Dal 2008 a oggi l’impatto della crisi e delle politiche di austerità ha aggravato una tendenza strutturale già in atto dagli anni ottanta a sacrificare gli obiettivi di giustizia sociale e riduzione delle disuguaglianze. Un approccio condiviso da amministrazione pubbliche, imprese e organizzazioni sociali di ogni genere, come se non vi fosse più nessuna alternativa all’aumento delle disuguaglianze e dell’esclusione sociale. In assenza di alternative e innovazioni in ambito socioeconomico, ne sono usciti fortemente indeboliti non solo il welfare, già storicamente sottofinanziato e a macchia di leopardo, ma anche i processi di partecipazione e inclusione sociale. La conseguenza è stata un aumento senza precedenti nella storia della Repubblica di povertà e disuguaglianze economiche, sociali, di genere, geografiche e di riconoscimento, a cui si accompagnano l‘impoverimento delle relazioni sociali, l’indebolimento delle comunità e il calo delle loro capacità di reazione.
È in questo contesto che si sono moltiplicate le iniziative di natura civica e spontanea che hanno dato vita a pratiche di mutualismo solidale ed ecologico. In molti casi veri e propri servizi alla persona, in altri casi attività imprenditoriali capaci di stare sul mercato, punti di riferimento di natura comunitaria per un numero sempre più ampio di persone. Pur nella diversità delle pratiche ed esperienze, esse sono accomunate da alcune caratteristiche fondamentali: reciprocità, solidarietà, azione collettiva, scambio differito. Siamo dinanzi a risposte che fanno emergere un nuovo campo costituito da nuove soggettività sociali, impegnate attraverso il mutualismo a ridefinire quasi in maniera inconsapevole forme di democrazia più efficaci e nuovi concetti di cittadinanza.
La crisi sanitaria, sociale ed economica causata dal Covid19 ha allargato e sta allargando le disuguaglianze già esistenti, esponendo alla povertà relativa e assoluta la fetta di popolazione che viveva di lavoro precario, nero o “grigio” e con l’arrivo del lockdown di marzo 2020 si è trovata senza reddito e garanzie. Il Covid non ha colpito tutte le persone allo stesso modo, anzi – in assenza di risposte efficaci e di investimenti nella sanità pubblica, nella prevenzione e nella medicina territoriale – ha colpito maggiormente le persone più fragili, quelle già escluse e impoverite dalla crisi degli ultimi trent’anni. I dati pubblicati dall’ISTAT lo scorso 16 giugno ci restituiscono un quadro in cui 5,6 milione di persone vivono in povertà assoluta, di cui il 13,6% sono minori. Al netto dello scorso anni, si registrano un milione di persone in più in povertà assoluta toccando il valore più elevato dal 2005.
Questo ha spinto molte realtà sociali nate durante la crisi – insieme ad altri soggetti già presenti – a promuovere e poi strutturare diverse pratiche mutualistiche per dare risposte immediate alla crisi delle loro comunità. Lo hanno fatto rafforzando esperienze già in essere ma anche creandone di nuove al fine di dare risposte concrete in questo momento drammatico.
Queste reti mutualistiche hanno dimostrato una capacità di lettura del modo in cui la crisi si manifestava nei territori e una capacità di intervento contestuale al dispiegarsi della crisi. Hanno messo in campo pratiche di solidarietà e cooperazione ma al tempo stesso hanno posto interrogativi sull’adeguatezza delle risposte della politica e delle attuali forme della democrazia e avanzando proposte concrete.
Molti sono gli esempi di come queste pratiche, spesso autonome da forme codificate di organizzazione, non si limitino a integrare l’intervento pubblico o sopperire alle sue carenze ma ne spronano la trasformazione. Promuovendo nuove forme di partecipazione che rafforzano la cittadinanza attiva e ricostruendo relazioni comunitarie, queste pratiche contribuiscono all’affermazione di territori più coesi e inclusivi, tornando a dare valore alle aspirazioni fondamentali delle persone.
Queste pratiche di mutualismo sono presenti in contesti diversi. Possono ritrovarsi all’interno di forme tradizionali di cooperazione o possono esprimersi in modi nuovi (sotto forma di comitati, cooperative o Fondazioni di comunità) che cercano strade originali di organizzazione, di rapporto tra privato, pubblico, sociale e di rete per rispondere ai nuovi bisogni.
Si manifestano in modi fortemente legati a opportunità o emergenze territoriali con l’obiettivo di ricercare poi una connessione fra le altre realtà che operano sul territorio. È questo il caso delle oltre 400 esperienze di mutualismo oggi collegate fra loro nelle Rete dei Numeri Pari e attive in tutto il Paese in molteplici campi di attività: produzione per il mercato, accesso al cibo, servizi fondamentali, cultura/sport/partecipazione.
Vai alla mappa della Geografia della speranza e scopri le attività di mutualismo portate avanti dalla Rete dei Numeri Pari.
Questo patrimonio di esperienze e di pratiche continua a non essere riconosciuto, accompagnato e sistematizzato e non si traggono gli insegnamenti e le dovute conseguenze in termine di scelte politiche e amministrative.
Le nuove pratiche di mutualismo rischiano di restare precarie, di essere esposte alla volatilità delle circostanze e del ciclo politico, di non essere studiate per estrarne gli ingredienti che potrebbero consentire di rimuovere gli ostacoli alla loro diffusione e, più ancora, di coglierne il portato propositivo e innovativo – benché di lunga tradizione – sul piano dell’organizzazione sociale, della democrazia e della giustizia ecologica.
Da ottobre 2019 la Rete dei Numeri Pari, insieme al Forum Disuguaglianze e Diversità e al Gran Sasso Science Institute, ha dato vita al progetto “La pienezza del vuoto – studio e analisi delle pratiche di mutualismo solidale della Rete dei Numeri Pari” che si propone un duplice obiettivo: da un lato rafforzare la consapevolezza, la qualità e la robustezza delle esperienze di mutualismo in corso all’interno della Rete dei Numeri Pari, dall’altro diffondere le pratiche come strumento di coesione sociale e territoriale in altre aree. Sarà così possibile indagare il ruolo del mutualismo sociale all’interno delle comunità, anche come risposta all’aumento delle disuguaglianze, economiche, sociali e di riconoscimento, della povertà e dell’esclusione sociale e come argine alla penetrazione della criminalità organizzata nei territori.
Questo rappresenta per la prima volta una grande opportunità per contribuire, tra soggetti sociali e accademia, a rafforzare anche nel nostro Paese la consapevolezza che solo la cooperazione e la solidarietà massimizzano i risultati per tutti nel lungo periodo.