Caro Prefetto, l’inceneritore non batterà le mafie

Gentile prefetto Matteo Piantedosi – scrive Giuseppe De Marzo, Responsabile di Libera per le Politiche sociali e Coordinatore nazionale della Rete dei Numeri Pari  –, difendere la scelta del termovalorizzatore a Roma, fatta dal sindaco Roberto Gualtieri, dando l’idea che possa dare un colpo enorme alle mafie è falso. Così come è sbagliato il metodo usato per decidere su un tema fondamentale per la vita e la salute: nessun dibattito, la democrazia vissuta come un fastidio

Giuseppe De Marzo – 10 maggio 2022 – La via libera

Pubblichiamo la lettera di Giuseppe De Marzo al prefetto Matteo Piantedosi, dopo le sue dichiarazioni sul termovalorizzatore di Roma.

Gentile prefetto Piantedosi, ci ha molto colpito e preoccupato quanto ha affermato nell’intervista rilasciata su Il Messaggero domenica 8 maggio. Sia nel merito, sia per il metodo usato. Sostenere e difendere sui giornali la scelta dell’inceneritore a Roma fatta dal sindaco Roberto Gualtieri, dando l’idea al lettore che costruirlo equivalga a dare un colpo enorme alle mafie è falso. Così come è profondamente sbagliato il metodo utilizzato per decidere su un tema fondamentale per la vita e la salute di tutti e tutte. Nessun dibattito, zero approfondimenti, né contraddittorio sui giornali, ma la pretesa di imporre dall’alto decisioni che i cittadini non devono nemmeno osare mettere in discussione, come del resto farebbero sudditi fedeli e devoti. La democrazia vissuta come un fastidio, l’approfondimento come una perdita di tempo, il diritto alla partecipazione come un freno all’economia, il dissenso come un insopportabile tradimento.

Dice che non spetta a Lei entrare nel giudizio di merito sulle scelte del sindaco, però nell’intervista lo ha fatto, eccome. Nel merito, le sue sono affermazioni sbagliate e profondamente fuorvianti. Il deficit impiantistico romano di cui parla non viene di certo colmato dalla costruzione dell’inceneritore: ne certificherebbe il fallimento rispetto agli obiettivi che la città aveva preso molti anni fa su questo aspetto. Poi sostiene che i costi per noi cittadini della tassa sui rifiuti si ridurranno grazie alla costruzione del nuovo impianto. Ma i costi della nostra tassa sui rifiuti dipendono in realtà non dall’assenza dell’inceneritore in città (non esiste nessuna equazione) ma dal deficit di risposte e di progetti adeguati della politica cittadina e nazionale nei confronti dei cittadini della capitale d’Italia.

Bisognava e bisogna garantire livelli alti di raccolta differenziata, produrre meno rifiuti, utilizzare meno materiali (imballaggi compresi), incentivare attraverso la fiscalità produzioni più naturali e sostenibili, smettere di consumare territorio e di cementificare, promuovere campagne nelle scuole e in città che rafforzino l’urgenza e la necessità di una nuova cultura che parte dalla grandi sfide dei nostri tempi, mettendo insieme l’impegno per la giustizia sociale e quello per la sostenibilità ambientale (che in realtà finiscono alla fine per coincidere). A Roma manca un’impiantistica adeguata per promuovere quella economia circolare di cui tanto si è parlato e si parla ancora ma per la quale si fa l’esatto opposto.

Lei parla della vulnerabilità agli interessi criminali del sistema dei trasporti, ma quasi tutti i sistemi possono esserlo: finanza, credito, edilizia, agricoltura, logistica. Ovunque aumenti il ricatto, ci sia sfruttamento del lavoro, opacità, scarsa attenzione ai diritti dei cittadini e dei consumatori, le mafie vedono accresciuta la loro capacità di creare opportunità di affari e di controllare i territori. Le mafie con la crisi sono cambiate (pur rimanendo le stesse), adattandosi al nuovo contesto cittadino e nazionale, sfruttando l’aumento delle disuguaglianze, della povertà, della dispersione scolastica, della precarietà lavorativa. Le mafie sono imprese di successo che in questa fase storica si avvantaggiano dei “fallimenti di mercato” provocati dall’insostenibilità sociale e ambientale del liberismo economico. Le mafie oggi sono reticolari e “simbiotiche”. Sfruttando l’assenza dello Stato e della politica in molte zone della nostra città fanno enormi affari.

La pandemia delle disuguaglianze ha solo allargato queste opportunità, rafforzando la “variante criminalità”. Tutti i reati spia sono infatti in crescita spaventosa nella Capitale d’Italia: interdittive antimafia, usura, operazioni finanziarie sospette, truffe e frodi informatiche, riciclaggio. L’aumento senza precedenti di questi reati e della zona grigia in città aspettano ancora risposte e azioni concrete da parte dello Stato e delle istituzioni. Di questo vorremmo discutere quando parliamo di mafie. Non c’è invece nessuna evidenza che l’inceneritore ci aiuti a sconfiggere le mafie, anzi. I processi ci dicono che in molte cosiddette “grandi opere pubbliche” si annidano le mafie e si fanno affari alle spalle dell’interesse generale. L’unica certezza è che l’inceneritore peggiorerà la nostra salute: ma sono convinto che una parte dei media vorrà convincerci anche su questo che non è così. Del resto, se esistono bombe intelligenti e guerre umanitarie vuoi che non esistano inceneritori che assorbono CO2, raddoppiano i posti di lavoro e producono scorie che aiutano i cittadini a respirare meglio?

La dignità della Capitale da salvare di cui lei parla è, a nostro avviso, offesa per i diritti violati dei minori sfruttati dalle mafie, degli oltre 130mila Neet (giovani che non studiano e non lavorano, ndr) della nostra città a cui è stata cancellata persino la speranza di sognare un futuro, dei lavoratori sfruttati e senza garanzie, di interi quartieri sequestrati da un’economia criminale, dei tanti che per curarsi devono finire in mano agli strozzini, di chi è costretto a vendere il proprio corpo o si fa sfruttare per un documento che lo Stato dovrebbe garantire solo per il fatto di essere al mondo. Così come offende la dignità della Capitale vedere decine di migliaia di famiglie che ancora aspettano da 20 anni la casa popolare e sono costretti ad organizzarsi per avere un tetto sulla testa non potendo pagare affitti da capogiro fatti salire dai rentier nostrani che per la loro oscena voglia di danaro hanno soffocato la città col cemento, mentre una politica complice e spesso collusa guardava altrove, incapace di qualsiasi pianificazione urbanistica. La dignità della Capitale viene offesa dall’aumento delle disuguaglianze e delle povertà, dai tagli al sociale delle giunte precedenti, dall’assenza di ascolto delle istituzioni che sono al servizio dei cittadini e del bene comune, dal metodo che impedisce ai cittadini di partecipare alle scelte e di contare.

Ma sicuramente la dignità della capitale non viene offesa da quelli che Lei chiama “senza dimora”, persone che vivono in povertà assoluta e dormono in strada perché i posti messi a disposizione per l’accoglienza dal Comune sono insufficienti (circa 300 a fronte di oltre 14mila persone). Lo stesso vale per l’assenza del decoro, termine scivoloso usato ormai più per esprimere il fastidio verso i poveri. Offendono molto di più l’individualismo proprietario e chi non mette a disposizione strutture pubbliche per garantire i diritti di chi non ha voce per richiederli, com’è avvenuto spesso in città. Non è il decoro che offende ma l’ingiustizia sociale, la borghesia mafiosa, i 94 clan, le piazze dello spaccio, l’evasione fiscale, i tagli al sociale, lo sfruttamento e le morti sul lavoro, i servizi e le scuole che mancano nelle periferie, le pubblicità che incitano al gioco d’azzardo, i femminicidi, la tratta di esseri umani, l’idea dell’uomo solo al comando, il razzismo.

Gentile prefetto, è tutto questo che offende la dignità della capitale e rafforza le mafie. Per questo è grave e ci preoccupa che Lei si schieri in questa maniera su una scelta così delicata come la costruzione di un inceneritore a Roma. Non prendiamoci in giro definendolo “termovalorizzatore”. Possiamo girarci intorno come facciamo dal 1992 ma il fallimento di un modello di sviluppo che produce troppi rifiuti, disuguaglianze e inquinamento e utilizza molte più risorse e materiali rispetto a quelli che la Terra è in grado di rigenerare e organizzare, non lo si risolve continuando a far finta di non vedere la realtà, riproponendo vecchie ricette responsabili delle crisi. Il tipo di economia a cui si legano gli inceneritori è un’economia che produce scarti, non solo in termini di rifiuti solidi ma scarti umani. Anche Papa Francesco ha fortemente attaccato questo modello di sviluppo che “continua a produrre gli scarti che poi vorrebbe nascondere per non farli più vedere”.

Si può ignorare il dissenso, reprimere chi si oppone e colludere con il potere economico che vuole imporre una soluzione sbagliata ed enormemente dannosa per noi cittadini e per la Capitale. Ma non risolveremo il problema. Se volessimo farlo, le soluzioni sarebbero note e ben spiegate da tempo. Ridurre i consumi e le produzioni, modificare radicalmente la base produttiva e la filiera energetica, incentivare fiscalmente e riconvertire la nostra economia orientandola all’equità sociale e alla sostenibilità ambientale, coinvolgere cittadini, reti sociali, lavoratori e comunità per co-progettare e co-programmare, così come indicato dalla sentenza n°131 del 2020 della Corte costituzionale. Semplificare dicendo che basta l’inceneritore per risolvere il problema dei rifiuti è falso e controproducente.

C’è una relazione che non possiamo più ignorare tra collasso climatico, nuove pandemie, migrazioni ambientali, guerre per le risorse, peggioramento della salute, aumento delle disuguaglianze. Gentile Prefetto, l’inceneritore non ci aiuta a contrastare le mafie, così come non risolve la crisi ambientale ed ecologica, anzi la aggrava. Sono i diritti, il lavoro, la bellezza, la riconversione ecologica dell’economia, la cultura, la partecipazione e la coprogrammazione ad aiutare.

Il 9 maggio, a Cinisi in Sicilia veniva ucciso nel 1978 il militante comunista Peppino Impastato. Ha insegnato a tantissimi di noi che la bellezza, la memoria, l’impegno e la giustizia sociale sono i veri antidoti alle mafie. Una scuola media di Roma, l’istituto Macinghi Strozzi, ha deciso in ricordo di Peppino di inaugurare con i ragazzi le panchine per i diritti umani (per denunciare femminicidi, bullismo e diritti violati), l’albero della legalità con i nomi delle vittime innocenti delle mafie e le pietre di inciampo che ricordano i migranti morti nel nostro mar Mediterraneo. Una straordinaria consapevolezza di come oggi si debba contrastare la cultura mafiosa, l’economia criminale ed il modello di sviluppo responsabile dell’aumento delle disuguaglianze e della crisi ecologica. Questi ragazzi grazie alle azioni e alle parole di Peppino hanno compreso che solo una cultura e un’economia fondata sulla giustizia sociale e ambientale ci aiuterà a sconfiggere mafie e disuguaglianze. Una fondata sulla dark economy [CONTINUA A LEGGERE SU LA VIA LIBERA]

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