Eni cerca petrolio in Albania, ma il permesso ambientale non c’è

Il cane a sei zampe è alla ricerca di petrolio e gas nel blocco Dumre, una concessione onshore con monumenti naturali e aree protette. Ma non è stata fatta la valutazione di impatto ambientale

29 luglio 2021 – Redazione
lavialibera

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di Alice Chambers, giornalista irlandese
   Francesca Dalrì, redattrice lavialibera
   Inva Hasanaliaj, giornalista di Faktoje (Albania)

Il 20 dicembre 2019 il colosso petrolifero italiano Eni si è aggiudicato un nuovo contratto in Albania per l’estrazione di petrolio e gas nel blocco onshore denominato Dumre. In un evento di alto livello a Tirana, il primo ministro albanese Edi Rama, il ministro delle Infrastrutture e dell’Energia Belinda Balluku e l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi hanno celebrato il ritorno di Eni in Albania dopo 20 anni e i rinnovati legami commerciali tra i due Paesi. Accordi per cui la multinazionale italiana del petrolio si è impegnata a spendere almeno 50,5 milioni di dollari.

Situata a circa 40 chilometri a sud della capitale albanese Tirana, la concessione si estende per 587 chilometri quadrati in una nota area faunistica con molti laghi. Tra questi, due sono laghi carsici considerati monumenti naturali: tutte le attività umane che potrebbero danneggiarli sono vietate dalla legge albanese. Il governo ed Eni hanno più volte garantito che l’ambiente è una priorità nel contratto. Ma al di là delle promesse – e nonostante “Eni abbia iniziato a svolgere le operazioni di esplorazione” a febbraio 2021, come affermato dal Ministero delle Infrastrutture e dell’Energia in risposta a una nostra richiesta – ad oggi la società non ha effettuato alcuna valutazione di impatto ambientale (Via). Di più: dopo un anno e mezzo dalla firma del contratto, Eni non possiede nessuna delle autorizzazioni ambientali necessarie per operare secondo la legge albanese. “Se davvero non c’è nessun permesso ambientale – commenta Mihallaq Qirjo, direttore del Resource environmental center in Albania – i lavori dovrebbero fermarsi immediatamente e la società potrebbe essere perseguita”.

Per mesi abbiamo inviato richieste per visionare i permessi ambientali, ma né il governo albanese né l’Eni sono stati in grado di fornirceli. Eni ha dichiarato di aver completato lo studio di fattibilità per i lavori di prospezione geofisica, di star lavorando per ottenere la valutazione di impatto ambientale e ha assicurato che la controllata “Eni Albania non potrà operare fino al rilascio del relativo permesso ambientale”. Il governo ha evitato di rispondere alla domanda. La Direzione albanese per la Via ha affermato di non aver mai ricevuto alcuna richiesta. Il processo per ottenere una Via nel Paese è noto per essere fallimentare. Più esperti parlano di un esercizio di pura compilazione. Eppure, affermano, questo renderebbe ancora più grave il fatto che Eni non ne abbia una. Secondo uno di loro (che chiede di rimanere anonimo per paura di ritorsioni) per operare legalmente Eni avrebbe già dovuto ottenere il permesso ambientale.

Cosa prevede il contratto

La gara internazionale per l’esplorazione, lo sviluppo e la produzione di idrocarburi liquidi nel blocco Dumre è stata pubblicata per la prima volta il 19 settembre 2019 dall’Agenzia nazionale albanese delle risorse naturali (Akbn) che rappresenta il ministero delle Infrastrutture e dell’Energia. Il colosso petrolifero italiano Eni è stato l’unico a partecipare. Il 20 dicembre 2019 la società si è così aggiudicata il contratto tramite la sua controllata Eni Albania BV (registrata ad Amsterdam il 4 dicembre). Per l’Agenzia, la firma è stata preceduta da un anno di lavoro preliminare tra Akbn ed Eni, un processo che ha comportato “intensi incontri di esperti e trattative”. Il contratto è entrato in vigore il 4 marzo 2020.

L’azienda ha cinque anni di tempo per sondare la redditività del blocco e decidere se iniziare l’estrazione o andarsene. Un periodo nel quale Eni potrà scavare un primo pozzo esplorativo. Da contratto, la società si è impegnata a spendere 35 milioni di dollari per il pozzo e almeno 11 milioni di dollari aggiuntivi per altri lavori sismici e geologici. In aggiunta, Eni pagherà un “bonus di firma” di 4 milioni di dollari all’Akbn, più 500mila dollari per ogni anno di ricerca sul campo precedente alla trivellazione. Il contratto istituisce infine un fondo di formazione e amministrazione di 600mila dollari all’anno a beneficio di studenti, dipendenti dell’Akbn, lavoratori del governo e, in generale, dell’aumento del know-how tecnico nel Paese.

“Non esistono rischi ambientali”

Dall’ad Descalzi al ministro Balluku, tutti dichiarano che la sostenibilità ambientale dell’operazione è un principio fondante del contratto. Il direttore esecutivo di Akbn Adrian Bylyku, in un’intervista pubblicata il 23 dicembre 2019 da Tema.tv, è arrivato persino a sostenere che i rischi di inquinamento ambientale nel blocco Dumre siano pari a zero. Abbiamo deciso di verificare l’affermazione, commissionando a Tsvetelina Tomova, esperta di sistemi informativi geografici (Gis) nonché co-fondatrice dell’Environmental investigative forum (Eif), uno studio dell’uso del suolo all’interno della concessione. La mappatura che ne è derivata mostra chiaramente che l’estrazione di idrocarburi impatta su agricoltura, risorse idriche, aree urbane e aree naturali protette tanto all’interno quanto all’esterno della concessione (anche considerato che sono previste perforazioni fino a sei chilometri di profondità). In altre parole, i rischi ambientali esistono. Valutarne impatto ed estensione è proprio il compito di una Via.

 

La mappatura delle risorse e dei monumenti naturali a rischio all'interno della concessione. Credits: Tvetelina Tomova
La mappatura delle risorse e dei monumenti naturali a rischio all’interno della concessione. Credits: Tvetelina Tomova

 

“All’interno della concessione sono presenti tre fiumi (Semani, Devoll e Shkumbimi) che non solo forniscono acqua all’agricoltura locale, ma alimentano il parco nazionale Divjake-Karavasta – commenta Tomova –. L’ecosistema della laguna Karavasta è un sito Ramsar (protetto dalla Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale, ndr) dal 1995. Tra gli oltre cento laghi carsici, i laghi Degës e Serefanit sono considerati monumenti naturali e per questo protetti dalla legge albanese (la 81/2017 che prevede per queste aree l’applicazione del grado di protezione più elevato che vieta tutte le attività umane che potrebbero danneggiarle, ndr) e risultano vulnerabili alle attività estrattive. Infine, oltre il 65 per cento (quasi 400 chilometri quadrati) della concessione è utilizzato per l’agricoltura, estremamente sensibile a qualsiasi tipo di inquinamento o contaminazione dell’acqua, del suolo o dell’aria”.

In questi casi, l’Agenzia nazionale delle aree protette (Napa) dovrebbe essere consultata su eventuali piani di sviluppo proposti per concedere il proprio via libera al progetto. Se nell’aprile 2021 il direttore di Napa Zamir Dedej ha dichiarato che l’Agenzia non è mai stata consultata né ha ricevuto richieste di informazioni sui monumenti naturali, a luglio l’Agenzia ha risposto a una nostra richiesta di aggiornamenti in maniera contraddittoria: “All’interno del blocco Dumrea dove la società Eni Albania ha acquisito il diritto di operare per l’esplorazione e l’estrazione di petrolio, ci sono alcuni monumenti naturali che si trovano lontano dal blocco e non sono interessati dalle operazioni”. Stessa storia per l’utilizzo delle risorse idriche locali. Per operare in un blocco con queste caratteristiche la legge albanese 10448/2011 richiede un permesso specifico, ma quando abbiamo chiesto all’Agenzia per la gestione delle risorse idriche se Eni abbia questo permesso, ci hanno risposto: “Non risulta che nessun ente chiamato Eni Albania abbia un permesso per l’uso delle risorse idriche. Allo stesso tempo, non vi è alcuna domanda per l’utilizzo della fonte idrica, finora registrata dal soggetto Eni Albania”.

 

La mappatura delle aree agricole e urbane all'interno della concessione. Credits: Tvetelina Tomova
La mappatura delle aree agricole e urbane all’interno della concessione. Credits: Tvetelina Tomova

 

Come confermato dallo stesso ministero delle Infrastrutture e dell’Energia, “prima di effettuare operazioni sugli idrocarburi (opere sismiche, perforazione di nuovi pozzi, siano essi di valutazione, esplorazione o sfruttamento, posa di condotte), è un obbligo di legge per la società concessionaria, operante in quel blocco o fonte, condurre lo studio sulla Via”. Lo stesso ministero sostiene che nel febbraio 2021 Eni aveva già “iniziato a svolgere le operazioni di idrocarburi”. Eppure, la multinazionale continua a non avere una Via, come confermato dal Registro delle imprese dell’Albania e dalla compagnia stessa. Nè il ministero dell’Energia né quello dell’Ambiente hanno mai risposto alle nostre richieste per avere maggiori informazioni in merito.

Ad oggi, c’è solo un annuncio online datato 10 giugno secondo cui Ema consulting, una società privata di consulenza ambientale con sede a Tirana, è stata incaricata da Eni Albania di preparare un rapporto di impatto ambientale e sociale per l’esplorazione geofisica di petrolio e gas nel blocco Dumre attraverso “il coinvolgimento di diversi Comuni e la consegna di decine di udienze pubbliche”. A maggio 2021 Akbn ha dichiarato che l’azienda aveva già predisposto una valutazione per i lavori sismici 2D e che nei mesi di marzo e aprile aveva organizzato “incontri con il ministero dell’Ambiente e i vertici delle amministrazioni locali dei Comuni compresi nel territorio del blocco Dumre, come Elbasan, Lushnje, Peqin, Cerrik e Belsh”. Ma quando abbiamo contattato i Comuni in questione, Elbasan ci ha detto di non avere traccia di alcuna consultazione e di non poterci aiutare perché “Dumre non è una zona del territorio del Comune di Elbasan”. Gli altri Comuni non hanno mai risposto.

La Via in Albania: “Un esercizio di compilazione”

Mihallaq Qirjio, direttore del Resource environmental center in Albania, afferma che … [CONTINUA A LEGGERE SU LA VIA LIBERA]

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