La Consulta boccia la legge regionale: i diritti non comprimibili per bilancio

Garantire i diritti fondamentali è obbligo della Repubblica ed i vincoli imposti in questi anni dal pareggio di bilancio che ne limitano l’esigibilità una palese violazione Costituzionale. A stabilirlo la sentenza del 16 dicembre della Corte Costituzionale n.275/2016, in merito ad una controversia tra Regione Abruzzo e Provincia di Pescara sul servizio di trasporto scolastico per studenti disabili. La sentenza ha stabilito che le garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non possono essere condizionate da motivi di bilancio.

La Regione Abruzzo aveva negato una parte del finanziamento del 50% per il servizio trasporto degli studenti disabili alla Provincia di Pescara, in quanto l’articolo 6 comma 2-bis della legge regionale n.78 del 1978, aggiunto all’art.88 comma 4 del 2004, prevede l’erogazione «nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa». La Corte Costituzionale ha invece ritenuto illegittima la legge della Regione, spiegando che «il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali, è di tutta evidenza che la pretesa violazione dell’art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio, sia con riguardo alla Regione che alla Provincia cofinanziatrice. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione».

La sentenza conferma ciò che da anni continuiamo a dire insieme a tantissimi altri con campagne e mobilitazioni sociali: la costituzionalizzazione portata avanti con il governo Monti del dogma delle politiche di austerità attraverso la modifica dell’art. 81 della Carta, sostenuta da tutti i governi che si sono fin qui succeduti, è in aperto contrasto con gli obiettivi della nostra Costituzione che mette al centro i diritti sociali ed il loro soddisfacimento per rendere tangibile il rispetto della dignità umana. Questo limite invalicabile, l’intangibilità della dignità umana, stabilisce i confini della nostra civiltà, messa oggi in discussione da un attacco senza precedenti al valore più alto a cui si ispira la Carta.

È a causa dei tagli al welfare ed ai servizi sociali giustificati dalla politiche di austerità che sono esplose povertà e disuguaglianze nel nostro paese. L’aver ridotto le politiche sociali a variabile dipendente dai voleri del mercato e della finanza ha determinato un aumento senza precedenti della povertà e dell’esclusione sociale nella storia del nostro paese. Ce lo ha ricordato lo scorso 20 maggio il presidente dell’Istat, Alleva, quando ha presentando l’ultimo rapporto statistico. Alleva ha denunciato come il welfare italiano non abbia i mezzi per rispondere all’aumento di povertà e disuguaglianze che continueranno a crescere. I diritti sociali se non vengono garantiti con adeguati finanziamenti non possono svolgere il compito pensato dalla Carta.

L’universalismo  selettivo che guida le politiche di austerità produce invece una cultura fondata sul darwinismo sociale, una sorta di “neo-selezione naturale”. Chi non ce la fa, chi non compete costantemente, chi non è disposto alla scorciatoia o non si adegua è un perdente e non merita nessuna comprensione da una società che stigmatizza e deride chi rimane indietro, i più fragili, e ultimamente criminalizza persino chi è solidale o coopera con gli altri. Una delle conseguenze di questa cultura è l’istituzionalizzazione delle disuguaglianze, alla quale segue la guerra del povero contro il più povero, che conduce in assenza di forti anticorpi sociali al razzismo ed alla xenofobia.

E’ innegabile dai dati e dalla drammatica situazione sociale delle periferie delle nostre città come le politiche sociali messe in campo dall’ultimo governo Renzi abbiano favorito questo esito, e non certo risolto il problema; non hanno diminuito le disuguaglianze o frenato la fiera delle stupidaggini e delle semplificazioni razziste e xenofobe dispensate a piene mani da politici a cui dell’interesse generale, del bene comune e dei diritti degli “italiani” non è mai fregato nulla.

Oggi la sentenza  della Corte Costituzionale 275 evidenziando gli errori, le incapacità e l’assenza di visione di un’intera classe dirigente politica, legittima e rende ancor più urgente e necessario l’impegno di ciascun cittadino e delle reti sociali chiamate alla sfida di realizzare gli obiettivi dalla Carta. Per questo oggi siamo ancora più convinti e consapevoli di dover lottare con più forza per introdurre il Reddito di Dignità, rifinanziare il fondo nazionale politiche sociali e mettere le spese sociali fuori dal patto di stabilità così da garantire i servizi nelle città e la dignità di milioni di persone. Insieme a questo, chiederemo l’abolizione della modifica dell’art 81 prodotta da un parlamentare eletto con una legge elettorale incostituzionale che ha acriticamente accettato i dogmi delle politiche di austerità, allargando ulteriormente la crisi e aumentando le disuguaglianze. Ce lo chiede la Carta!

Articolo pubblicato su il Manifesto del 28 dicembre 2016

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