Cari liberisti, tornate a studiare:

Sul complicato tema del confronto tra impresa pubblica e privata imperversano esponenti politici e sindacali che azzardano giudizi in base alla mera esperienza personale o a casi “ad hoc” privi di basi definibili scientifiche. Eppure, uno sguardo alla letteratura in materia aiuterebbe a sgombrare il campo da vari luoghi comuni. Tra gli esempi in tema, studi basati su elaborazioni OCSE tratte dai database Forbes integrato da Orbis evidenziano che su un campione mondiale e intersettoriale di imprese, quelle a partecipazione statale maggioritaria si caratterizzano per prestazioni migliori rispetto alle aziende private dell’11% in più in termini di vendite, del 34% in più in termini di valore di mercato, del 35% in più in termini di profitti, e questo senza considerare le cosiddette esternalità (Massimo Florio, “The return of Public Enterprise“, CSIL WP 1/2014 based on Kowalski, P., Büge M., Sztajerowska M., Egeland M., (2013),State-Owned Enterprises: Trade Effects and Policy Implications, OECD Trade Policy Papers, No. 147, OECD). Più serio sarebbe un avvio di discussione intorno al possibile ruolo dello Stato nella gestione dei grandi processi globali di centralizzazione dei capitali e di connessa ristrutturazione industriale in atto. Ma allo stato attuale il dibattito langue a un livello decisamente più modesto. Stralci da una trasmissione con Marco Bentivogli (segretario FIM-CISL) ed Emiliano Brancaccio (Università del Sannio). Conduce Ida Baldi.

 

 

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