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18 Aprile 2019 /
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Rete Numeri Pari / in
ARTICOLI
16 aprile 2019
Napoli, Foggia, Milano, Roma. Da Nord a Sud, l’Italia continua a raccontare episodi di differenti modalità ma accomunati dalla violenza degli attacchi, compiuti tutti in pieno giorno, spesso in zone centrali, senza alcun timore delle forze dell’ordine.
A Foggia, un affiliato ad un’associazione criminale spara ai carabinieri e ne uccide uno per vendicarsi di una perquisizione. A Milano, in zona centrale, viene ferito un uomo forse per un regolamento di conti nell’ambiente dello spaccio di stupefacenti. A Napoli, un agguato alla luce del sole davanti a una scuola ha provocato l’uccisione del nonno dell’alunno e il ferimento del padre. A Roma, spari in pieno giorno hanno provocato due gambizzati davanti al bar Petit, a Cinecittà. Altre, ennesime, dimostrazioni di come le scelte politiche fatte in questi anni abbiano contribuito a far aumentare non solo disuguaglianze e precarietà, ma soprattutto l’insicurezza sociale. Spostare il focus su un facile nemico, urlare alla sicurezza come base della vita di comunità declinandola solo con armi e controlli, chiudere porti e contribuire a far accrescere un problema culturale di radicamento del razzismo e della xenofobia, è un vecchio espediente con il quale le elites cercano di nascondere le proprie responsabilità spostando altrove l’attenzione. A questa operazione di elusione non si sottrae nemmeno questo governo, che anzi è il più feroce nel capovolgere l’ordine delle priorità e delle responsabilità.
Quanto sta avvenendo da più di dieci anni non ci deve impedire di analizzare e comprendere quali siano le cause della crisi e dell’aumento senza precedenti delle disuguaglianze in Italia. Nonostante il peggioramento delle condizioni materiali di ceti medi e ceti popolari denunciata annualmente da istituti di ricerca e di statistica nazionali ed internazionali, le proposte avanzate da centinaia di associazioni, movimenti e realtà sociali per contrastare le disuguaglianze non sono state mai prese in considerazione in questi anni. Proposte che avevano ed hanno il merito di contrastare allo stesso tempo non solo la povertà ma la criminalità organizzata che continua a trarre enorme guadagno e forza dall’aumento della povertà e delle disuguaglianze. La crescita della cosiddetta zona “grigia” rappresenta uno dei problemi più grandi con cui fare i conti e costituisce la prova e la misura di una serie di interessi convergenti che si sono saldati in questo periodo di crisi.
Le misure messe in campo da tutte le principali forze politiche in questi anni non solo non hanno contrastato la crisi, ma l’hanno allargata a livelli mai visti nel nostro paese. Vale la pena ricordarcele: taglio dei fondi per miliardi di euro alle politiche sociali; assenza di una riforma del welfare; assenza di misure di sostegno al reddito come previste dai Social Pillar Europei; assenza di servizi sociali di qualità come ci chiedono le risoluzioni europee; politiche di austerità promosse dalla Troika in Europa ed accettate da tutte le forze politiche presenti in questo Parlamento; assenza di politiche attive per il lavoro e riforme che hanno reso ancora più povero e precario il lavoro; Patto di Stabilità introdotto in Costituzione con la modifica dell’art.81 che ha capovolto la priorità indicata dal legislatore e tagliato miliardi di trasferimenti ai Comuni, costretti a tagliare i servizi essenziali; politiche fiscali regressive che hanno cancellato i ceti medi, impoverito ulteriormente i più poveri e regalato vantaggi ai ricchi, oggi triplicati nel nostro paese; assenza di investimenti in ricerca e istruzione che hanno fatto diventare il nostro paese quello con la generazione di giovani più impoverita dal dopoguerra ad oggi e con una tra le più alte percentuale di dispersione scolastica in Europa.
Quello che più preoccupa è che alla politica oggi al governo ed all’opposizione mancano completamente proposte chiare ed efficaci per uscire dalla crisi. Una politica arida e fragile, anche perchè sempre più incapace di una visione e di un punto di vista generale. E’ per questo che in assenza di proposte, visioni, obiettivi e iniziative politiche coerenti, non possa che scatenarsi una guerra tra poveri che favorisce criminalità organizzata e nazionalismi. Ed è quello a cui stiamo assistendo.
Non è un caso che la crescita dell’insicurezza coincida con una crescita degli episodi di violenza. Lasciare soli i territori, le città, tacerne i problemi reali, ha creato un sistema di protezione sociale, unico vero strumento utile al contrasto di violenza e malaffare, non funzionante e secondario. Come denunciato nel maggio 2016 in Parlamento da Giorgio Alleva, il presidente dell’ISTAT, il sistema di protezione sociale in Italia è tra i meno efficaci a livello europeo. Perché se è vero che la crisi ha una matrice internazionale e scaturisce dall’impossibilità del modello di sviluppo capitalista di garantire sostenibilità sociale e ambientale, è vero anche che l’Italia è riuscita a fare quasi peggio di tutti, schierando risposte che non hanno attutito l’impatto della crisi ma l’hanno amplificata. Chi ha governato in questi ultimi undici anni è quindi responsabile di un sistema di protezione sociale non all’altezza dell’avanzare di disuguaglianze e povertà, che ha favorito mafia e malaffare, contribuendo all’aumento della violenza perchè percepita come unico sistema di difesa personale. Lì dove mancano politica e diritti, si insediano rimedi che nulla hanno a che fare con la sicurezza, la legalità e, tanto meno, la giustizia sociale.
Di Giuseppe De Marzo e Martina Di Pirro
Giovedì 18 aprile 2019 alle ore 18:30 si terrà la presentazione del libro “Per amore della Terra”: libertà, giustizia e sostenibilità ecologica” di Giuseppe De Marzo organizzata da SCuP – Sport e Cultura Popolare.
Siamo immersi in una delle più gravi crisi della storia contemporanea: si intrecciano e sommano congiunture economica, finanziaria, ecologica, alimentare, energetica e migratoria. Il liberismo si fonda su uno schema di civilizzazione che penalizza principi come la libertà e l’uguaglianza, mentre la democrazia rappresentativa appare impotente dinanzi alla più grave minaccia per l’umanità: la crisi ecologica. Cosa fare? Come sovvertire l’ordinamento capitalista del mondo? In questo libro l’economista De Marzo esamina la nascita dei movimenti per la giustizia ambientale e come abbiano messo in discussione l’attuale modello di sviluppo e le vecchie impostazioni delle politiche ambientali. Mentre ripercorre la geografia delle lotte in atto nel mondo a varie latitudini, l’autore ci invita a riflettere sul mondo in cui viviamo e sul potere che abbiamo di trasformarlo, in nome dell’amore verso quella casa comune che si chiama Pachamama: la ‘Madre Terra’ che abitiamo.’
La scadenza fissata per l’attuazione degli Obiettivi di Sviluppo si avvicina a grandi passi e i Paesi più poveri devono far fronte sia a gravi lacune negli aiuti finanziari, sia alla crescente disuguaglianza economica che ostacola la
riduzione della povertà. Gli aiuti internazionali svolgono quindi un ruolo fondamentale e assolvono una doppia missione: combattere la disuguaglianza e la povertà. Ma ciò è possibile soltanto se i donatori danno priorità agli interessi dei più poveri anziché ai propri. Il presente documento individua dieci principi di cruciale importanza per far sì che gli aiuti siano all’altezza della loro doppia missione e chiede ai donatori di agire in fretta per garantire agli SDG una possibilità di successo.
BP-lAiuto-allo-Sviluppo-ai-tempi-della-disuguaglianza
Venerdì 12 aprile alle ore 18:00, presso la Feltrinelli di Palermo, si terrà l’incontro organizzato da Emmaus Palermo, Laboratorio Zen Insieme, Libera Palermo e dalla Rete dei Numeri Pari
Insieme all’autore interverranno:
- Leoluca Orlando – Sindaco di Palermo
- Mariangela Di Gangi – Laboratorio Zen Insieme
Moderatore: Nicola Teresi
Giovedì 11 aprile 2019 ore 17:00
Assisi – Sala della Conciliazione
Piazza del Comune
Incontro con: Maurizio Landini, Giuseppe De Marzo, Paolo Montesperelli.
Modera:
Tonio Dell’Olio
Presidio Libera Assisi – Bastia U. “Mario Francese”
9 aprile 2019
A Torre Maura, tra decine di migliaia di famiglie senza casa, spazi verdi a rischio chiusura, edifici abbandonati in attesa di conversione e desertificazione commerciale, Casapound ha portato in scena un teatrino che ha nuovamente tentato di spostare il focus reale. Non più responsabilità di chi affama, ma di chi ha fame. Così, i ROM sembrano il capro espiatorio perfetto per fare incetta di voti provando a far leva sulla rabbia del quartiere. A dirlo, senza mezzi termini, è un ragazzo appena quindicenne che, ad alta voce, ricorda il senso di tutta una politica: nessuno andrebbe lasciato indietro. A ribadirlo, sono le associazioni, i cittadini e le cittadine, le reti e i sindacati, che sabato scorso sono scesi in piazza per bloccare quella che era, a tutti gli effetti, un’aggressione razzista e fascista. In una guerra tra aggressori razzisti e aggrediti stranieri, ma anche a una più generale battaglia contro i più deboli, qualunque sia il colore della pelle, ci si dimentica di avere riguardo alle condizioni delle persone, ai diritti e alle responsabilità della politica che continua ad aumentare le disuguaglianze tagliando i fondi per le politiche sociali e per i servizi mentre a livello nazionale vengono mantenute politiche di austerità.
In una situazione tale, il linguaggio è la parte essenziale. Per chi è abituato a non trovare soluzione, a evitare di affrontare i disagi reali di chi vive le periferie, la mancanza di politiche abitative e di investimenti sul lavoro, la precaria, se non inesistente, manutenzione dei territori e delle infrastrutture, appare immediato prendersela con chi è messo ancora peggio. Il nemico è il rom, il migrante, il povero. Non la povertà, che invece per dare concime al terreno delle mafie e della corruzione è un utile alleato. Solo il povero in quanto tale, il povero in quanto persona. Si scarica sul più debole una responsabilità che è piuttosto di chi governa, dell’assenza di una volontà politica che provano a spacciare per mancanza di risorse. Le risorse, economiche e politiche, ci sono, esistono.
L’amministrazione comunale della Capitale d’Italia ha tagliato nel bilancio 52milioni di fondi alle politiche sociali. A dimostrazione che la volontà della classe dirigente sceglie deliberatamente di girarsi dall’altra parte, scatenando episodi di violenza razzista sempre più diffusi sul territorio nazionale e la guerra del povero contro il più povero. Una strategia voluta, pensata, ormai alla luce del sole. Non è un caso la situazione in cui il Paese intero si trova. È compito della geografia della speranza, dei vinti che stanno subendo le conseguenze, mettersi insieme ed invertire la rotta illuminando i territori abbandonati.
Martina Di Pirro