema produttivo ed energetico. La perdita di biodiversità e il collasso climatico causato dall’aumento della concentrazione di gas serra fanno crescere povertà e disuguaglianze sociali, così come il numero di profughi ambientali, il rischio pandemie e di guerre per il controllo delle risorse naturali. Oggi nel mondo sono 5,8 miliardi le persone colpite dagli effetti della crisi ecologica, sempre più di sistema e di paradigma di civiltà. Crisi sociale e crisi ambientale non sono separate ma strettamente connesse. Solo cambiando strutturalmente il nostro modello sociale ed economico potremo risolverle.

La scienza ne è consapevole dall’inizio degli anni ’70. The limit to growth, i limiti della crescita economica capitalista erano già stati studiati. Consumare più risorse di quelle che i nostri servizi ecosistemici sono in grado di rigenerare e auto-organizzare avrebbe prodotto catastrofi e guerre, modificando nel profondo la natura dell’essere umano. Da più di 50 anni questo deficit ecologico continua a crescere. È la prova inconfutabile del fallimento del modello culturale ed economico tecno-capitalista. Negarlo come fanno le destre in Italia e nel mondo è criminale.

Il passato non determina necessariamente il nostro futuro. Ma le nostre scelte attuali sì. L’hanno imparato i movimenti per la giustizia ambientale ed ecologica, nati in risposta al vuoto lasciato dalla politica. Sono loro gli unici soggetti che lavorano per combinare proposte coerenti ed efficaci con la visione di cui abbiamo bisogno, allargando la consapevolezza nella popolazione. La speranza non va invocata ma praticata con scelte coerenti. Perché senza un’idea di società, di mondo, di etica non c’è politica ma solo tecnica. E non sarà questa a salvarci.

https://espresso.repubblica.it/opinioni/2023/08/01/news/earth_overshoot_day-409175242/

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