APPELLO – LA NUOVA LINEA FERROVIARIA TORINO-LIONE: RIAPRIRE IL CONFRONTO

Dopo trent’anni di proclami e di progetti il TAV Torino-Lione è ancora ai blocchi di partenza, essendo state realizzate solo alcune opere preparatorie, anche se «l’avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera» è stato autorizzato dal Parlamento che ha ratificato precedenti accordi tra Italia e Francia.

Nel frattempo molte cose sono cambiate. La linea originariamente programmata è diventata un semplice “asse ferroviario” in cui si alternano nuove tratte progettate per sostenere l’alta velocità e tratte della preesistente linea storica (così facendo venir meno anche la coerenza interna del progetto). La Francia, pur senza mettere in discussione il tunnel di base di 57 km nella zona di confine, ha rinviato di decenni la scelta riguardante le rimanenti tratte comprese nel suo territorio. L’Italia ha ribadito l’intenzione di realizzare il tunnel (assumendosi, in maniera del tutto irrazionale, l’onere del 58 per cento delle relative spese benché esso insista sul territorio italiano solo per il 21 per cento) ma ha allo stesso tempo seguito nei fatti l’esempio francese per gran parte delle tratte site nel proprio territorio, salvo mascherare il rinvio con motivazioni meno trasparenti.

In questo quadro è stato pubblicato nei giorni scorsi un documento dell’Osservatorio per la Torino-Lione istituito presso la Presidenza del Consiglio in cui si riconosce che «molte previsioni fatte 10 anni fa, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Unione Europea, sono state smentite dai fatti», salvo poi giustificare comunque la realizzazione del tunnel di base e di altri interventi non meno devastanti in territorio italiano adducendo nuove opinabili ragioni concernenti l’asserita necessità di ammodernare un’infrastruttura obsoleta e non integrata.

Siamo, dunque, di fronte a un’opera progettata e studiata per far fronte a un aumento a suo tempo definito insostenibile dei traffici che viene infine deliberata dandosi atto del conclamato venir meno di tale presupposto. Si tratta di un’evidente anomalia tanto più grave se si considera che le “nuove ragioni” non sono sorrette da alcuna analisi indipendente dei costi-benefici e del ciclo di vita dell’opera e sono contestate da autorevoli tecnici di diversa estrazione, con riferimento sia agli studi previsionali sia ai modelli analitici utilizzati (la cui scarsa attendibilità ha determinato, alcuni mesi fa, la presentazione alla Procura della Repubblica di Roma, da parte di diversi soggetti tra cui alcuni sindaci della Valle, di un esposto tuttora – a quanto consta – in fase di indagini preliminari).

In tale contesto elementari ragioni di trasparenza e di prudenza impongono un supplemento di riflessione e la riapertura da parte del Governo di un confronto con la popolazione locale, le istituzioni interessate, i tecnici da queste nominati e, più in generale, il mondo degli studiosi e dell’economia.

Per questo rivolgiamo alla politica e alle autorità di governo un appello pressante. La decisione di costruire la linea ferroviaria è stata presa quasi trent’anni fa. Oggi tutto è cambiato (sul piano delle conoscenze dei danni ambientali, nella situazione economica, nelle politiche dei trasporti, nelle prospettive dello sviluppo) e i lavori per il tunnel di base non sono ancora iniziati. Aprire un tavolo di confronto reale su opportunità, praticabilità e costi dell’opera e sulle eventuali alternative non provocherebbe, dunque, né battute d’arresto né ritardi. Sarebbe, al contrario, un atto di responsabilità e di intelligenza politica. Un tavolo di confronto pubblico e trasparente, con la partecipazione di esperti nazionali e internazionali, da convocare a breve, è nell’interesse di tutti. Perché c’è bisogno di capire per decidere di conseguenza, confermando o modificando la scelta effettuata in condizioni del tutto diverse da quelle attuali.

Chiediamo dunque alle forze politiche e alle autorità di governo di aprire una nuova fase, di ascoltare i tecnici che da tempo studiano il problema, di non deludere tanta parte del Paese, di dimostrare con i fatti che si vuole davvero perseguire l’interesse pubblico. Lo chiediamo con forza e con urgenza, consapevoli che ad essere in gioco è anche la credibilità delle istituzioni, sempre più delegittimate dal perdurante rifiuto di prendere in considerazione le istanze e le aspettative dei cittadini.

23 febbraio 2018

Sandra Bonsanti (giornalista e scrittrice)  Massimo Bray (già ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo) Francesca Chiavacci (presidente nazionale Arci) Stefano Ciafani (direttore generale Legambiente) don Luigi Ciotti (presidente Libera e Gruppo Abele) Vittorio Cogliati Dezza (ambientalista) Paolo Cognetti (scrittore) Gastone Cottino (già preside della Facoltà di giurisprudenza di Torino) Vezio De Lucia (urbanista) Giuseppe De Marzo (economista, coordinatore della Rete dei Numeri Pari) Vittorio Emiliani (giornalista e scrittore) Carlo Freccero (autore televisivo e scrittore, componente Consiglio di amministrazione Rai) Mauro Furlani (presidente Federazione nazionale Pro Natura) Nadia Fusini (scrittrice e critica letteraria) Elio Germano (attore) Paul Ginsborg (storico) Valter Giuliano (giornalista e ambientalista) Franco Marcoaldi (poeta) Valerio Mastandrea (attore) Luca Mercalli (metereologo e climatologo) Tomaso Montanari (storico dell’arte, presidente Libertà e Giustizia) Giorgio Nebbia (ambientalista) Moni Ovadia (attore e drammaturgo) Giovanni Palombarini (magistrato) Livio Pepino (magistrato) Riccardo Petrella (economista) Christian Raimo (scrittore) Marco Revelli (storico e politologo) Paolo Rumiz (giornalista e scrittore) Salvatore Settis (archeologo e storico dell’arte) Gino Strada (medico, fondatore di Emergency) Gianni Tognoni (medico, segretario Tribunale permanente dei popoli) Sergio Ulgiati (professore di Analisi del ciclo di vita e Certificazione ambientale) Edoardo Zanchini (vicepresidente nazionale Legambiente) ETC ETC.

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