Referendum 8 e 9 giugno: il punto di vista della Rete dei Numeri Pari

“14 milioni ci cittadine e cittadini alle urne non sono stati sufficienti a raggiungere il quorum.
Indispensabile continuare a fare ognun@ la propria parte, rafforzando la partecipazione per portare avanti l’impegno per i diritti e la democrazia”

10 giugno 2025 –  In occasione del voto referendario dell’8 e 9 giugno oltre 14 milioni di cittadini e cittadine si sono recati alle urne. Non è stato sufficiente per ottenere il quorum necessario, quello della metà dei votanti più uno. I cittadini che si sono recati alle urne sono stati circa il 30%. Una buona notizia comunque, perché senza partecipazione la democrazia rimane un feticcio. Ma non possiamo non essere preoccupati dal continuo arretramento della partecipazione pubblica. Un cittadino su due non ha votato alle ultime elezioni politiche. Così come alle amministrative. In questa tornata referendaria due su tre. Eppure la politica e chi governa non sembra ritenere la diminuzione costante della partecipazione delle cittadine e dei cittadini alle principali scelte del Paese una vera e propria emergenza democratica. Una situazione che evidentemente ha radici profonde, interroga la nostra idea di civiltà, il nostro modello sociale e le modalità di coinvolgimento della cittadinanza.

Noi crediamo che alla crisi della democrazia si risponde con maggiore democrazia, avendo fiducia nel contributo della cittadinanza e nell’impegno diffuso che parte dal basso. Rafforzando l’istituto referendario, perché rappresenta una forma di democrazia diretta indispensabile e ancora più utile in una fase storica in cui la politica sembra non volersi porre domande scomode e il modello economico non garantisce più il lavoro, la salute e la pace sociale. Il Governo Meloni, invece, vuole alzare il numero di firme da raccogliere per indire i referendum, passando da 500 mila a un milione. Al Governo Meloni non è bastato promuovere e sostenere l’astensione boicottando di fatto la discussione sui referendum. Ora vuole chiudere definitivamente qualsiasi spazio di protagonismo ai cittadini e alle cittadine che, nel mezzo della peggiore crisi della partecipazione mai vista nella storia della Repubblica, continuano a esercitare il loro diritto e dovere di partecipare alla vita democratica del Paese. Invece di premiare la partecipazione, viene scoraggiata e ostacolata. Noi invece chiediamo al Governo e al Parlamento di lavorare per abbassare il quorum dei referendum abrogativi, così da salvaguardare uno strumento fondamentale per la democrazia e per poter ricostruire la partecipazione della cittadinanza. Quorum che come sappiamo non è previsto per eleggere il Parlamento.

La crisi della democrazia e delle sue forme ci riguarda tutti e tutte. Ignorarlo riducendo ulteriormente gli spazi di democrazia trattando le cittadine e i cittadini come consumatori aumenta la crisi, non la riduce. Perché le ragioni che hanno spinto tante realtà sociali come le nostre a impegnarsi non sono certe cambiate. Le disuguaglianze rimangono il principale problema del nostro Paese. Precarietà, insicurezza ed esclusione sociale continuano a crescere, come denunciano i dati e le analisi sulla situazione. Le prospettive sono ancora peggiori, considerando le scelte del Governo di investire risorse pubbliche per armi e modelli industriali inquinanti e a bassa intensità di lavoro. Una vera e propria economia di guerra che continuerà a peggiorare la nostra condizione complessiva.

Per questo come cittadine, cittadini, reti sociali e movimenti popolari crediamo sia indispensabile continuare a fare ognuno la propria parte, rafforzando la partecipazione per portare avanti gli impegni che riteniamo prioritari per vedere finalmente riconosciuti nel nostro Paese il diritto alla casa, alla salute, all’istruzione, al reddito, al salario giusto, alla partecipazione, all’ambiente e alla pace. Non per noi ma per tutti e tutte!

 

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