8 settembre 2025 – Alessandro Marescotti, PeaceLink
Oggi parliamo di collasso climatico, e vorrei portare un dato che ci viene da Taranto, dove da decenni si vive l’impatto inquinante dell’industria pesante sulla salute pubblica.
Un recente studio pubblicato sulla rivista Epidemiologia & Prevenzione ha provato a stimare, per la prima volta, il costo in vite umane delle emissioni di CO₂ prodotte in un solo anno dall’acciaieria di Taranto. Il titolo dello studio è
Il “mortality cost” delle emissioni di CO2 di uno stabilimento siderurgico nel Sud Italia: una valutazione degli impatti sanitari derivanti dal cambiamento climatico
Ebbene, le emissioni dichiarate nel 2020 – circa 8,3 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente – si stima che potrebbero causare 1.876 morti premature nel mondo entro la fine del secolo.
E se lo stabilimento producesse a carbone per altri dodici anni – come prevede l’attuale autorizzazione integrata ambientale (AIA) – la stessa quantità di CO₂, il risultato darebbe drammatico a livello planetario: oltre 22 mila morti premature attribuibili, distribuiti tra il 2020 e il 2100.
È la prova che il cambiamento climatico non è un concetto astratto, ma una questione di vita o di morte.
Lo studio mostra anche un altro aspetto: se nel 2020 le emissioni fossero state ridotte del 50%, quasi mille morti nel mondo sarebbero stati evitati. Questo ci dice che ogni intervento di riduzione è importante e salva vite.
Ma Taranto è anche simbolo di una contraddizione più ampia.
Alla popolazione locale, già esposta a un rischio sanitario documentato da decenni, si somma ora la consapevolezza del peso globale di quello stesso polo industriale.
Taranto ci parla, dunque, di doppio danno: locale e globale.
E allora cosa propone PeaceLink?
Noi diciamo che i lavoratori dell’ILVA non devono essere lasciati soli. La loro rioccupazione è possibile, se li impieghiamo in due fronti urgenti:
- nelle bonifiche ambientali di un territorio martoriato;
- e nelle opere di adattamento e mitigazione necessarie per contrastare la crisi climatica.
Questo piano avrebbe un costo di circa 500 milioni di euro all’anno: una cifra minima se pensiamo che il governo italiano si prepara a destinare 100 miliardi di euro all’anno per il riarmo militare.
In questo senso, Taranto è un laboratorio di giustizia ambientale e sociale: un luogo che ci ricorda come le scelte industriali abbiano conseguenze globali, e come i diritti dei lavoratori e i diritti delle comunità si possano difendere insieme.
Possiamo ancora cambiare direzione.
E allora torniamo alla domanda del nostro incontro: le armi o la vita?
Noi rispondiamo: la vita.