L’ecologismo dei poveri come strumento di democrazia

19 febbraio 2019 

Mai come ora la decennale crisi sta palesando l’insostenibilità  politica e sociale di un modello di sviluppo che dimostra ogni giorno la sua inadeguatezza. Diseguaglianze in aumento, cambiamento climatico e rifugiati ambientali sono tutte facce di una stessa battaglia non più rimandabile che la politica sembra voler ignorare e scaricare sui più deboli.

Un gruppo di ricercatori europei, analizzando i dati sui richiedenti asilo di 157 paesi forniti dell’UNHCR, i dati dell’ indice SPEI (The Standardised Precipitation-Evapotranspiration Index) e del Center for Peace and Conflict Research dell’Università di Uppsala (Svezia), ha dimostrato il nesso causale che lega i tre fattori.

Un nesso allarmante che, in Italia, la Rete dei Numeri Pari denuncia da anni e vi contrappone l’educazione popolare, l’ orizzontalità, la giustizia sociale, il mutualismo, la creatività e la decolonizzazione del potere, strumenti e pratiche che l’ecologismo dei poveri utilizza per costruire la democrazia.

Garantire l’integrità ecologica degli ecosistemi, di cui anche l’uomo è parte, non può che assicurare il buon vivere e offrire una soluzione ad un modello economico sostenibile, equo, che deve sapersi adattare ai limiti del pianeta. Una sostenibilità, come raccontato da De Marzo nel libro “Per Amore della Terra”, che deve inglobare in sé il concetto di giustizia, riconoscere i diritti della natura e ripudiare il liberismo economico, fondato su uno schema di civilizzazione che penalizza principi come la libertà e l’uguaglianza. Il principale obiettivo del paradigma di giusta sostenibilità allora consisterà nello sviluppo di comunità sostenibili, o comunità della vita, attraverso scelte coerenti con i principi della giustizia ambientale ed ecologica.  Solo così si potrà porre un argine alle crescenti disuguaglianze e ai cambiamenti climatici, promuovendo una riconversione ecologica delle strutture produttive ed energetiche, i diritti dei lavoratori per un lavoro sicuro, il rispetto per le diversità culturali, la possibilità per tutti di poter partecipare alle decisioni, la pubblicizzazione dei servizi basici, la difesa dei beni comuni e dei beni insostituibili ed indispensabili alla vita, forme di democrazia partecipata e comunitaria, politiche sociali di inclusion e forme educative interdisciplinari ed interculturali.

Martina Di Pirro

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