Il vicecapo della Polizia: “Attenti a quei fondi”

Il prefetto Vittorio Rizzi guida l’organismo di monitoraggio sulle infiltrazioni della criminalità nell’economia. In un colloquio, fa il punto sull’emergenza Covid-19

15 gennaio 2021 – Andrea Giambartolomei – Redattore lavialibera

Più che all’usura, bisogna guardare ad altri modi con cui la criminalità aggredisce l’economia, con volumi d’affari molto più grandi, meccanismi più complessi. Lo sostiene il prefetto Vittorio Rizzi, vice capo della polizia e coordinatore dell’Organismo permanente di monitoraggio e analisi sul rischio di infiltrazione nell’economia da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso, istituito con decreto dal capo della Polizia per mettere insieme tutte le forze e valutare con frequenza i pericoli creati dalla pandemia nella società e nell’economia.

Dalle loro analisi è emerso, ad esempio, che rispetto allo stesso periodo del 2019, nel primo semestre del 2020 i reati contro il patrimonio (furti, rapine, estorsioni e altro) sono diminuiti, a volte anche in doppia cifra, come sembrano essere rallentati i traffici di droga: “Noi sosteniamo che la pandemia abbia colto in contropiede tutti, anche le organizzazioni criminali che, a differenza delle forze dell’ordine, non hanno delle strutture di collaborazione internazionale – spiega Rizzi –. Noi sediamo nei management board di Interpol ed Europol, non esiste niente di simile per i gruppi criminali nel mondo”. Anche per i narcos valgono le leggi del mercato, domanda e offerta, gestione dei magazzini e dei rischi: “Se i gruppi di narcotrafficanti sudamericani subiscono questa crisi perché possono esportare meno droga, anche i trafficanti italiani vanno in difficoltà – prosegue –. Nei Paesi produttori accumulano la merce, calano i prezzi per l’abbondanza e aumentano i rischi di sequestri. Nei Paesi importatori, invece, i prezzi salgono. C’è da dire che le autorità giudiziarie di Reggio Calabria e Palermo hanno registrato alcuni sequestri di droga nel periodo dopo il primo lockdown, segnale che il mercato stava riprendendo”.

L’usura è stabile, fari sulla finanza

È presumibile che le organizzazioni criminali possano inserirsi nel mercato dei crediti deteriorati, ricorrendo a prestanome e società di copertura e approfittando di alcuni varchi offerti dal mercato e dalla normativa Organismo di monitoraggio sulle infiltrazioni criminali nell’economia

Cala meno di altri reati l’usura. Nei primi dieci mesi del 2020 il Sistema di indagine (Sdi) ha registrato 115 casi di usura, -4,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019 (120 casi), un calo dovuto soprattutto all’andamento in Campania e Sicilia, mentre in Lazio e alcune regioni del Nord i casi salgono, segnale che più persone in difficoltà hanno chiesto soldi, da restituire con interessi elevati, mettendosi nelle mani degli strozzini, dei cravattari. Talvolta sono legati alle organizzazioni criminali (54 clan sono attivi in questo settore), ma le cronache degli ultimi mesi ci raccontano casi di lupi solitari, colleghi di lavoro che si mostrano amichevoli e poi passano alle minacce, come avvenuto a Firenze, o donne delle periferie di Bari che tengono i conti e mandano gli uomini delle loro famiglie a riscuotere.

Dalla Banca dati del Sistema di indagine (Sdi) gli episodi di usura rilevati in Italia nel 2019 sono stati 181 con una flessione del 4,2% rispetto al 2018. Nel primo semestre del 2020 i casi sono stati 98, sei in più rispetto a quelli registrati nello stesso periodo del 2019 (92). A fine ottobre erano 115, in calo del 4,2 per cento rispetto ai 120 dei primi dieci mesi del 2019. “L’andamento è sostanzialmente stabile, i numeri bassi a livello statistico sono irrilevanti – analizza Rizzi –. Bisogna capire però quanto sommerso c’è, quante persone per paura non denunciano e rimangono nel limbo. Però pensare che le organizzazioni criminali più pericolose abbiano un interesse nell’usura è riduttivo. Ora dispongono di fondi di investimento, cercano di rilevare enormi asset industriali, usano i non performing loans (Npl)”.

Gli Npl sono i crediti deteriorati, che difficilmente possono essere saldati. La loro compravendita è uno strumento di investimento e anche di riciclaggio. Stando alla Banca d’Italia, nel dicembre 2016 le banche italiane avevano 173 miliardi di crediti deteriorati. Costituendo un rischio per le loro casse, tra il 2016 e il 2018, hanno eliminato dai propri bilanci sofferenze per circa 138 miliardi di euro attraverso operazioni di cessione dei crediti deteriorati sul mercato. In certi casi vengono acquistati a prezzo basso da società che poi cercano di riscuoterli a prezzo più alto. Secondo l’organismo di monitoraggio, “è presumibile che le organizzazioni criminali possano inserirsi nel mercato dei crediti deteriorati, ricorrendo a prestanome e società di copertura e approfittando di alcuni varchi offerti dal mercato e dalla normativa”, ad esempio inserendosi nel settore del recupero dei crediti “per conto degli investitori che li abbiano comprati dalle banche”. Esistono già casi noti? “Abbiamo notizie certe su criminali che hanno investito in fondi – spiega il prefetto Rizzi –. È un argomento che trattiamo, ma rimane accademia perché nel momento in cui lo scopriamo è tardi ed è legale”.

Questa operazione finanziaria molto complessa richiede l’aiuto di professionisti: “Le organizzazioni criminali si rivolgono a grandi studi internazionali che operano nel settore. Parlando con gli specialisti, alcuni ci dicono: “Vengono a chiederci in quale Paese è meglio operare”. Cercano di sfruttare il disallineamento normativo tra gli Stati per entrare nel mercato. Ci sono dei fondi più etici e altri più aggressivi e ogni Paese ha le sue regole. Quando un fondo ha una componente illegale ed entra nell’economia rilevando i crediti di un imprenditore in sofferenza, lo fa legittimamente. Il problema è quindi intercettare le attività criminali che portano ad accumulare ricchezza”, dice il prefetto.

L’importanza della cooperazione

Negli incontri con Europol, soltanto Germania e Olanda hanno parlato di potenziali segnali di infiltrazioni criminali nell’economia. L’Italia ha una sensibilità più alta Vittorio Rizzi

In quest’ottica di mafie mobili, che agiscono a livello transnazionale, l’Italia sta puntando molto alla collaborazione con le altre forze di polizia. A gennaio, ad esempio, ha preso il via il progetto “Interpol cooperation against ‘ndrangheta” (Ican), finanziato dal Dipartimento di pubblica sicurezza per far conoscere anche alle forze di polizia straniere l’organizzazione criminale calabrese. In seguito, l’Italia ha replicato l’organismo di monitoraggio a livello continentale grazie all’Europol: “Avevamo proposto sia a Interpol sia a Europol la condivisione di questa esperienza dell’organismo di monitoraggio. Con Interpol è difficile da replicare perché associa le forze di polizia di 194 Stati, invece con Europol è più semplice: circa dieci Stati hanno aderito all’iniziativa, abbiamo fatto tre incontri e sta funzionando bene”.

Il prefetto ha illustrato ai colleghi stranieri l’importanza della vigilanza: “Abbiamo spiegato che … [CONTINUA A LEGGERE SU Lavialibera]

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