Mafie, corruzione e zona grigia

18 maggio | Festival Parole libere. Segni, suoni e sogni contro le mafie – per Ilaria e Miran

Sabato 18 Maggio il Festival Parole Libere arriva al Laghetto dell’Eur (Metro B, Eur Palasport): dibattiti, approfondimenti, dialogo e, per i più piccoli, giochi e attività!

Dalle 09.00 alle 22.00, festeggeremo l’antimafia che si fa con la cultura, coi libri, con la stampa libera, con la musica, con la cultura dell’accoglienza e dell’inclusione, della sostenibilità ambientale. Ne parleremo con tanti ospiti e più di trenta associazioni che saranno presenti con i loro stand per raccontarsi -seguite gli aggiornamenti sulla pagina dell’evento per scoprire chi sarà con noi!
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PROGRAMMA
– |9.30| Apertura e saluti di benvenuto
a cura del presidio di Libera Roma IX “Ilaria Alpi – Miran Hrovatin”

– |10.00| Narrare è resistere. Il riscatto sociale attraverso la cultura (A cura di Biblioteca popolare “Mondo piccolo”, Biblioteca Cittadini del Mondo, Biblioteche di Roma – Biblioteca Pier Paolo Pasolini, La Scugnizzeria di Scampia, Associazione daSud)

– |11.00| “Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Depistaggi e verità nascoste a 25 anni dalla morte” (A cura di Round Robin Editrice – con gli autori Luigi Grimaldi e Luciano Scalettari)

– |12.00| Ambiente e territorio. Esperienze, riflessioni e progetti per una città verde (A cura di Circolo Legambiente Monteverde “Ilaria Alpi”, Vivere In, Metrovia – l’idea che muove Roma)

– |15.30| Mosaico di culture. Antirazzisti del terzo millennio (A cura di Amnesty International – Italia, Gruppo Emergency Eur Roma, Gustamundo, Liberi Nantes)

– |16.30| “Eterni Secondi. Perdere è un’avventura meravigliosa – Storie dalla Scugnizzeria di Scampia” (A cura della La Scugnizzeria – con l’autore Rosario Esposito La Rossa)

– |17.30| Intervista a Giovanni Tizian (giornalista del settimanale L’Espresso) – A cura del presidio di Libera Roma IX “Ilaria Alpi – Miran Hrovatin”

– |18.30| “CHANGE your step | 100 artisti. Le parole del cambiamento” (A cura di Musica contro le mafie – con Gennaro De Rosa, Gabriella Martinelli, Enrico Capuano)

– |19.30| Musica live: ABC Positive + (Vincitori della nona edizione del premio Musica Contro le mafie)

Per l’intera giornata: giochi, laboratori e attività per bambini!
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Per maggiori informazioni
infoparolelibere@gmail.com
Libera Roma IX “Ilaria Alpi – Miran Hrovatin”

15 Maggio 2019 / by / in ARTICOLI, Mafie, corruzione e zona grigia, MANIFESTAZIONI E INIZIATIVE
Beni Confiscati S.P.A. – Gli effetti del dl sicurezza sui beni confiscati

Il Decreto legge num. 113 del 4 ottobre 2018, convertito in legge num. 132 il 27 novembre 2018 –“Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata” – ridefinendo e restringendo il concetto di sicurezzaindica su quale terreno dovremo misurarci nei prossimi anni sul piano del contrasto alle mafie. Rappresenta l’ultimo tassello del lungo corso legislativo che, dal ’96 ad oggi, ha accompagnato la normativa antimafia sul riuso sociale dei beni confiscati, inserendosi in totale discontinuità con quel percorso avviato nel ’95 da Libera con la raccolta del milione di firme per rendere concreta l’intuizione di Pio La Torre. Il decreto introduce diverse modifiche al decreto num.159/2011, il cd. codice antimafia.

La possibilità di vendita dei beni confiscati era già prefigurata nelle disposizioni del codice antimafia, ma come misura di extrema ratio. Le modifiche che il decreto sicurezza apporta al codice antimafia, incidono sulla gestione e sulla vita futura dei beni confiscati, mettendo al centro – all’art.36 comma 5 lettera d) – lo strumento della vendita:

I beni di cui al comma 3, di cui non sia possibile effettuare la destinazione o il trasferimento per le finalità di pubblico interesse ivi contemplate, sono destinati con provvedimento dell’Agenzia alla vendita l’acquirente dovrà presentare la relativa domanda entro centoventi giorni dal perfezionamento dell’atto di vendita.

Sempre all’articolo all’art.36 comma 5 lettera d) si chiarisce successivamente anche il criterio della destinazione del bene messo in vendita:

La vendita è effettuata per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima formulata ai sensi dell’articolo 47. Qualora, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso di vendita, non pervengano proposte di acquisto per il corrispettivo indicato al precedente periodo, il prezzo minimo della vendita non può, comunque, essere determinato in misura inferiore all’80 per cento del valore della suddetta stima. Fatto salvo il disposto dei commi 6 e 7 del presente articolo, la vendita è effettuata al miglior offerente […]

Il meccanismo della vendita diventa a tutti gli effetti non più uno strumento a limite del percorso di riuso sociale, ma il modo per semplificare e risolvere il problema della gestione di un sempre più cospicuo numero di beni presenti sul territorio nazionale. Il “miglior offerente” diventa il paradigma delle nuove policy attorno alla destinazione dei beni: non si tratta più immaginare e costruire le condizioni per il riuso sociale, ma puntare a fare cassa su un patrimonio pubblico, derivante dalla restituzione ai cittadini di un maltolto: quello della violenza e dello strapotere con cui le mafie sui territori hanno potuto fare affari e accumulare ricchezzeLa logica del libero mercato colpisce come una clava il principio del riuso sociale e il valore della cooperazione. Queste sette parole (la vendita è effettuata al miglior offerente, ndr) demoliscono culturalmente – e rischiano di farlo de facto – l’ottica redistributiva e risarcitoria alla base dell’intuizione della legge num. 109/96 che nello spirito del testo si richiamava ai principi fondamentali dell’articolo 3 secondo comma della nostra Costituzione quando recita:

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

I beni confiscati sono uno straordinario strumento, proprio lì dove le disuguaglianze sono più forti, per costruire percorsi di autonomia e giustizia sociale. In poche righe cambia profondamente l’assetto delle policy future sui beni. Di seguito alcuni stralci funzionali al commento del decreto.

Dal primo stralcio emerge un dato fortemente preoccupante. I beni confiscati, dice il testo, una volta acquistati da un soggetto privato non potranno essere rivenduti per cinque anni dalla data di trascrizione del contratto: una tempistica che potremmo definire “irrisoria” se pensiamo che persino per le case popolari hanno un divieto di alienazione di durata decennale. Questo vorrà dire che, appena dopo cinque anni, un privato potrà rivendere il bene confiscato, disperdendo così completamente il suo valore etico e sociale, rischiando seriamente che ritorni in mani mafiose. Ancora più grave sarebbe poi se il bene acquistato da un prestanome di un mafioso fosse rimesso in vendita a un soggetto terzo in buona fede che non ha nessun legame con il clan: questo consentirebbe un “effetto lavatrice” sul valore patrimoniale del bene, rendendolo quasi inaggredibile dall’autorità giudiziaria. In generale è chiaro che si indeboliranno – dopo i cinque anni di divieto di alienazione – inevitabilmente le maglie del controllo giudiziario per la quantità di beni e per le difficoltà a monitorare le sorti di tutto l’enorme patrimonio pubblico confiscato. Nel decreto sono previsti strumenti di controllo e verifica affinché ciò non avvenga, ma bisognerà riconoscere che sarà oggettivamente complesso controllare che ogni singolo atto di ri-vendita di un bene, dopo cinque anni dall’acquisto di un soggetto privato, sia affidato nelle mani qualcuno che non abbia legami con la criminalità organizzata. Qui lo stralcio del decreto (all’art. 36 comma 5 lettera d):

I beni immobili acquistati non possono essere alienati, nemmeno parzialmente, per cinque anni dalla data di trascrizione del contratto di vendita e quelli diversi dai fabbricati sono assoggettati alla stessa disciplina prevista per questi ultimi dall’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191.

Un altro aspetto che emerge riguarda le modalità di vendita. Il riuso sociale rischia di essere messo, in un primo momento, sullo stesso piano della vendita e, in seguito, di essere ridotto ai margini dei processi di destinazione ed assegnazione. La ragione per cui si sostiene questa tesi è comprovata da due stralci del decreto sicurezza che rendono la vendita un processo molto più semplificato, nonché più pericoloso, e maggiormente conveniente al soggetto che ha in carico la gestione dei beni confiscati: l’agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Per il riuso sociale dei beni confiscati esiste una procedura che spesso risulta essere molto lenta, anche se altrettanto accurata: passaggio dei beni dall’agenzia al comune, capacità della macchina comunale di predisporre un bando di assegnazione, tempi di assegnazione e di concessione effettiva del comodato d’uso all’ente gestore del bene. Nel caso della vendita il processo è notevolmente più veloce: per i beni confiscati di valore inferiore ai 400.000 euro si potrà effettuare una vendita sulla base di una trattativa privata. Per i beni con valore superiore ai 400.000 euro si procederà tramite lo strumento dell’asta pubblica. A chiarirlo è il decreto che recita così all’articolo 36 comma 5 lettera d):

[…]I beni immobili di valore superiore a 400.000 euro sono alienati secondo le procedure previste dalle norme di contabilità dello Stato.

Il decreto in questo passaggio sopraindicato non esplicita le modalità, ma le rimanda direttamente alle procedure di contabilità dello Stato che in questi casi – citando il parere del Consiglio Nazionale del Notariato (Studio n. 17-2017/C , dal titolo: Alienazione dei beni pubblici dello Stato)– indicano:

La disciplina ordinaria di riferimento per la vendita dei beni immobili di proprietà dello Stato è recata dalle disposizioni di cui all’art. 1, commi 436, 437 e 438 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e successive modificazioni e integrazioni (95), che sostituiscono la previgente disciplina […] improntati a criteri di economicità e di redditività. In base all’attuale normativa, l’Agenzia del demanio può alienare i beni immobili di proprietà dello Stato, che non formano oggetto delle procedure di dismissione speciali, singolarmente o in blocco:

«a) mediante trattativa privata, se di valore unitario o complessivo non superiore ad euro 400.000;

b) mediante asta pubblica ovvero invito pubblico ad offrire, se di valore unitario o complessivo superiore ad euro 400.000, e, qualora non aggiudicati, mediante trattativa privata.

[…] L’aggiudicazione avviene, nelle procedure concorsuali, a favore dell’offerta più alta rispetto al prezzo di base ovvero, nelle procedure ad offerta libera, a favore dell’offerta migliore […]

In sintesi abbiamo di fronte una procedura, quella della vendita, estremamente più rapida rispetto alle modalità previste dal riuso sociale e al contempo anche più pericolosa. Non solo perché appare estremamente dubbio lo strumento dell’asta pubblica, che si basa semplicemente sul criterio del miglior offerente, ma risulta ancora più grave l’idea della trattiva privata come strumento tramite il quale svendere un patrimonio pubblico dello Stato. Quando parliamo di beni dal valore inferiore ai 400.000 euro, parliamo di medi e grandi appartamenti nei centri storici delle città, ville appartenute a boss in periferie o città di provincia. Parliamo non di un piccolissima parte del patrimonio nelle disponibilità di enti locali e ANBSC, ma di un folto numero di beni, i quali potranno essere venduti semplicemente tramite una trattativa privata.

Il secondo stralcio del testo del decreto riguarda invece la spinta incrementale alla vendita attraverso destinazione di risorse ad hoc all’ANBSC frutto dei proventi della vendita (art. 36 comma 7):

Le somme ricavate dalla vendita di cui al comma 5, al netto delle spese per la gestione e la vendita degli stessi, affluiscono al Fondo Unico Giustizia per essere riassegnate […] nella misura del venti per cento all’Agenzia, per assicurare lo sviluppo delle proprie attività istituzionali, in coerenza con gli obiettivi di stabilità della finanza pubblica.»;

Insomma: più si è in grado di vendere beni e di fare cassa, più ci saranno risorse a disposizione per l’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati. La premessa è d’obbligo: quando parliamo dell’ANBSC non parliamo di un “carrozzone”, ma di un’agenzia dello Stato che fa da anni un lavoro prezioso, con pochissime risorse e personale in periodi in cui c’è stato un notevole incremento dei sequestri e delle confische ai mafiosi. L’agenzia necessita di più personale e di risorse per gestire la mole enorme di beni e aziende. Tuttavia scegliere di sostenere l’agenzia con le spese dei proventi delle vendite vuol dire costruire un meccanismo che inevitabilmente spingerà più al meccanismo della vendita che a quello della destinazione per fini di riuso sociale. La spinta del decreto alla vendita la ritroviamo anche quando nel testo si modifica l’articolo 48 comma 4 del codice antimafia in merito ai proventi derivanti dai beni immobili “mantenuti al patrimonio dello Stato e, previa autorizzazione del Ministro dell’interno, utilizzati dall’Agenzia per finalita’ economiche”. Il decreto reciterebbe all’art. 36 comma 3 lettera b), a seguito delle modifiche così:

I proventi derivanti dall’utilizzo dei beni di cui al comma 3, lettera b), affluiscono, al netto delle spese di conservazione ed amministrazione, al Fondo unico giustizia […] nonché, per una quota non superiore al 30 per cento, per incrementare i fondi per la contrattazione integrativa anche allo scopo di valorizzare l’apporto del personale dirigenziale e non dirigenziale al potenziamento dell’efficacia ed efficienza dell’azione dell’Agenzia. La misura della quota annua destinata all’incremento dei fondi per la contrattazione integrativa viene definita con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze su proposta dell’Agenzia e l’incremento non può essere superiore al 15 per cento della componente variabile della retribuzione accessoria in godimento da parte del predetto personale»

Non solo quindi la procedura della vendita è più rapida; non solo l’Agenzia in quanto tale se vuole potenziare e rendere più efficiente il suo lavoro, con più strumenti e personale, dovrà mettere in vendita quanti più beni possibile per ricavarne proventi per le proprie attività; sarà anche il personale stesso dell’ANBSC invogliato a implementare le procedure di vendita dei beni confiscati ancora nelle disponibilità dello Stato, perché i proventi rappresentano un’occasione per incrementare la contrattazione integrativa per i salari dei singoli dipendenti.

La vendita come privatizzazione del patrimonio statale e come attacco ai principi della legge 109/96

Le particelle catastali confiscate attualmente destinate (dai dati diffusi dal sito benisequestratieconfiscati.it al 29 gennaio 2019) sono 15.565; quelle in gestione sono 16.874 per un totale di 32.439 beni. Sono 777 le realtà che riutilizzano beni confiscati, per un totale di diverse migliaia di particelle catastali, censite dalla rete di Libera all’interno del portale Confiscatibene.it. Circa 226 sono le realtà produttive tra cooperative, A.T.S. e consorzi che hanno reso i beni confiscati luoghi in cui sviluppare occupazione. Il resto sono divisi soprattutto tra associazioni, fondazioni, enti pubblici, sedi scout, enti di formazione, scuole, enti ecclesiastici prendere dati aggiornati.Dopo ventitrè anni -nonostante le esperienze straordinarie costruite in questi anni sui beni – non si è risolta la crasi tra beni confiscati a disposizione e quelli effettivamente riutilizzati. Questa situazione non è imputabile ad una saturazione delle possibilità di riutilizzo, ma risiedono nell’assenza di politiche strutturali di pianificazione sul riuso dei beni; nell’assenza di risorse destinate a sviluppare occasioni di innovazione e di occupazione a partire dal riuso dei beni stessi; nella mancanza di un’implementazione di strumenti economici e sociali funzionali alla costruzione di un’idea di sviluppo economico, di insediamento industriale, di politiche sociali ed abitative, di politiche agricole mettendo al centro i beni confiscati.

Eppure nel Mezzogiorno, il patrimonio è così consistente che meriterebbe un capitolo di bilancio e di programmazione finanziaria ad hocBene dirlo subito: con questo decreto si rischia una svendita e privatizzazione enorme di patrimonio pubblico. Suona come una dichiarazione di resa: siccome lo Stato non riesce a costruire politiche volte a implementare il riutilizzo sociale dei beni confiscati, tanto vale metterli in vendita. Questo decreto è il più grande passo indietro dei governi, dal 1996 ad oggi. Basta leggere il decreto per avere chiaro che il problema non sia soltanto la svendita del patrimonio pubblico, ma anche la tipologia di soggetti che potranno acquistare i beni. Libera e altre grandi realtà ed associazioni hanno già denunciato, prima e dopo l’approvazione del decreto, un aspetto preoccupante: il rischio che il bene ritorni agli illegittimi proprietari; rischio tra l’altro avvalorato – come si è provato a segnalare poc’anzi – dalla possibilità che il privato che abbia acquisito il bene, dopo cinque anni lo rimetta in vendita, indebolendo le maglie di controllo dello Stato. Esiste tuttavia un pericolo ulteriore e altrettanto grave, che però non ha bisogno di contravvenire o eludere le leggi del codice antimafia. Il decreto lo esplicita – all’art. 36 comma 6 – parlando dei soggetti che hanno diritto di prelazione all’acquisto:

Possono esercitare la prelazione all’acquisto:

a) cooperative edilizie costituite da personale delle Forze armate o delle Forze di polizia;

b) gli enti pubblici aventi, tra le altre finalità istituzionali, anche quella dell’investimento nel settore immobiliare;

c) le associazioni di categoria che assicurano, nello specifico progetto, maggiori garanzie e utilità per il per- seguimento dell’interesse pubblico;

d) le fondazioni bancarie;

e) gli enti territoriali.

Fondazioni bancarie, associazioni di categoria, privati vari potranno acquistare beni confiscati e farne occasione di propria patrimonializzazione e profitti. Alcuni di questi soggetti sono già i migliori e maggiori acquirenti del patrimonio pubblico italiano da diversi decenni. L’intuizione di quel milione di firme raccolte nel 1995 era un altro: rendere i beni confiscati, in piccola parte, uno degli strumenti per realizzare l’articolo 3 comma 2 della Costituzione e farlo lì dove ce n’è maggior bisogno: a Sud. Di quegli oltre trentacinquemila beni confiscati circa l’80% è nel Sud Italia. È a Sud che i fenomeni mafiosi hanno preso corpo, hanno sfruttato, usurpato, violentato, ucciso, devastato maggiormente. Restituire il maltolto doveva voler dire soprattutto questo: dare una possibilità occupazionale e di autonomia a quei territori che hanno subito la violenza mafiosa; dare un’opportunità a territori che non hanno servizi, infrastrutture, insediamenti lavorativi proprio perché è lì che le mafie hanno sottratto ricchezze e impoverito le persone. Questo discorso vale anche per il Nord Italia, dove emergono sempre di più numeri patrimoniali rilevanti di beni confiscati: bisognerebbe implementare e spingere verso occasioni di riutilizzo sociale; bisognerebbe costruire anche nel Nord Italia esperienze e pratiche importanti di riutilizzo sociale, così come lo è stato con le cooperative facenti parte del Consorzio Libera Terra Mediterraneo o di NCO (Nuova Cooperazione Organizzata) nel Mezzogiorno. C’è bisogno di far crescere una nuova consapevolezza contro le mafie in tutto il Paese e questo può accadere soprattutto se si concretizzano possibilità di lavoro, integrazione e welfare a partire dal riuso sociale.Dare invece la possibilità a multinazionali, a grandi colossi imprenditoriali e immobiliari di comprare i beni confiscati vuol dire strozzare nella culla una grande opportunità mai davvero presa in considerazione: cambiare modello di sviluppo, restituendo ai giovani un’opportunità di mettersi in gioco a partire dal riutilizzo di quei beni, in un mercato del lavoro sempre più povero e precario.

Ipotesi di casi a confronto

Per dimostrare che il pericolo è concreto si prenderanno in esame due casi ipotetici, ma non così astratti: un terreno agricolo e un complesso di immobili in un centro città. Mettiamo che questo bene equivalga a 15 ettari e insista nel territorio di Castel Volturno in provincia di Caserta. Questo bene non è ancora destinato e viene messo in vendita. Un terreno agricolo ha il valore medio di 20.000 euro ad ettaro. La somma quindi è inferiore a 400.000 euro e si può procedere alla vendita tramite lo strumento della trattativa privata. Se escludiamo il caso estremo e peggiore – quello che il camorrista per conto terzi, attraverso un prestanome, acquisti il terreno – ci potremmo trovare in una condizione dove a partecipare alla trattiva privata sia una grande impresa del settore agricolo del centronord. L’impresa acquista il terreno e può assumere lavoratori sul territorio a seconda delle attuali normative sul lavoro (che per intenderci tendono tutt’altro che alla stabilizzazione delle persone). Nello stesso territorio insiste un’esperienza nascente di agricoltura sociale, una cooperativa di giovani, che ha deciso di cimentarsi nel riuso sociale dei beni confiscati. Ora, come potrà questa nascente cooperativa competere minimamente con una grande impresa agricola del centronord? Entrambe possono spendere sul mercato il valore etico di prodotti coltivati su un bene confiscato alle mafie. La differenza è che mentre gli investimenti di una start up agricola di giovani saranno estremamente e naturalmente risicati, la grande impresa avrà alle spalle la solidità e la possibilità di fare enormi investimenti. E questo azzererebbe ogni competizione possibile a priori sulla produzione e sul marketing. Naturalmente qualora il gioco non valesse la candela, qualora l’investimento non andasse a buon fine, dopo 5 anni sarà possibile rivendere il terreno a qualcun altro, aumentando ulteriormente il rischio che ritorni nelle mani del clan che possedeva quel bene. Il riutilizzo sociale di un bene confiscato dovrebbe rappresentare, invece, due cose allo stesso momento: restituzione del maltolto alle popolazioni che hanno subito la violenza mafiosa e scegliere un modello di sviluppo, valorizzando in particolare la forma cooperativa, capace di dare protagonismo, lavoro ed autonomia ai giovani del territorio.

Stesso discorso vale anche per il caso del patrimonio immobiliare. Nella città di Napoli esistono decine e decine di appartamenti confiscati alla camorra. Diversi di questi sono nel centro città che gode di una forte spinta turistica, in un momento storico in cui i b&b si aprono come funghi. La somma di ogni singolo bene è anche qui notevolmente inferiore ai 400.000 euro e si procede attraverso lo strumento della trattativa privata. A rispondere, all’avviso di evidenza pubblica della messa in vendita, è un grande gruppo immobiliare della città che decide di partecipare a 30 diverse trattative per acquistare 30 appartamenti nel centro storico. Sarà quindi consentito al grande gruppo immobiliare di avere una straordinaria occasione di speculazione immobiliare, sfruttando la grande occasione derivante dal turismo. Nel contempo un gruppo di giovani vorrebbe costruire un’esperienza di riuso sociale attraverso la progettazione di un co-housing tra nativi e migranti per favorire l’integrazione nel centro città e diminuire i possibili conflitti sul territorio. Per realizzarla ci vogliono risorse e tempo. Quante occasioni del genere di occupazione, autonomia e integrazione verranno strozzate dalla messa in vendita dei beni? Quanto invece si rischia di favorire la speculazione immobiliare anziché la rinascita culturale e sociale dei territori? Non sono domande irrisolte, ma pericoli in cui si incorrerà inevitabilmente perché si disperde così la visione di fondo, la prospettiva a lungo termine, l’idea che per sconfiggere le mafie lo Stato debba dare a quei territori, che hanno subito il ricatto mafioso, un’opportunità di dignità e di riscatto. Questa opportunità grazie al decreto sicurezza oggi è notevolmente più debole.

L’idea di Stato nascosta dal decreto

Mettere assieme dal punto di vista legislativo tre diversi aspetti: sicurezza pubblica, immigrazione e gestione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie è una chiara scelta politica. Si tratta di una decisione nient’affatto casuale o determinata da un’emergenza contingente. Il decreto sicurezza coincide appieno con un’idea di <<Stato Minimo>>, che in continuità con le politiche di dismissione del ruolo pubblico, abdica alla sua funzione costituzionale – farsi garante di un’uguaglianza realizzabile attraverso lavoro e diritti ed essere regolatore pubblico dell’economia – e viene relegato ad un mero garante dell’ordine pubblico. La scelta della decretazione d’emergenza e della fiducia parlamentare è stato solo l’atto capace di sancire, anche stavolta, l’impoverimento della nostra democrazia.

Fenomeni complessi e strutturati nella società vengono ridotti a problemi da risolvere attraverso il semplice ordine repressivo. E in questa semplificazione è inevitabile che si inserisca il discorso sul contrasto alle mafie, derubricate soltanto ad un problema di sicurezza. È lo stesso decreto sicurezza – all’articolo 36 comma 2 – ad indicarcelo conferendo nuovamente le competenze sui beni confiscati al Ministero dell’Interno. In questo modo non si riconosce la necessità di una visione generale sul riuso dei beni e il sequestro e la confisca sono concepiti solo come un’azione di ordine pubblico. Occorre invece un’azione più profonda e capace di sradicare le ragioni persistenti delle mafie che continuano a rigenerarsi soprattutto a causa di un ecosistema culturale, sociale ed economico sempre più impoverito. L’unica risposta in alcuni quartieri del Sud non può continuare ad essere l’esclusivo impiego della forza.

Per le “classi sociali marginali e pericolose” in questo modo non c’è destino e possibilità: non si integrano nella società tramite il lavoro, la cultura ed il welfare; non hanno possibilità di emanciparsi, di rompere le catene dal potere di chi organizza i propri affari attraverso la violenza e il controllo del territorio.

Il riuso dei beni confiscati può essere invece un’occasione di dignità, libertà e sviluppo per quelle periferie, per quelle migliaia di donne e uomini che vivono sotto il ricatto e la violenza delle mafie. Con questo decreto invece rischiano di diventare un’opportunità di profitto per i privati: da occasione per liberare ed emancipare le persone, creando condizioni vere di autonomia e sviluppo, diventano una semplice operazione di cassa per lo Stato. Eppure è a causa di quella stratificazione sociale e marginale che le mafie trovano potere e consenso; è a causa di quelle risposte che non arrivano mai che le mafie continuano ad autogenerarsi, nonostante gli arresti.

Il decreto sicurezza è stato approvato, ma la battaglia in difesa della legge num. 109/96 non è assolutamente finita. Il principio del riuso sociale dei beni confiscati va assolutamente salvato. Lo si deve a quel 50% di giovani senza lavoro, costretto ad emigrare, a quelle donne e quegli uomini che tutti i giorni vivono in quartieri difficili e lo fanno con onestà, spesso sfruttati e precari.

È ancora il momento buono per restituire ai territori del Sud, come anche del Nord, l’opportunità e la giustizia che gli è stata negata dalle mafie. Lo hanno dimostrato le tante esperienze di riuso sociale in Italia: lavoro, sviluppo, agricoltura di qualità, innovazione, servizi, punti di aggregazione, progetti di sviluppo per il territorio. Esperienze straordinarie. Pensate se questa meraviglia si potesse moltiplicare per cento? Basta solo cambiare rotta e smettere di lasciare al caso una delle più grande opportunità che abbiamo: sconfiggere le mafie restituendo la dignità.

Mariano Di Palma – coordinatore segreteria di Libera in Campania

https://www.confiscatibene.it/blog/beni-confiscati-spa-gli-effetti-del-dl-sicurezza-sui-beni-confiscati?fbclid=IwAR2an2BPEgDuWGaabdsLc3Cr_AULf3jGNAc6CvkzFnZ_SIHhdkfA4_8knm0

5 Aprile 2019 / by / in ARTICOLI, Beni confiscati, Mafie, corruzione e zona grigia, PER APPROFONDIRE
Il belpaese di Libera

Che Bella Italia. E’ quella scesa in piazza per ribellarsi all’indifferenza, all’illegalità, alle mafie e alla corruzione che devasta i beni comuni e ruba la speranza. Un’Italia consapevole che la convivenza civile e pacifica si fonda sulla giustizia sociale, sulla dignità e la libertà di ogni persona. Un belpaese di volti e immagini che si è ritrovato in 50 mila a Padova, piazza principale della giornata, in oltre 30 mila ad Avellino passando per gli 8 mila di Siena e i 15 mila di Palermo. Un’Italia, circa un milione di persone che in questi giorni, si è mobilitata per ricordare con momenti di lettura, di riflessioni, incontri i 1011 nomi delle vittime innocenti delle mafie in occasione della Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, promossa da Libera e Avviso Pubblico

I cinquantamila di Padova erano collegati virtualmente con tutta Italia, da Aosta a Palermo. “C’è gente che ha deciso di metterci la faccia e far capire da che parte sta. In questo momento nel nostro paese dobbiamo alzare la voce, mentre tanti scelgono un prudente silenzio” è il primo grido di Luigi Ciotti in piazza insieme ai tanti familiari delle vittime innocenti delle mafie, al Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho, Rosy Bindi e il segretario della Cgil Maurizio Landini.

Durante il lungo corteo arriva il messaggio del Presidente Mattarella: “Vogliamo liberare la società dalle mafie. È un traguardo doveroso e possibile, che richiede a tutti impegno, coerenza, piena coscienza delle nostre responsabilità di cittadini. Pronunciare uno a uno tutti i nomi di coloro i quali sono stati uccisi dalle mafie è anzitutto un atto di rispetto e di dignità. Quella dignità che le consorterie criminali volevano calpestare deve restare indelebile nella memoria della nostra comunità”. Ma “scandire quei nomi – purtroppo tanti, troppi – è anche un atto di dignità che vale per ciascuno di noi. Ricordiamo persone che hanno pagato con la vita la dedizione al bene comune, il rispetto per la legalità, la ribellione alla sopraffazione criminale, la fedeltà a quei principi di umanità che le mafie negano con la loro stessa esistenza: rendere loro onore è un segno di libertà a cui sentiamo di non poter rinunciare, se non al prezzo di una grave ferita alla nostra coscienza. La memoria incalza le domande di verità, purtroppo in molti casi ancora oscurata. Le istituzioni pubbliche sono chiamate a fare la loro parte, avendo davanti numerosi esempi di valorosi servitori dello Stato e dei loro sacrifici”.

Il lungo serpentone arriva in Prato della Valle mentre la coda del corteo è ancora fermo alla partenza. Ci sono gli scout, le associazioni studentesche, cooperative sociali, ciclisti, bambini, anziani. Un popolo variegato sorridente che non ha paura che rispedisce al mittente il paese del rancore. Un popolo che rimane in commosso silenzio quando dal palco inizia la lettura dei 1011 nomi delle vittime innocenti delle mafie. Un popolo che si scioglie in un applauso lungo e interminabile quando Gian Carlo Caselli, presidente onorario di Libera finisce di leggere ultimo nome.

dal palco il primo pensiero Luigi Ciotti lo rivolge ai giovani: “Siete meravigliosi, non induriti dagli egoismi, non intossicati o corrotti dalla sete di denaro e potere, sensibili al sogno e all’utopia, che rischiate di diventare prede di spacciatori di illusioni. Oggi milioni di giovani non trovano lavoro. Ho raccolto il vostro grido rispetto alla precarietà e incertezza per il futuro. Non rassegnatevi. Una società che non si cura dei giovani non si cura del proprio avvenire. Scuola e lavoro sono le priorità di una società aperta al futuro, senza lavoro la società muore perché manca lo strumento cui ciascuno affida il senso della sua dignità e identità”. Ai giovani don Ciotti chiede di non temere la fragilità, che è condizione umana e il saperlo è ciò che rende forti. Le mafie oggi sono diventate simili a noi. Hanno acquisito sembianze più rassicuranti e noi siamo diventati simili a loro. Non occorre essere complici attivi per essere alleati delle mafie, basta la mafiosità, quel distorto modo di vedere e di sentire che antepone l’interesse privato a tutto.

E conlude la manifestazione con parole chiare: “E’ da 163 anni che parliamo di mafie. Non è possibile. Non è possibile in un paese civile che l’80 per cento dei familiari delle vittime non conosce la verità o la conosce solo in parte. Abbiamo bisogno della verità su Giulio Regeni e Ilaria Alpi e abbiamo  e abbiamo bisogno di notizie su Padre Dell’Oglio e Silvia Romano. Sto con la nave Mediterranea che salva le vite e sto con Roberto Saviano che scrive parole graffianti. Gli immigrati sono rappresentati come nemici e usurpatori fingendo di non sapere che e’ il sistema economico dell’occidente che ha depredato intere zone del mondo costringendoli a lasciare le loro terre i loro affetti. No alla gestione repressiva dei migranti, no all’attacco dei diritti umani. Le leggi devono tutelare i diritti non il potere”.

21 Marzo 2019 / by / in ARTICOLI, Mafie, corruzione e zona grigia, MANIFESTAZIONI E INIZIATIVE
Padova, piazza principale della Giornata della Memoria e dell’Impegno

Il programma della Giornata: Aperte le iscrizioni dei seminari

Si svolgerà a Padova, come piazza principale, la XXIV Giornata della Memoria e dell’Impegno che ricorda di tutte le vittime innocenti delle mafie e rinnova in nome di quelle vittime l’impegno nella lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione.La giornata è promossa da Libera, Avviso Pubblico in collaborazione con  la Rai – Responsabilità sociale e sotto l’Alto Patronato del Presidente de la Repubblica. “Passaggio a Nord Est, orizzonti di giustizia sociale” è il tema che accompagnerà il 21 marzo, durante il quale i familiari di vittime innocenti delle mafie saranno presenti a Padova e nei tanti luoghi dove si svolgerà la manifestazione. Durante la giornata saranno letti i circa 1000 nomi di vittime innocenti delle mafie, semplici cittadini, magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell’ordine, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, esponenti politici e amministratori locali morti per mano delle mafie solo perché, con rigore, hanno compiuto il loro dovere.

20 marzo – Basilica Sant’Antonio da Padova

ore 18.30 Veglia in ricordo delle vittime innocenti delle mafie

21 marzo – Padova

Dalle ore 7:00 arrivo dei partecipanti

Dalle ore 9:00 Piazzale Boschetti partenza del corteo

Ore 11:00- Prato della Valle arrivo corteo e lettura dei nomi delle vittime innocenti delle mafie dal palco;

ore 12.00 intervento finale Luigi Ciotti

Dalle ore 14:30 alle 17:00, in otto sale della città di Padova si svolgeranno i seminari tematici.

INDICAZIONI PER I PULLMAN PRIVATI
Scarico dei partecipanti: parcheggio Nord della Fiera di Padova e viale della Pace.
I bus privati potranno arrivare nei punti su indicati per lo scarico attraverso la via Friburgo (uscita autostradale PD-EST e PD-OVEST).
Sosta dei Bus: Stadio Euganeo e parcheggio di piazza Centenario  Club Ignoranti (corso Australia)
Ripartenza: Prato della Valle, alla riapertura della viabilità, ore 13:30 circa

INDICAZIONI PER CHI VIAGGIA IN TRENO

Per i gruppi organizzati (di almeno 10 persone) Trenitalia prevede la possibilità di richiedere riduzioni del 30% sui treni Frecciarossa, Frecciargento, Frecciabianca, Intercity, Intercity Notte, in carrozza cuccetta o VL.
Clicca qui per saperne di più.

Seminari

[compila il form per l’iscrizione]

1 – Oltre la riforma: dal nuovo codice antimafia alle innovazioni normative sui beni confiscati(Sala conferenze della Camera di Commercio di Padova – Piazza Insurrezione 28 aprile 1945)

2 – Le mafie nel Triveneto, dal passaggio al radicamento (Auditorium del Centro Culturale Altinate San Gaetano – via Altinate 71)

3 – Scende la neve: il traffico di sostanze stupefacenti (Sala Rossini, Caffè Pedrocchi – via VIII Febbraio 15) DISPONIBILITA’ POSTI ESAURITA

4 – Impauriti e impoveriti: quali politiche sociali per sconfiggere disuguaglianze e mafie(Aula E, Palazzo Bo – Polo di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Padova – via VIII febbraio 2) DISPONIBILITA’ POSTI ESAURITA

5 – La memoria come strumento di cucitura del legame sociale (Sala Conferenze Cuamm. Medici con l’Africa – Opera San Francesco Saverio – via San Francesco 126)

6 – Rompere i legami mafiosi per rinascere: terza via, liberi di scegliere e Amuní (Sala Paladin, Palazzo Moroni (Municipio), via VIII febbraio 8)

7 – Non restiamo in panchina: educazione e integrazione la vera partita dello sport (Aula Nievo, Palazzo Bo – Polo di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Padova – via VIII febbraio 2)

8 – Il ruolo degli amministratori locali nella lotta a mafie e corruzione (in collaborazione con Avviso Pubblico) (Sala Anziani, Palazzo Moroni (Municipio), via VIII febbraio 8)

9 – Regole trasparenti negli appalti, per prevenire la corruzione e le infiltrazioni mafiose e per tutelare il lavoro (in collaborazione con CGIL, CISL e UIL) (Scuola Edile CPT – via Basilicata 1)

Con il Patrocinio

Regione Veneto e Comune di Padova

In collaborazione e con il sostegno

 Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Cgil, Cisl e Uil, Unioncamere Veneto e Csv Padova, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Banca Etica, BBC Credito Cooperativo Federcasse, Gruppo Unipol, Cia, Alce Nero, Coop Alleanza 3.0, Ima e Lauretana.

Vettore ufficiale della Manifestazione Trenitalia Gruppo Ferrovie dello Stato

18 Marzo 2019 / by / in ARTICOLI, Mafie, corruzione e zona grigia, MANIFESTAZIONI E INIZIATIVE
La primavera delle coscienze – 21 marzo, XXIV Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie

19 marzo 2019

Primo giorno di primavera, il 21 marzo sarà la XXIV Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Un momento di raduno collettivo nella lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione che passa, prima di tutto, dalla memoria delle oltre 900 vittime innocenti delle mafie affinché ognuno possa essere portavoce di una richiesta di verità e giustizia. Una memoria condivisa, viva, partecipe, che nomina ad alta voce, una ad una, tutte le vittime in pari dignità, a prescindere dai ruoli, dalla notorietà, dalle circostanze. Non solo un simbolo, ma una tappa del quotidiano impegno di ognuno per la giustizia, per la verità, per il bene comune.

Ufficialmente istituita per legge il 1 marzo del 2017 con voto unanime della Camera dei Deputati come giornata nazionale ma celebrata già dal 1996 su iniziativa di Libera e Avviso Pubblico, quest’anno la piazza principale sarà a Padova che accoglierà la manifestazione nazionale intitolata “Passaggio a Nord Est, orizzonti di giustizia sociale”, e simultaneamente si svolgerà in migliaia di luoghi d’Italia, d’Europa e dell’America Latina. Una scelta per stare vicino a chi non si rassegna alla violenza mafiosa, alla corruzione e agli abusi di potere e per valorizzare l’opera di tante realtà, laiche e cattoliche, istituzionali e associative, impegnate per il bene comune, per la dignità e la libertà delle persone.

Formia ospiterà invece la giornata della memoria e dell’impegno organizzata da Libera nel Lazio. La provincia di Latina, si legge nel comunicato, segue quella di Roma per sequestri e arresti antidroga e per numero di beni confiscati, una terra segnata dalla storica presenza delle camorre, dalle pressioni delle ‘ndrine calabresi o dei gruppi legati ai Casamonica, fino all’aumento di intimidazioni agli amministratori pubblici.

La Rete dei Numeri Pari, ha accolto la proposta maturata dal Coordinamento docenti contro mafie, povertà e razzismo di organizzare la manifestazione nel quartiere della Romanina. Nella periferia sud-est della capitale d’Italia, la Romanina è un territorio sotto scacco del clan dei Casamonica, ma anche luogo di esperienze positive di una comunità solidale e corresponsabile, crocevia di bisogni, desideri e speranze di chi abita i luoghi e gli spazi. Una giornata di investimento culturale ed educativo, che, dalle ore 9 alle ore 13, nel Giardino della Giustizia in viale Luigi Schiavonetti, si tramuterà in spettacoli teatrali, concerti, incontri con le associazioni e studenti.

Con 94 clan a terra, più di 100 piazze dello spaccio e lo scoppio di ‘Mafia Capitale’, parlare di mafia a Roma è ancora complicato. “ Accettare il faccia a faccia sui territori rappresenta una precondizione necessaria se si intende veramente invertire la rotta in questa città”, afferma la Rete dei Numeri Pari “È necessario dirci, con meno ipocrisia rispetto a chi ci governa, che la forza delle mafie sta fuori dalle mafie, nelle culture e nei comportamenti complici e funzionali, nella zona grigia, nelle convergenze e nelle alleanze, nel familismo amorale, nel relativismo e nell’insofferenza per la democrazia, nella deresponsabilizzazione degli individui, nella povertà e nelle disuguaglianze. Più aumentano le disuguaglianze e le povertà in Italia e a Roma e più saranno forti le mafie e la corruzione, più i governi saranno incapaci di garantire servizi nelle periferie e maggiore sarà la guerra tra poveri e il razzismo, che altro non è che l’espressione dell’esclusione sociale istituzionalizzata. La precondizione per sconfiggere le mafie sta nella giustizia sociale e per questo c’è bisogno di un pensiero lungo in questa città e non di slogan.” Un esercizio di memoria non isolato ma accompagnato da azioni quotidiane concrete che la Rete dei Numeri Pari porta avanti nel territorio da più di un anno, collaborando con insegnanti, studenti, associazioni e comitati, organizzando laboratori, iniziative e creando legami. Una cucitura solidale tra reti e persone di cui la giornata del 21 marzo è espressione e che combatte mafia, corruzione e povertà illuminando con forza i luoghi dove sono state per troppo tempo protagoniste.

Un momento per ricordare, ad alta voce, come la primavera delle coscienze richieda di non essere cittadini ad intermittenza ma di assumersi l’impegno a non delegare, ad agire, ad allontanare indifferenza e rassegnazione, a non lasciare soli quei territori che costantemente si rapportano con fenomeni di violenza mafiosa.

Martina Di Pirro

18 Marzo 2019 / by / in ARTICOLI, I nostri approfondimenti, Mafie, corruzione e zona grigia, PER APPROFONDIRE, Rubrica Ad Alta Voce!
Anniversario della legge 109/96 | Le realtà romane della Rete dei Numeri Pari circondano un bene confiscato e chiedono l’attivazione del Forum e la pubblicazione delle informazioni

In occasione del 23° anniversario dell’approvazione della legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie – avvenuta grazie alla spinta di un milione di firme raccolte da Libera – le realtà sociali e sindacali della Rete dei Numeri Pari hanno circondato il bene confiscato nel 2016 al clan dei Casamonica in Via Borghesiana 287. L’azione ha rappresentato un atto simbolico di riappropriazione di un bene confiscato che, per sua natura, rappresenta un simbolo di riscatto culturale, economico e sociale di valore inestimabile, sicuramente superiore a quello materiale.

Dal 7 marzo del 1996 le esperienze di gestione di beni confiscati alle mafie si sono moltiplicate, pur restando criticità da risolvere. A Roma ci sono più di 600 beni confiscati, oltre 1000 quelli posti sotto sequestro dalla sezione misure di prevenzione del tribunale: numeri che restituiscono la misura di quanto la città sia terreno fertile per gli affari dei diversi clan mafiosi. “Durante la conferenza dei servizi convocata dall’ANBSC lo scorso 29 novembre, il Comune di Roma ha manifestato interesse ad acquisire nel proprio patrimonio 71 nuovi beni ma a oggi nessuna informazione su quali siano e su come si vogliano utilizzare è stata condivisa e diffusa, nonostante la voglia di partecipare di tante associazioni e cittadini” affermano i Movimenti per il diritto all’abitare.

“Il riutilizzo sociale, restituisce alle comunità questi beni, ne cambia connotazione, li rende luoghi di partecipazione e inclusione sociale. Beni in cui si generano servizi, progetti, aggregazione, comunità, con la collaborazione di istituzioni, cittadini, associazioni e proprio per queste ragioni è urgente scongiurarne l’assegnazione a privati o la vendita” continua Legacoopsociali.

“Nella prima città di mafie in Italia è importante ricordare che la forza delle mafie sta fuori dalle mafie nelle culture e nei comportamenti complici e funzionali, nella zona grigia, nelle convergenze e nelle alleanze, nel familismo amorale, nel relativismo e nell’insofferenza per la democrazia; nella deresponsabilizzazione degli individui; nella povertà e nelle disuguaglianze. Pio La Torre e Peppino Impastato ci ricordavano che la precondizione per sconfiggere le mafie sta nella giustizia sociale e per questo c’è bisogno di un pensiero lungo in questa città e non di slogan” afferma Libera.

A 8 mesi dall’approvazione del regolamento di Roma Capitale sulla gestione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie – e con due mesi di ritardo rispetto ai tempi stabiliti dallo stesso – non è ancora stato attivato il Forum: “strumento importante e necessario al fine di creare meccanismi partecipativi efficaci; un luogo in cui poter creare delle sinergie, raccogliere esperienze e proposte in collaborazione con l’amministrazione” fanno notare le realtà presenti.

Il prossimo appuntamento sarà giovedì 21 marzo, in occasione della Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie, nel quartiere della Romanina. A breve programma  comunicato stampa

Rete dei Numeri Pari
A buon diritto – Action – Andrea Tudisco ONLUS – Arci Roma – Ass. Che Guevara Onlus – Ass. Cult. “Laura Lombardo Radice” – Be Free -Bin Italia – Camera del lavoro – Casa Internazionale delle Donne – Casal Boccone – CDQ Romanina – CGIL – Cinecittà Benecomune – Circolo Arci Sparwasser – Cittadinanza e minoranze – Ass. Cult. Colibrì – Coop. Soc. Eureka I – Coop. Soc. Il Pungiglione – Coop. Soc. ISKRA – Coop. Soc. La Caciarella – Coop. Soc. Prassi e Ricerca – Coop. Sociale Il Cigno a.r.l. – Coop. SS Pietro e Paolo – Coord. Democrazia Costituzionale – Coord. docenti contro mafie e disuguaglianze – Da Sud – Emmaus Roma – Europe Consulting Onlus – Ex Lavanderia – Fare rete ONLUS – FIO.P.S.D – FIOM – Fondazione Falcone – Forum Naz. Agricoltura Soc. – I.C. Via dei Sesami – Il Salto – ISICULT – Keccevò – La Frangia – Legacoopsociali – Libera “Francesco Borrelli” IV Mun – Libera “Francesco Vecchio” III Mun – Libera “Rita Atria” VII Mun – Libera “Roberto Antiochia” II Mun – Libera IX Mun – Link – Lunga marcia delle terre mutate – Made in Jail – Movimenti per il diritto all’abitare – Nonna Roma – Parrocchia San Giustino – Part civile – Rete della conoscenza – Rete NoBavaglio – Romaccoglie – SCuP Sport e Cultura Popolare – Slotmob – SocialPride – Spintime Lab – UIL – Unione Inquilini

Per info:
www.numeripari.org
347 393 5956

7 Marzo 2019 / by / in ARTICOLI, Beni confiscati, MANIFESTAZIONI E INIZIATIVE
Comunicato stampa – Rete dei Numeri Pari: aprire il Forum del Comune di Roma sui beni sequestrati e confiscati è priorità!

Si è svolta sabato 2 marzo, l’assemblea cittadina per l’uso dei beni confiscati alle mafie promossa dalla Rete dei Numeri Pari a otto mesi dall’approvazione del Regolamento del Comune di Roma sui beni confiscati e sequestrati alle mafie. Un confronto tra le realtà sociali romane su un tema cruciale per il futuro della Capitale d’Italia e per richiedere l’istituzione al più presto del Forum sui beni confiscati previsto dal Regolamento del Comune, uno strumento di partecipazione che consenta un vero confronto tra amministrazione capitolina e realtà sociali.

A pochi giorni dalle sentenze di condanna nei confronti dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, colpevole di corruzione e finanziamento illecito nell’inchiesta Mondo di Mezzo, e di Antonio Casamonica, condannato a sette anni per il raid al Roxy Bar, l’assemblea ricorda come Roma sia una città che per troppo tempo è stata lasciata silenziosamente in mano ai clan e dilaniata da politiche sbagliate che invece di invertire la rotta non fanno che aumentare le disuguaglianze tramite costanti tagli al budget delle politiche sociali. Questi sono due segnali importanti che ristabiliscono il principio di giustizia in città “ma sappiamo bene che la forza delle mafie sta fuori dalle mafie, nelle culture e nei comportamenti complici e funzionali, nella zona grigia, nelle convergenze e nelle alleanze, nel familismo amorale, nel relativismo e nell’insofferenza per la democrazia; nella deresponsabilizzazione degli individui; nella povertà e nelle disuguaglianze. Pio La Torre e Peppino Impastato ci ricordavano che la precondizione per sconfiggere le mafie sta nella giustizia sociale e per questo c’è bisogno di un pensiero lungo in questa città e non di slogan”, afferma Libera.

Dai tavoli di lavoro sono emersi diversi spunti di riflessione su cui continuare a lavorare, a partire dalle modifiche da apportare al regolamento, passando per il funzionamento e gli obiettivi che il Forum dovrebbe avere. Tante le possibilità considerate per costruire percorsi “che valorizzino i beni e le comunità che possono usufruirne a partire, per esempio, da una progettazione partecipata tra istituzioni e terzo settore del loro utilizzo”, continua Legacoopsociali. “Su un tema così importante è necessario che si creino meccanismi partecipativi efficaci. Per noi il forum è un luogo in cui poter creare delle sinergie, raccogliere esperienze e proposte in collaborazione con l’amministrazione”, conclude il Movimento per il diritto all’abitare.

A Roma, i beni confiscati sono molti e tanti stanno per essere trasferiti dall’ANBSC alle istituzioni locali. Per 71 di questi il Comune ha manifestato interesse ad acquisirli nel proprio patrimonio ma “a oggi nessuna informazione su quali siano e su come si vogliano utilizzare è stata condivisa e diffusa, nonostante la voglia di partecipare di tante associazioni e cittadini”, raccontano le realtà.

Il prossimo appuntamento sarà il giovedì 7 marzo, con un’azione simbolica intorno a un bene sottoposto a confisca, in occasione dell’anniversario della legge 109/96 sull’utilizzo sociale dei beni confiscati.

Rete dei Numeri Pari

A buon diritto – Action – Andrea Tudisco ONLUS – Arci Roma – Ass. Che Guevara Onlus – Ass. Cult. “Laura Lombardo Radice” – Be Free – Bin Italia – Camera del lavoro – Casa Internazionale delle Donne – Casal Boccone – CDQ Romanina – CGIL – Cinecittà Benecomune – Circolo Arci Sparwasser – Cittadinanza e minoranze – Colibrì – Coop. Soc. Eureka I – Coop. Soc. Il Pungiglione – Coop. Soc. ISKRA – Coop. Soc. La Caciarella – Coop. Soc. Prassi e Ricerca – Coop. Sociale Il Cigno a.r.l. – Coop. SS Pietro e Paolo – Coord. Democrazia Costituzionale – Coord. docenti contro mafie e disuguaglianze – Da Sud – Emmaus Roma – Europe Consulting Onlus – Ex Lavanderia – Fare rete ONLUS – FIO.P.S.D – FIOM – Fondazione Falcone – Forum Naz. Agricoltura Soc. – I.C. Via dei Sesami – Il Salto – ISICULT – Keccevò – La Frangia – Legacoopsociali – Libera “Francesco Borrelli” IV Mun – Libera “Francesco Vecchio” III Mun – Libera “Rita Atria” VII Mun – Libera “Roberto Antiochia” II Mun – Libera IX Mun – Link – Lunga marcia delle terre mutate – Made in Jail – Movimenti per il diritto all’abitare – Nonna Roma – Parrocchia San Giustino – Part civile – Rete della conoscenza – Rete NoBavaglio – Romaccoglie – SCuP Sport e Cultura Popolare – Slotmob – SocialPride – Spintime Lab – UIL – Unione Inquilini


4 Marzo 2019 / by / in ARTICOLI, Beni confiscati, MANIFESTAZIONI E INIZIATIVE
Roma 2 marzo – Assemblea cittadina per l’uso dei beni confiscati alle mafie

Dall’approvazione del regolamento all’attivazione del Forum Beni Confiscati: le proposte delle realtà sociali romane

Sabato 2 marzo a partire dalle 14:30 si terrà presso i locali di Scup – sport e cultura popolare l’assemblea pubblica sul riutilizzo sociale dei beni confiscati di Roma.  Un pomeriggio promosso dalla Rete dei Numeri Pari a ormai 8 mesi dall’approvazione del Regolamento del Comune di Roma sui beni confiscati alle mafie.

Quali e quanti sono i beni confiscati di Roma? Come può un’associazione accedere a questi beni? Come funziona il nuovo regolamento del Comune di Roma? Sono solo alcune delle domande al quale risponderemo insieme ad associazioni, cooperative, movimenti, cittadini e cittadine che si troveranno insieme per un pomeriggio di formazione e dibattito su un tema cruciale per il futuro della città.

Al potere e alla violenza delle mafie, sempre più drammaticamente forti nel contesto di Roma e del Lazio, è necessario infatti rispondere con nuovi percorsi di riscatto collettivo a partire dai beni confiscati alle mafie che, grazie alla legge 109/96 promossa da Libera, dal 1996 consente di utilizzare questi beni per fini sociali. Sono infatti centinaia i beni confiscati presenti sul Comune di Roma e molti saranno a breve disponibili per realizzarvi progetti e servizi a finalità sociale. Una grande opportunità che la città di Roma deve saper cogliere trasformando questi luoghi in socialità, welfare, servizi, per fronteggiare le emergenze sociali che oggi affliggono drammaticamente la Capitale. Un’opportunità per scegliere insieme il futuro di terreni, ville, appartamenti, locali che da simboli degli affari delle mafie possono diventare davvero beni di tutti e tutte, simbolo di riscatto di una società civile che non si arrende al potere mafioso.

Anche per questo chiediamo che sia attivato al più presto il Forum sui beni confiscati previsto dal Regolamento del Comune, uno strumento di partecipazione che consenta un vero confronto tra amministrazione capitolina e mondo del sociale.

L’appuntamento è quindi per Sabato 2 marzo in Via della Stazione Tuscolana 82/84B presso Scup: un pomeriggio che inizierà alle 14:30 con l’introduzione a cura della Rete Numeri Pari e Libera, per proseguire con 3 tavoli di lavoro per consentire alle realtà presenti di conoscere, confrontarsi e lavorare insieme sui seguenti temi:

  • Finanziamenti e co-progettazione: nuovi strumenti di partecipazione

  • Beni confiscati: dal bando alla gestione

  • Regolamento e Forum beni confiscati: approfondimento e proposte

La conclusione dei lavori è prevista per le ore 17.30.

L’iniziativa è aperta a tutti e tutte, associazioni, movimenti, cooperative e realtà sociali e chiediamo di partecipare portando con sé un’idea: quale attività o progetto sociale realizzeresti se avessi a disposizione un bene confiscato? Raccoglieremo le idee e le proposte nel corso della giornata.

Per informazioni è possibile scrivere a:

retenumeripari@gmail.com
roma@libera.it

4 Marzo 2019 / by / in ARTICOLI, Beni confiscati, MANIFESTAZIONI E INIZIATIVE
Roxy bar, condanna Casamonica ripristina la giustizia ma bisogna continuare a illuminare le periferie

“Vergognatevi, siete schifosi, questa Italia fa schifo”. Lo hanno urlato in udienza i parenti di Antonio Casamonica nei confronti dei giudici che hanno condannato l’imputato a 7 anni di carcere per il raid al Roxy Bar. Invitati dai carabinieri a lasciare l’aula, alcuni familiari di Casamonica hanno rivolto insulti anche ai giornalisti. Le reazioni minacciose dei Casamonica alla lettura della sentenza per l’aggressione al bar della Romanina sono la dimostrazione che c’è ancora molto da fare per far fronte alle prepotenze e all’arroganza dei clan in questa città.

La condanna per l’aggressione avvenuta circa un anno fa al Roxy Bar è un importante segnale che ristabilisce un principio di giustizia in un quartiere che per troppo tempo è stato lasciato nelle mani dei Casamonica, e riconosce il coraggio di due donne che hanno infranto il muro di omertà. Ma non basta: oggi come un anno fa bisogna fare di più. Non bisogna lasciare sole quelle donne e quel quartiere divenuto simbolo delle periferie.  Non bisogna spegnere i riflettori ma continuare a lavorare. Tutti insieme, come abbiamo iniziato a fare dallo scorso maggio. La lotta alla mafia non si fa per spot ma giorno dopo giorno. Il Comitato di cittadini della Romanina, la Rete dei Numeri Pari e associazioni come Libera, la Rete NoBavaglio, la Camera del Lavoro e i movimenti per il diritto all’abitare si sono costituiti in un coordinamento, “Quelli del Roxy Bar”, con l’obiettivo di programmare una presenza nei quartieri e nelle scuole «per illuminare le periferie raccontando anche il lavoro difficile e prezioso di tante realtà sane e di gruppi di cittadini perbene». Proprio lo scorso maggio è stata avviata una prima iniziativa a poche centinaia di metri dal Roxy Bar, il “Caffè della legalità”.  Ogni giovedì mattina, nello spazio sociale anziani di via Gregoraci, è stata promossa la lettura allargata dei giornali aperta ai cittadini con ospiti giornalisti, personalità della cultura e delle istituzioni. L’iniziativa si è svolta insieme alla Fnsi, ad Articolo 21, l’Ordine dei giornalisti e all’Università di Tor Vergata. Parallelamente sono stati organizzati corsi e laboratori con i ragazzi e grazie ai docenti delle scuole del quartiere. Da qui prosegue l’impegno a non abbandonare le periferie e continuare ad illuminare i luoghi asfissiati dalla presenza delle mafie.

Per questa ragione il 21 Marzo- Giornata della Memoria e dell’impegno – tanto alla Romanina come a Formia, insieme a Libera e alla Rete dei Numeri Pari, ricorderemo le oltre 900 vittime innocenti delle mafie per ribadire che la lotta alla malavita si fa a cominciare dalla battaglia quotidiana contro le disuguaglianze e le nuove povertà. L’appuntamento è per giovedì 21 marzo per vivere una nuova primavera delle periferie a cominciare dalla Romanina, tutti e tutte insieme.

Rete Numeri Pari

A buon diritto – Action – Arci Roma – Ass. Che Guevara Onlus – Ass. Cult. Colibrì – Ass. Cult. “Laura Lombardo Radice” – Be Free – Bin Italia – Camera del lavoro – Casa Internazionale delle Donne – Casal Boccone – CDQ Romanina – CGIL – Cinecittà Benecomune – Circolo Arci Sparwasser – Cittadinanza e minoranze – Coop. Soc. Eureka I – Coop. Soc. Il Pungiglione – Coop. Soc. ISKRA – Coop. Soc. La Caciarella – Coop. Soc. Prassi e Ricerca – Coop. Sociale Il Cigno a.r.l. – Coop. SS Pietro e Paolo – Coord. Democrazia Costituzionale – Coord. docenti contro mafie e disuguaglianze – Da Sud – Emmaus Roma – Europe Consulting Onlus – Ex Lavanderia – Fare rete ONLUS – FIO.P.S.D – FIOM – Forum Naz. Agricoltura Soc. – I.C. Via dei Sesami – Il Salto – Keccevò – La Frangia – Legacoopsociali – Libera “Francesco Borrelli” IV Mun – Libera “Francesco Vecchio” III Mun – Libera “Rita Atria” VII Mun – Libera “Roberto Antiochia” II Mun – Libera IX Mun – Link – Lunga marcia delle terre mutate – Made in Jail – Movimenti per il diritto all’abitare – Nonna Roma – Parrocchia San Giustino – Part civile – Rete della conoscenza – Rete NoBavaglio – Romaccoglie – Slotmob – SocialPride – Spintime Lab – UIL – Unione Inquilini

25 Febbraio 2019 / by / in ARTICOLI, Mafie, corruzione e zona grigia