È Imperativo: il welfare va rifondato – Il Fatto Quotidiano

Esce oggi presso le Edizioni del Gruppo Abele un libro nato nel percorso della sinistra iniziato al teatro Brancaccio: Indicativo futuro: le cose da fare. Materiali per una politica alternativa, a cura di Livio Pepino, con contributi di A. Algostino, A. Falcone, L. Marsili, F. Martelloni, F. Miraglia, T. Montanari, M. Pianta, C. Raimo, Y. Varoufakis, oltre a quello di Giuseppe De Marzo da cui è tratto il seguente brano.

 

L’aumento delle disuguaglianze e della povertà ha raggiunto nel nostro Paese livelli mai toccati prima. Questo indicano tutte le ricerche e le indagini, a partire dai rapporti Istat. Per la prima volta la povertà assoluta colpisce quasi 5 milioni di persone, mentre la povertà relativa investe le vite di oltre 9 milioni di italiani e italiane. Dispersione scolastica e disoccupazione giovanile sono tra le più alte d’Europa, rispettivamente al 17,6 per cento e oltre il 40 per cento. I lavoratori poveri, working poors, sono più di 4 milioni, mentre il rapporto McKinsey assegna all’Italia il record negativo assoluto tra i Paesi Ocse per l’impoverimento dell’attuale generazione, paragonato al dopo- guerra, con i giovani più poveri dei genitori e senza prospettive. L’indice Gini sulle disuguaglianze di reddito è aumentato negli ultimi 25 anni da 0,40 a 0,51, portando il nostro Paese a essere quello con l’incremento peggiore d’Europa dopo la Gran Bretagna. Resta altissimo il rischio povertà che colpisce ormai quasi un italiano su tre (28,7 per cento), con un indice di grave deprivazione materiale all’11,5 per cento. L’Istat afferma come il sistema di trasferimenti italiano, escludendo le pensioni, non sia in grado di contrastare la dinamica di costante impoverimento che colpisce soprattutto donne, minori, famiglie monoparentali, famiglie di operai, migranti già residenti. Già lo scorso anno il presidente dell’Istat, Giovanni Alleva, aveva denunciato un welfare tra i peggiori d’Europa, incapace di far fronte all’aumento delle disuguaglianze e povertà.

È la conseguenza di una politica assente sul fronte della lotta alle disuguaglianze. In questi otto anni di crisi sono state prese decisioni politiche che hanno drammaticamente peggiorato la condizione sociale dell’Italia. […]

Le politiche sociali sono ridotte al lumicino, viste come un costo e non come un investimento e un obbligo della Repubblica, previsto dalla nostra Costituzione. Il Fondo nazionale politiche sociali (Fnps) è stato tagliato dell’80 per cento, le politiche di austerità sono state addirittura introdotte in Costituzione modificando l’art. 81 per imporre il pareggio di bilancio, con il conseguente mancato trasferimento di 19 miliardi ai Comuni, come denuncia il rapporto Ifel (Istituto per la finanza e l’economia locale). […]

Tutto questo mentre nel nostro Paese la ricchezza non si è certo ridotta con la crisi, anzi. Se è vero che la povertà è triplicata, è vero anche che sono triplicati i miliardari, 342 come denuncia il rapporto Oxfam sulle disuguaglianze. Ciò signfica che, anche in regime di austerità, il nostro sistema di protezione sociale, ove adeguatamente finanziato, ripensato e non smantellato, avrebbe potuto affrontare meglio la crisi ed evitare l’esplosione della povertà. Governo e parlamento potevano e dovevano fare molto di più. Ma nonostante i dati e le ricerche comparate, il governo non ha saputo fare di meglio che introdurre il Sia, una sorta di Social
Card, stanziando appena 1,2 miliardi quest’anno e 1,7 il prossimo per contrastare la povertà. Circa 80 euro a componente familiare di nuclei che hanno meno di 3.000 euro di Isee, privilegiando le famiglie con più figli. Si tratta di una misura di universalismo selettivo che non raggiunge nemmeno un terzo della popolazione in povertà assoluta, e a quelli che ne avranno diritto non garantisce nemmeno la dignità. La voce dei diritti e della giustizia sociale nel nostro Paese è in questo momento flebile come non mai. Prenderne atto ci indica come unica strada quella di ricostruire un movimento che dal basso sappia rimetterli al centro a partire dalle vittime e dalla realtà sociali.

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